L’inizio della fine ebbe luogo il 17 maggio del 2006, nel golfo del Messico 39 Km a sud di Pensacola, città della Florida con la più grande base aerea della marina statunitense. Una squadra di operativi altamente addestrati, con al seguito 230 Kg di esplosivo al plastico, è salita a bordo della USS Oriskany, anche detta la Possente “O”, trionfatrice d’innumerevoli complesse situazioni strategiche a partire dal 1950 e nel corso di entrambe le guerre di Corea e del Vietnam. Lungi dall’essere un’operazione segreta, la loro missione si è svolta sotto lo sguardo attento della Guardia Costiera, di un’imbarcazione della Polizia di Stato e della Commissione per la Conservazione dei Pesci e della Fauna Marina, oltre a svariati sceriffi della contea di Escambia e il resto delle frazioni amministrative circostanti. Gli agenti infiltrati, come altrettanti piccoli Solid Snake, hanno raggiunto i punti deboli della struttura e dello scafo, piazzando le loro bombe in 22 punti strategici individuati sulla base del progetto della nave. Quindi si sono calati sui loro gommoni, ed una volta a distanza di sicurezza, hanno inviato il segnale di detonazione. Chi ha detto che nessuna portaerei americana è stata affondata dalla fine della seconda guerra mondiale? Ciò non è successo IN BATTAGLIA. Se vogliamo implicare in questo termine, soltanto i momenti salienti di una campagna armata, in cui i possenti mezzi militari dei vari paesi cozzano ferocemente tra di loro, alla ricerca della più remota ed “importante” verità (chi è il più forte, chi è il più grande…) Ma una verità parimenti rilevante è che c’è un altro tipo di guerra, in cui la vittoria diventa semplicemente impossibile dopo il passare di un tempo sufficientemente lungo: l’eterno confronto tra le opere degli uomini e l’obsolescenza. Per un attimo l’aria sembrò vibrare, quindi concentrarsi in un vortice attorno al fatale luogo. Quindi tre pennacchi di fumo colossali presero forma a poppa, a prua e sopra il castello della nave. Molto lentamente, il titano dei mari lungo 271 metri iniziò ad inclinarsi in avanti, come ad emulare la storica tragedia del Titanic. Col trascorrere di interminabili minuti, scomparve la parte anteriore, quindi quella mediana. Infine, nulla restò più visibile dell’imponente oggetto. Come un lenzuolo verde-azzurro, il mare si chiuse sopra il suo nuovo tesoro. E quale prezioso dono, esso aveva ricevuto…
Il primo racconto di una visita subacquea a questa vittima dei tempi tecnologici si ha soltanto due settimane dopo, ad opera di Bryan Clark, presidente dell’organizzazione Coast Watch Alliance, dedita a conservare e proteggere l’ambiente naturale subacqueo del Golfo del Messico. Immergendosi a una profondità di 21 metri, fino alla torre centrale del vascello, e poi da lì fino al ponte di volo sottostante (44 metri dalla superficie) egli ha potuto constare le prime battute di una vera e propria invasione. All’interno del relitto, migliaia e migliaia di granchi avevano trovato la loro nuova casa, nella speranza vana di sfuggire all’assalto dei pesci predatori. I quali, a loro volta, si erano tirati dietro altri esemplari più grandi! La vita dell’Oceano si stava adattando. E la possente “O”, che aveva offerto supporto dall’alto durante il difficile periodo dell’assalto ai ponti di Toko-ri, nel più recente conflitto dimenticato dalla Storia, e poi lanciato numerosissime missioni aeree durante la crisi del Vietnam Meridionale all’interno del corridoio Hanoi-Haiphong, subendo più perdite di qualsiasi altro vascello impegnato nell’Estremo Oriente, aveva finalmente trovato il suo nuovo equipaggio. Ella, finalmente destinata all’ultimo riposo, non si sarebbe mai più mossa da lì.
L’affondamento della USS Oriskany, più grande nave del mondo mai trasformata in una scogliera artificiale, non fu presa certamente alla leggera. Nave purtroppo per lei già nata vecchia, perché facente parte dell’ultima tornata di portaerei di classe Essex ordinate nel 1942, al culmine del conflitto nel Pacifico contro l’Impero Giapponese, essa raggiunse l’epoca del varo unicamente 4 anni dopo, già dopo il concludersi delle gravose ostilità. A quel punto, modernizzata per lo meno in parte nel corso di altri 4 anni, ricevette dei potenziamenti che sarebbero diventati il modello di quelli applicati sul resto dei natanti della sua classe. E soltanto nel 1950, finalmente, poté conoscere la libertà dei flutti marini. Per rendervi conto di quale anacronismo tecnico stiamo parlando, pensate questo: fino al 1957, i suoi aerei venivano lanciati con catapulte idrauliche, dal più incredibile dei ponti di volo. Perché esso era stato integralmente ricoperto di prezioso legno di teak. Con la successiva rimozione di questo elemento, più di un celebre ammiraglio deve aver avuto l’occasione di rinnovare a poco prezzo il pavimento di casa sua…
Decommissionata per la seconda ed ultima volta nel settembre del 1976, a seguito del varo delle nuove supercarriers da oltre 60.000 tonnellate, la Oriskany venne accantonata nel porto di Bremerton, presso lo stato del Northwest di Washington. Dopo oltre 25 anni di servizio, e nonostante una costosa proposta di riarmo da parte dell’amministrazione Reagan, sembrò molto presto che un’impiego per la nave non sarebbe mai più stato trovato. Nel corso degli anni ’80, ogni equipaggiamento utile fu rimosso e messo in vendita, o riciclato in qualche altre maniera, finché del possente gigante non restò altro che un guscio vuoto, galleggiante sopra i flutti e privo di un perché. Tra i momenti più significativi del periodo immediatamente successivo, la proposta da parte di un gruppo di uomini di affari giapponesi di comprare la nave e rimorchiarla fino alla baia di Tokyo, per farne una sorta di luna park (non se ne fece più nulla) e l’impiego da parte di Robin Williams nel suo film fantastico del 1998 Al di là dei sogni, nel quale la struttura ormai rugginosa della nave venne impiegata per rappresentare un particolare girone dell’Inferno. A quel punto, la nave era già stata spostata presso la sede della Pegasus International a Vallejo, in California, dove avrebbe dovuto essere smantellata per recuperare l’acciaio impiegato nella sua costruzione. I lavori, tuttavia, procedevano a rilento, ed alla fine la Marina scelse di riprendere possesso di questa sua vecchia gloria. Ed affondarla con buona pace di tutti, a 39 Km da Pensacola.
L’operazione fu giudicata perfettamente riuscita, con la costatazione di come la portaerei avesse raggiunto il fondale in posizione perfettamente orizzontale, adagiandosi come all’interno di un colossale bacino di carenaggio. In tale collocazione, si era infatti determinato, avrebbe offerto il maggiore spazio necessario alla costituzione di una barriera artificiale, habitat per innumerevoli specie marine, e nel contempo trovarsi trasformata in un’attrazione turistica di spicco della regione. Può sembrare in effetti incredibile, ma è stato calcolato che il relitto ha generato dall’epoca del suo affondamento almeno 4 milioni di dollari per Pensacola e l’intera contea di Escambia. La ragione è da ricercarsi nella natura stessa della curiosità umana. A partire dal 2006 in effetti, il vascello sommerso ma tutt’altro che perduto si era trovato nella situazione unica di offrire un luogo facilmente visitabile dai sub (era stato scelto con questa specifica finalità) ed allo stesso tempo percorso dal respiro più profondo e inarrivabile della Storia. Ogni anno, molte migliaia di persone giungono in questi luoghi, con tour organizzati da compagnie locali, allo scopo di trovarsi dinnanzi alle numerose specie marine che abitano la portaerei, tra cui barracuda, squali, scorfani, ricci, cirripedi a profusione… Lo stesso Bryan Clark della Coast Watch Alliance narra di avervi incontrato niente meno che il gigantesco pesce sole (Mola Mola) la creatura preistorica infestata dai parassiti, simile a un alieno proveniente dal cosmo esterno. Altri, giungono in questo luogo con finalità diverse, tra cui i veterani che servirono in prima persona sul vascello, allo scopo di osservarne i resti in un contesto nuovo. In più di un occasione, degli ex membri dell’equipaggio che avevano raggiunto i loro ultimi giorni hanno chiesto che le proprie ceneri fossero sparse sul familiare ponte di volo. Un modo sentito di onorare la memoria della propria Nazione.
Ma c’è un lato più sinistro e problematico, nell’attuale stato della Oriskany…
A seguito del passaggio dell’uragano Ida nel 2009, la nave si è spostata di svariati metri, affondando maggiormente nella sabbia. Ma quel che è peggio, un colossale buco si è aperto sulla sommità della sua torre, che come dicevamo si trova a soli 21 metri dalla superficie. Una meta facilmente raggiungibile per qualsiasi sub amatoriale, che ora si ritroverà dinnanzi questo pertugio a misura d’uomo, in grado di condurlo direttamente all’interno del colosso addormentato. Nonostante le costose operazioni di bonifica messe in atto dalla Marina prima dell’affondamento, la Oriskany resta un luogo pericoloso, in cui anche soltanto sfiorare un elemento ricoperto dalla ruggine può portare ad una visibilità vicina allo zero. Inoltre, spingersi fino ai 40 metri del ponte di volo comporta la corretta esecuzione delle procedure di decompressione, pena gravi conseguenze per la salute o persino la morte. Già nel 2006, e per una seconda volta nel 2008, due sub avevano perso la vita nei pressi del relitto, si ritiene, a causa della malattia della profondità.
Come in tutti i luoghi più speciali ed unici di questo mondo, occorre prestare costante attenzione. E rispettare il pericolo costante della nostra insuperabile fragilità. Una debolezza che tuttavia, a quanto pare, non coinvolge direttamente un vero e proprio grattacielo orizzontale del peso di 30.800 tonnellate, per quanto ricoperto di forme di vita indipendenti. È stato così stimato che il relitto, a patto di non venire colpito da nuovi eventi climatici epocali, dovrebbe restare visitabile almeno fino al 2206, un secolo dopo il suo arrivo tra le sabbie della Florida sommersa. I nostri nipoti, ed i figli dei nostri nipoti, potranno così ancora visitare questo incredibile museo sommerso, ritornando con la mente all’epoca in cui le guerre venivano combattute da persone, invece che implacabili robot dotati di A.I. E se non altro, avevano una fine…