Chiunque abbia mai dovuto dire addio ad un albero di propria vecchia conoscenza, sopratutto se al di sopra di una certa dimensione, ben comprende quale sia il momento più sgradevole dell’intera complicata faccenda. Non impugnare l’ascia, per rimuovere la parte superiore avendo cura che non cada sopra l’auto parcheggiata poco più in là. Né segare via, uno per uno, i lunghi e serpeggianti rami. E neanche la profonda infelicità interiore di vedere quello spazio vuoto, laddove fino al giorno prima campeggiava una creatura potenzialmente più antica di molti esseri umani. Bensì l’attimo, il momento, in cui si rende necessario fare quanto in nostro potere per rimuovere l’ultima vestigia, il rimasuglio ormai del tutto privo di un significato, della parte inferiore della pianta, ovvero il fondo del tronco…Con le sue radici. L’approccio normalmente necessario, sono pronto a scommetterci, lo conosciamo tutti fin troppo bene: scavare, con vanga, zappa e piccone, tutto attorno al fusto andando in cerca di ogni sua propaggine ulteriore. Quindi tagliarle, una per una, mediante l’impiego di ascia e possibilmente, un grosso maglio. Un lavoro duro, lungo e faticoso, che può facilmente prendere la parte migliore di un’intera giornata. E risulta praticamente impossibile da mettere in pratica, in determinati casi. Analizziamo, come valido esempio, questo sfortunato ciliegio che occupava un angolo della tenuta di proprietà di Tom Hoffmann, presumibilmente presso la località di provenienza da lui indicata sui forum di Treebuzz.com, Newington, stato americano del New Hampshire. Un albero che, come lui stesso ci racconta, si era piegato e parzialmente spezzato a seguito di una tempesta, minacciando di cadere di traverso sopra il vialetto stesso della proprietà. A questo punto in genere, per procedere nella missione senza intoppi, il punto chiave è avere un certo grado di pazienza: dopo la morte ed il taglio del tronco all’altezza di circa un metro, generalmente, le radici si seccano completamente nel giro di qualche settimana, permettendo di ridurre in modo significativo la quantità di forza necessaria all’estrazione di questo legnoso dente ormai privo di uno scopo. Ma questo è un video che risponde alla fondamentale domanda: cosa possiamo fare, invece, se vogliamo subito chiudere la sgradevole faccenda, procedendo nel piantare un degno erede? Semplice, prendiamo un piccolo trattore diesel della New Holland, modello TC-18, dove il numero indica la quantità di cavalli motore. Grossomodo l’equivalente, in termini di potenza, di un motociclo con 250 di cilindrata.
Ora il ciliegio, essenzialmente, è un albero che appartiene alla classe delle angiosperme dicotiledoni (piante che nascono con due sole foglie embrionali) classificate in lingua inglese con il termine di hardwood. Che significa, letteralmente, legno duro. Potrete perciò immaginare facilmente come ciascuna parte di esso sia notevolmente resistente, e lasciatemelo dire, soprattutto le radici. Il che renderebbe l’intera impresa del tutto impossibile, se l’uomo noto nei circoli di settore con il soprannome di “Oldfart” (vecchio marmittone) non fosse anche un abile applicatore del principio fisico delle carrucole composite, teorizzate per la prima volta dal prototipico scienziato greco Archimede, ovvero quel sistema che oggi prende il nome di paranco. In grado di suddividere, grazie all’impiego di una serie di raccordi concatenati tra di loro, un lavoro estremamente faticoso in una serie di unità, dette vantaggi meccanici, ciascuno delle quali trasforma lo sforzo necessario in spazio da percorrere tirando. Il che significa, in altri termini, che per far percorrere al carico un metro, occorrerà moltiplicarlo sulla base del numero di corde portanti. Ma anche la forza sviluppata da ciascuna di esse. Capite che significa? “Date una leva sufficientemente lunga, e vi solleverò il mondo.” Attaccateci una corda, e potrò farlo con una mano sola. Vediamo quindi più nel dettaglio, che cosa ha saputo realizzare costui…
Il sistema di paranchi di Tom Hoffmann per la rimozione dei ceppi particolarmente recalcitranti, che potrebbe facilmente essere venduto come kit completo ad una cifra più che mai considerevole, è in realtà la risultanza di lunghi anni di collezionismo e prove tecniche, dichiaratamente basate sul manuale statunitense per le forze armate, liberamente disponibile online, intitolato molto appropriatamente TM-5-725: Rigging. Lui stesso ammette che acquistare i componenti nuovi e tutti assieme comporterebbe, molto probabilmente, un costo proibitivo, e che lui è riuscito a comporlo in modo conveniente soltanto attraverso una sorveglianza continuativa del portale di eBay, acquistando quello che gli riusciva ogni qual volta “…Un tecnico andava in pensione, cambiava casa o passava a miglior vita.” Giungendo ad un qualcosa che si compone, a quanto ci è dato di vedere, da un sistema di aggancio con catena legata attorno al ceppo, collegato ad una coppia di paranchi, il primo con sei carrucole mobili (7 corde portanti) ed il secondo con quattro (5 corde). Il che comporta, secondo quanto teorizzato dal sistema delle leve del 2° tipo, un fattore di moltiplicazione della forza che raggiunge all’estremità finale, collegata dopo due alberi di ancoraggio al gancio di traino del trattorino, un impressionante 35x. Capite cosa significa? Per ogni 10 Kg di traino esercitato, lungo uno spazio moltiplicato per la massima estensione della corda, il ceppo indesiderato riceverà un’energia equivalente a tre quintali e mezzo. Abbastanza da sradicare anche la più vecchia e inamovibile delle sequoie secolari? Beh, forse con un motore più prestante…
Ma persino il TC-18, assicurato ad un simile congegno, si dimostra presto in grado di compiere l’impresa: un poco alla volta, procedendo con estrema cautela e solamente dopo aver posizionato il rimorchio del trattore a mo’ di barriera (vi lascio immaginare cosa potrebbe accadere nel caso di rottura di una delle corde…) il geniale tecnico arborista inizia ad ottenere i primi risultati. Dovendosi fermare, purtroppo, per un errore commesso in fase di progettazione: il primo dei due alberi di ancoraggio, costretto a sopportare la percentuale maggiore dello sforzo, ha infatti visto sollevarsi per circa un metro e mezzo l’anello di aggancio, che l’ha letteralmente scorticato nella parte posteriore. Visibilmente dispiaciuto, quindi, Hoffman cambia il tipo di nodo impiegato, al fine di evitare ulteriori scivolamenti. Nei commenti al video, ad ogni modo, spiega come i danni riportati dal tronco (anch’esso un hardwood) non siano in alcun modo sufficienti a mettere a rischio la pianta. Meno male. Constatato come il grosso del lavoro sia già stato portato a termine, quindi, e rimosso uno dei passaggi del secondo paranco per semplificare le cose, guida il trattore nella direzione inversa per qualche altro metro. E nel giro di pochi minuti, estrae del tutto il recalcitrante rimasuglio vegetale.
Missione compiuta, dunque, nonostante le vertiginose premesse, grazie all’uso della matematica applicata. Un campo del sapere in merito al quale, molto spesso, si usa dire nei lunghi anni di scuola: “Non userò mai tutto questo nel corso della mia vita di tutti i giorni!” Quando in realtà, per ottenere il massimo da ogni situazione, bisognerebbe invece chiedersi: “Come faccio ad applicare la teoria dei numeri ai miei problemi reali?” Perché c’è chi nasce ingegnere, e chi invece lo diventa.
Molti altri, dal canto loro, preferiranno abitare il mondo delle scienze umanistiche, praticando le arti e lo studio della storia. A questi ultimi, sfortunati, impreparati individui, consiglio di tenere sull’agenda un ottimo giardiniere. E idraulico. Ed elettricista…