Sous le ciel de Paris… Sotto il cielo di Parigi è nata oggi una canzone. Questo è ciò che suona il bielorusso Aliaksei Zholner direttamente dall’omonimo film del 1951, ovviamente meno la suggestiva voce di Edith Pilaf, sul piccolo strumento musicale che si è costruito nel corso delle ultime giornate dedicate al suo hobby molto, molto particolare: assemblare modellini cartacei di macchine complesse, premurandosi che esse funzionino in ciascuna delle loro parti. Prima che me lo chiediate… Motori, soprattutto. Di automobili che non esistono, neppure nel pensiero più sfrenato dei progetti futuribili, perché sarebbero fin troppo leggere per restare in strada. Basterebbe un refolo di vento, a farne involontari aeroplanini… Ed anche ciò è parte della storia che di questo paio di mani prive di un volto (se si esclude il profilo presente su Linkedin, di un programmatore che potrebbe o meno essere lui) una tipica leggenda moderna del Web, periodicamente perpetuata alla pubblicazione di un nuovo esauriente video, in cui l’ingegnere misterioso ci dimostra le straordinarie capacità della sua ultima creazione, includendo generalmente schemi da stampare ed istruzioni per tentare di costruirsi la stessa cosa. Ma non oggi, non stavolta: che sia tutto diverso dalle occasioni delle volte precedenti, del resto, ci appare indubbiamente chiaro al primo sguardo del soggetto scelto per questo singolare exploit. Non più una serie di cilindri, ma di canne, di carta, di musica e pensieri. Si, l’avete capito bene: Mr. Working Papercraft ci ha fatto un organo di carta, completo di 18 tasti bianchi e neri, altrettante valvole e il sistema di condotte che permette all’aria d’intonare il canto ed il messaggio angelico che lo accomuna al più caratteristico strumento in uso nelle chiese. Macchina meravigliosa, pari quasi a una locomotiva, per suonare la quale un tempo erano richieste fino a tre persone oltre al suonatore, ovvero l’addetto al mantice, il tiraregistri e colui che gli voltava le pagine dello spartito. E non credo che neanche quest’ultimo, avrebbe potuto immaginare che un giorno la “carta da musica” sarebbe diventato il materiale, ed invero l’essenza stessa dell’intero apparecchio di siffatta potenza e ponderosa sofisticazione. Mentre al posto del pesante attrezzo per introdurre l’aria nel sistema, qualcuno potesse pensare di affidarsi al semplice involucro di lattice impiegato per i gavettoni…
Perciò guardate e stupite. O meglio ancora, usate il senso dell’udito per giungere ad un tale sentimento, facendo mente locale sull’insolita maniera in cui le note sembrano propagarsi nell’aere della scena, accompagnate da un vibrato carico di un fascino impreciso. Questo perché, inevitabilmente, la carta usata da Zholner non ha le stesse caratteristiche di solidità e resistenza del metallo d’ordinanza, finendo per connotare ciascuna emissione con sottintesi ed un carattere del tutto inaspettato. Tanto che qualcuno, tra i commentatori del video, arriva a chiedersi se non siamo di fronte a un nuovo tipo di strumento musicale, degno di essere ricostruito in dimensioni reali. Si, come no… Per essere suonato dentro una chiesa di cartone, dietro un altare di polistirolo, sotto una volta tratteggiata con i pastelli Crayola… Voglio dire, esistono anche cose più bizzarre a questo mondo. E dove esiste la funzione, tanto spesso, segue l’intenzione. Che può rendere possibile QUALSIASI cosa. Benché sia necessario ammetterlo, difficilmente due di queste macchine potrebbero suonare assieme. In primo luogo, perché come ammette lo stesso autore l’opera di accordamento, se così vogliamo definirla, è stato il frutto di una lunga serie di tentativi fatti per gradi. A tal punto le caratteristiche ineguali della carta, il suo spessore variabile anche al micron e le piccole imperfezioni presenti nella piegatura, potevano influire sul timbro e il tipo della nota riprodotta. Il che, incidentalmente, è anche la ragione per cui mancano stavolta le istruzioni chiare di cui sopra; anche fornendole, nessuno riuscirebbe a riprodurre questo particolare organo in ogni minima parte, a partire da quella fondamentale del suo canto. Anche se a dire la verità, immagino sarebbero parecchi a volerci provare.
Nel film di Julien Duvivier, memorabile al tempo della sua uscita, le suggestive note fuoriuscite dalla creazione bielorussa diventavano l’accompagnamento ad una serie d’incredibili coincidenze, che univano per una sola notte la vita di sei abitanti della città francese delle luci, attraverso sofferenze, peripezie e preoccupazioni, prima del finale in cui “Il offre un arc-en-ciel” letteralmente “esso” gli offrisse l’arcobaleno. A simboleggiare come nulla possa esistere da solo, privo del segno e il senso delle circostanze, così come la musica è il prodotto di un fluire consequenziale di suoni. E questo mirabolante piccolo apparato, in definitiva, non è altro che l’ultima espressione di una lunga serie di creazioni, almeno in parte, degne di essere citate…
Come dicevamo Aliaksei Zholner, un autore che già si era fatto notare su YouTube ma che per lungo tempo rimase del tutto privo di un nome, resta tutt’ora famoso soprattutto per i suoi modellini funzionanti dei principali motori usati nell’ambito automobilistico moderno. Ce n’è per tutti i gusti, a partire dai tipici 4 cilindri ed il V6, fino a creazioni più particolari e complesse. Come questo fenomenale V8 coi pistoni inclinati circa 45 gradi, prelevato in apparenza direttamente da un piccolo veicolo da corsa, per la rapidità e precisione con cui l’aria proveniente dal palloncino d’ordinanza (lo vedete il tubo sul retro? È da lì che proviene) si comprime ed immette l’energia nel sistema. Niente di così diverso, formalmente, da un mero mulino a vento, se non fosse che tutto, nel minuscolo apparato, è costruito per riprendere la natura ed il funzionamento dell’ispiratore più grande, inclusi alcuni degli ingranaggi più complessi che chiunque sia mai riuscito a plasmare facendo affidamento su un materiale tanto economico e impreciso. Tra le note di accompagnamento complete di template, viene a tal proposito nettamente sconsigliato l’impiego di comuni fogli da stampante per tentare d’imitare quanto qui mostrato, affidandosi a cartoncino leggero o ancora meglio la cosiddetta carta Whatman, creata per la prima volta dall’omonimo artigiano del Kent attorno al 1740, quando ancora il bianco materiale era un prodotto costoso e raro nelle case, ma già iniziavano a trovare l’applicazione molti dei metodi in grado di garantirne la più alta chiarezza e qualità. Il che portò, negli anni, alla creazione di una filiera produttiva tradizionale, esportata verso l’Europa e l’Oriente, tale da portare quest’oggi all’idioma russo ватман [vatman] riferito alla più alta qualità di fibra di cellulosa che si possa acquistare nei negozi di forniture per artisti.
Nonostante questo, l’entropia resta inevitabilmente in agguato. per un sistema complesso come un motore di carta, di per se necessariamente soggetto ad usura anche quando costruito con i materiali più resistenti ed in scala reale, può bastare una lieve deformazione del cilindro, tale da lasciar fuggire via l’aria compressa del palloncino, oppure un danneggiamento lieve dei denti di uno dei molti ingranaggi coinvolti nel movimento, affinché esso non possa più trasmettersi correttamente fino alle immaginarie ruote. E l’umidità del fiato, inevitabilmente immessa nel “serbatoio” di lattice assieme al contenuto dei polmoni umani, a lungo andare non potrà fare a meno di compromettere la delicata struttura delle fibre cartacee, causando uno squilibrio inevitabilmente deleterio. Proprio questa, alla fine, è la misura stessa dell’intera questione: se simili giocattoli durassero per sempre, dove sarebbe mai il divertimento? Una volta ricreato ciascuno dei modelli possibili, l’autore non potrebbe fare altro che dichiararsi soddisfatto, per chiudere bottega e ritornare al suo mestiere di programmatore… Sai che noia! Soltanto ripetendo le stesse operazioni più e più volte, sarà possibile perseguire la perfezione. Questa è la strada che indica la stella della procrastinazione. Chi crediamo di essere noi semplici spettatori, per ignorare la preziosità di una tale Via?
Una nota, un ruggito, due facce della stessa medaglia sonora. Una colonna, che riesce a reggere le ore, nonostante sia costituita di nulla d’altro che fibra di origine vegetale, attentamente rimescolate grazie alle risorse tecnologiche ed i metodi produttivi della cartiera. Cos’è in fondo, persino il migliore organo da chiesa, se non un diverso tipo di apparato in grado di spingere innanzi un carico, quello del corpo e della fantasia; e cosa invece un motore da corsa, tranne uno strumento che col suo rumore induce ripidi pensieri, adrenalinici momenti d’introspezione! Perciò se davvero fosse possibile riprodurre l’intero armamentario dell’orchestra impiegando null’altro che le proprie sapienti mani ed un costoso blocco di ватман, giammai consiglierei di tralasciare l’aspetto motoristico della questione. Preoccupandosi di dare forma, ai margini del coro, al cuore sferragliante di un’invisibile mini-Ferrari o Lamborghini ripiegata come un origami.
Che questa unione tra il musicalmente sacro ed il mondo dell’andare veloci su strada possa dimostrarsi realmente feconda… Sarà difficile dirlo, prima del tempo. Eppure chi, fra noi, potrebbe mai dire di non voler fare l’esperienza di cotante note?
Da vedere:
- Le istruzioni per costruire il motore a 4 cilindri. Soltanto per utenti avanzati.
- Il forum in lingua russa presso cui Zholner descrive le sue ultime creazioni. Per i non poliglotti, l’uso di Google Translator è fortemente consigliato.