Fu un momento memorabile, in grado di attrarre decine di migliaia di abitanti provenienti dalla città e le campagne circostanti. Sua Maestà la Regina che, durante le celebrazioni per il Giubileo d’Oro, giungeva in visita presso uno dei centri abitati principali del Northumberland assieme al marito, per assolvere a svariati compiti istituzionali: l’inaugurazione della statua di un cardinale cattolico nato da queste parti, nel primo caso di un simile onore reso da parte della guida spirituale della Chiesa anglicana dall’epoca della Riforma protestante; assistere al passaggio del solito benché imprevisto uomo nudo, prontamente (brutalmente) arrestato dalla polizia locale; effettuare la pressione di un grosso pulsante rosso, posto su un piedistallo giustamente ornato di fiori. Il quale, collegato attraverso un lungo cavo ad una scatola d’acciaio ad alto tasso tecnologico, a sua volta incastonata in un parallelepipedo di cemento, avrebbe dato il “La” ad un’evento totalmente senza precedenti nella storia DEL MONDO (se si escludono le molte prove effettuate in-situ poco prima di questo storico momento). Un’imbarcazione posizionata ad arte suonò la sirena, il Principe Filippo si lasciò sfuggire un sorriso, il vento agitò lievemente il fiore di stoffa sull’amabile cappellino d’ordinanza. Un agglomerato di 800 tonnellate di acciaio, cemento e vetro prese quindi a roteare su se stesso senza un suono, ricreando il movimento di un’ala di gabbiano. Ma se voi foste stati sospesi sopra l’onde, in mezzo all’incresparsi delle acque ancora fresche in pieno maggio, non sarebbe stata questa la metafora destinata a colpirvi. Bensì un’altra ancor più calzante: l’occhio senza palpebra di Sauron, sommo signore dell’oscurità, trascinato dalla cime della torre al fondo della via transitabile con nave. *Meno le fiamme infernali e il suono d’organo vibrato tendente all’acuto finale.
Molte delle cose che diamo per scontate nascono da una diretta applicazione del principio di convenienza: ogni curva nella strada è motivata dalla forma del paesaggio, la presenza di edifici oppure il bisogno di correggere una deviazione precedente. E le città che sorgono sulle due sponde di un corso d’acqua, senza troppo cogitare, fanno affidamento su metodi collaudati per far di ciò che era diviso, un solido tutt’uno. Sistemi di collegamento come i molti ponti sul Tyne, parola che in lingua celtica voleva ipoteticamente dire “il fiume”, a riconferma di quanto fosse determinante una simile barriera geografica nei loro viaggi, spostamenti e commerci. Come molto chiaramente, lo è tutt’ora. Tanto da aver fatto del vecchio e omonimo arco di metallo, il beneamato Tyne Bridge del 1928, il soggetto d’innumerevoli fotografie e un personaggio ricorrente sullo sfondo di serie Tv e film. Pari, nella mente degli abitanti locali, a un punto di riferimento come il Golden Gate. E sembrava che nessuna struttura simile costruita nei pressi, passata, presente o ancora da venire, dovesse superare il suo fascino senza tempo: non il Redheugh, né il King Edward o lo Scotswood. E neppure le alternative dall’estetica più marcata e particolare, quali l’antico High Bridge (1989) riaperto nel 2008 dopo una lunga serie di restauri, dal succedersi di arcate dall’estetica monumentale, oppure lo Swing Bridge, montato su un perno centrale e in grado di spostarsi in senso longitudinale, al fine di lasciar scorrere le navi; finché nel 2001, tramite lo stesso progetto responsabile di tanti nuovi simboli della città di Londra, ovvero la Millennium Commission finanziata con i soldi della Lotteria Nazionale, non venne deciso di donare alla città un qualcosa di radicalmente innovativo e mai visto prima. Furono quindi chiamati, tra gli altri, i rinomati architetti dello studio WilkinsonEyre, che con la collaborazione della ditta ingegneristica Gifford, seppero fare una proposta in grado di stravincere sopra la concorrenza: niente di cui stupirsi. Si trattava, dopo tutto, di un’interpretazione completamente nuova del concetto stesso di ponte. Destinato ad essere inserito nei libri di architettura come primo esempio esistente della classe, tutt’ora piuttosto rara, dei cosiddetti tilt bridge: i ponti che si inclinano, per lasciar passare i natanti. Ma non sarebbe stato tanto facile, questo è certo, superare la semplice bellezza estetica di una simile creazione…
La Millennium Dome, il Millennium Stadium, la Banca dei Semi del Millennio, il progetto della foresta per la Scozia del Millennio. Tutto si può dire dell’eponima commissione fortemente voluta dal governo inglese, tranne che abbia una notevole fantasia nella concezione dei nomi. Diamine, c’è addirittura un ALTRO Millennium Bridge a Londra, anch’esso esclusivamente pedonale, così che questo necessita di essere denominato con il nome della città di Newport, pena l’immancabile fraintendimento degli ascoltatori! Benché una volta visto con i propri occhi l’occhio ammiccante di questa regione molto più a nord, ritengo improbabile che alcuno possa fare di nuovo confusione. La struttura in questione è semplicemente così caratteristica, tanto memorabile nel suo funzionamento… Così come lo è certamente stato, all’epoca del suo posizionamento, la procedura di messa in opera ed apertura. Il fatto, a tal proposito, è che l’oggetto era stato materialmente messo assieme dalle acciaierie Watson di Bolton, impiegando il metallo equivalente a quello necessario per costruire 64 autobus a due piani o 16 carri armati Chieftain (l’orgoglio patrio è palpabile in siffatta analogia) quindi portato a Newcastle. Il che non è stato tanto un problema attraverso le spaziose strade del Regno Unito e con i singoli componenti ancora da assemblare, quanto una volta imboccata la foce del fiume per l’ultimo tratto della trasferta, lungo un sinuoso corso che in diversi punti, finiva per stringersi più del ponte stesso. Il quale, nel frattempo, era stato ormai completamente montato. A tal fine, quindi, fu impiegato un mezzo di trasporto e messa in opera davvero eccezionale: la Asian Hercules II costruita a Singapore, singola gru galleggiante a braccio fisso più grande d’Europa, con il ponte di navigazione grande approssimativamente quanto un campo da calcio ed un equipaggio di ben 12 persone. Una volta raggiunto il luogo delle fondamenta finali per la struttura, il ponte è stato quindi posizionato “con un margine di pochi millimetri di errore” ed è iniziata il lungo, e delicato, processo di lavoro per giungere all’attesa ora dell’inaugurazione. Non sia mai che la Regina potesse dirsi delusa!
A questo punto, qualche dato: il Gateshead Millennium misura 91 metri di lunghezza, benché la distanza coperta da pedoni e biciclette per attraversarlo ammonti a 105 metri, causa la caratteristica forma ricurva del viadotto. La sua struttura principale, ricavata da una singola fusione d’acciaio, è sufficientemente solida da sopportare l’urto diretto di una nave da 4.000 tonnellate che si sposta a 4 nodi di velocità. Non che di tali giganti, a dir la verità, ne passino molti sul fiume Tyne. L’attivazione del suo processo di rotazione, che permette il passaggio di vascelli alti fino a 25 metri, viene effettuato attraverso sei motori elettrici a basso consumo, in grado di svolgere il compito, grazie al contrappeso del sostegno ad arco del ponte, con un consumo praticamente irrisorio: appena 3 sterline e 50 per singola attivazione, rivaleggiando con l’ormai leggendario ascensore della ruota di Falkirk in Scozia (vedi articolo). Proprio per questo, il sollevamento del ponte per passarci sotto viene concesso chiunque ne faccia richiesta sull’apposito sito web, benché siano richiesti, naturalmente, dati personali, un recapito e i riferimenti del vascello coinvolto. Appare chiaro, dunque, che siamo di fronte ad un metodo dalla chiara e comprovata efficienza. Al che potremmo anche chiederci, dove sono le svariate centinaia di ponti inclinabili che a questo punto, dovrebbero spadroneggiare sulla scena architettonica globale?
La domanda è lecita ma la risposta, come potrete forse aspettarvi, resta dubbiosa. Il fatto, a mio parere, è che l’architettura contemporanea connotata dalle tecnologie futuribili sta vivendo uno di quei momenti storici in cui la funzione domina sulla bellezza visuale, il che non sarebbe necessariamente un grande problema. Sopratutto visto come, ce lo insegna la natura stessa, i due valori finiscano spesso per convergere nella creazione di forme armoniose ed esteticamente appaganti. Ma questa tendenza, unita alla percezione ed al peso costante della gravosa condizione economica e le disuguaglianze sociali correnti, porta ad una sorta di senso di colpa verso tutto ciò che appare “superfluo” oppure “eccessivamente stravagante”, spesso trasformato nel veicolo d’insensate, ed inutili proteste. Basta scorrere i commenti ad uno qualsiasi dei video postati su YouTube del ponte di Newcastle per incontrare un alto numero di commenti negativi, spesso inseriti da persone che si professano liete di non averlo pagato con le proprie tasse (in effetti, il biglietto della lotteria viene spesso chiamato tale) o infastidite da un simile spreco di fondi che ammontano, va pur detto, alla cifra non trascurabile di 22 milioni di sterline. Simili sentimenti, del resto, sono diffusi anche per opere simili realizzate nel nostro paese, quali il Ponte della Musica sul fiume Tevere a Roma.
A tal proposito, risulta forse più pratico il sistema statunitense, che prevede la realizzazione delle opere di natura innovativa, e quindi inevitabilmente discutibile, soltanto mediante il conseguimento di finanziamenti privati da parte dei più facoltosi abitanti di ciascuna città coinvolta, in cambio dell’opportunità di fare pubblicità al proprio nome ed aziende. Ma è pur vero che questo spoetizza, aggiungerei di parecchio, la natura artistica delle stesse. E voi, che ne pensate?