Tutto, negli sport motoristici odierni, viene attentamente regolamentato da un preciso codice. Ma in molti casi, il pubblico non ne comprende a fondo la ragione. Il fatto è che molti gesti compiuti con le migliori intenzioni possono finire per avere effetti spiacevoli, deleteri, persino pericolosi. Ed a volte può bastare uno sguardo indietro, agli errori compiuti dai nostri predecessori, per apprendere a priori la lezione, evitando di ripetere lo stesso sbaglio. Follie come quella compiuta da un meccanico dei box dell’Holden Racing Team durante questa gara di resistenza con le stock car del 1993 a Sandown in Australia che, probabilmente dando seguito a una precisa e collaudata strategia di gara, si apprestava a pulire il parabrezza del pilota con dell’acqua lanciata al volo da un secchio, risparmiando il tempo necessario per fermarsi ai box. Sarebbe stato piuttosto difficile, del resto, decidere di farne a meno: il polacco naturalizzato Tomas Mezera, nel corso dell’ultimo giro, si era trovato per un tempo prolungato dietro all’auto della vera e propria leggenda dell’automobilismo Peter Brock, che in quel particolare giorno aveva già avuto, dal canto suo, la sfortuna di dover gestire un’imprevisto veicolare: danni alla coppa dell’olio, con conseguenti emanazioni nerastre lungo la linea di gara del suo tragitto, tali da costituire una problematica eccessiva per i semplici tergicristalli. L’altro sportivo a questo punto, dunque, vedeva ben poco di quanto aveva davanti a se. Un rapido scambio tattico all’auricolare, la pianificazione esperta dei compagni in tuta, un salto fino alla pompa dell’acqua. In breve tempo, l’addetto alle riparazioni era in corrispondenza del muretto dei box, pronto a intercettare il suo pilota proveniente dalla pista con un intero secchio di rinfrescante H2O. Piccolo dettaglio: alla stessa maniera della maggior parte degli altri tracciati in ogni luogo del mondo, il Sandown presenta un generoso rettilineo in prossimità della linea del traguardo, tale da porre in quel particolare tratto la velocità di auto sportive di serie come la Holden VP Commodore di Mezera (ed anche di Peter Brock) attorno ai 120-140 Km/h. Qualcuno, a questo punto, avrebbe dovuto fare i calcoli. Ma così non fu.
Ora, potrà sembrare strano che appena una ventina di litri d’acqua, impattando contro il vetro di un’automobile, possano riuscire sostanzialmente a mandarlo in frantumi. Dopo tutto, quanta acqua cade durante un’acquazzone estivo? Ed è per questo che gli stessi due commentatori che si sentono parlare nel video, in un primo momento, tentano di elaborare un’interpretazione alternativa. Uno suggerisce che “qualcos’altro” sia stato lanciato per sbaglio assieme all’acqua. Forse il secchio stesso? L’altra voce incorporea concepisce nel frattempo una teoria ancora più improbabile ma straordinariamente dettagliata, secondo cui “il calore risalito dal motore” avrebbe “riscaldato il parabrezza” causando un gradiente di temperatura con l’acqua in arrivo, tale da creparsi ed andare letteralmente in pezzi. In effetti situazioni simili sono capitate in pieno inverno, a persone non troppo preparate dal punto di vista termodinamico, che avevano avuto l’iniziativa di togliere il ghiaccio dal parabrezza usando dell’acqua bollente. Ma è ovvio che a nessuno sarebbe venuto in mente di riscaldare quest’acqua. Tale ipotesi non spiegherebbe, inoltre, l’evidente rientranza del vetro spaccato in corrispondenza dell’angolo superiore sinistro, reso particolarmente evidente dalla deformazione della scritta vinilica cubitale “Holden”. No, la relazione causa-effetto di questo particolare evento fu in effetti molto più semplice, e diretta, di questa. Ma non meno impressionante.
La comune acqua, lo sappiamo fin troppo bene, può essere facilmente trasformata in un’arma. Come tecnica non letale di risposta a gravi proteste, le forze di polizia direzionano talvolta un forte getto all’indirizzo della folla, con l’intento di respingere e gettare a terra. Mentre un ugello che pressurizza questa vitale sostanza, e la concentra con tutta la forza in un unico punto, può costituire un sistema di taglio utilizzabile per forare persino il metallo. Il che, in effetti, è analogo al rapporto che esiste tra la pioggia dell’acquazzone ed il secchio di cui sopra: le goccie d’acqua formatisi naturalmente non sono particolarmente aerodinamiche, raggiungendo a malapena la velocità terminale di 24-25 Km/h. Inoltre, non pesano più di qualche grammo. Totalmente diversa è la storia di un ammasso concentrato di liquido dal peso di 20 Kg, che per di più alla velocità del lancio del meccanico, vedrà sommati quelli accumulati dal bolide veicolare in corsa. Il destino del parabrezza, rigorosamente di serie come ogni altro componente del gruppo di gare australiane 3A della FIA, era ormai segnato. La parte più difficile, tuttavia, doveva ancora venire.
Ed è questo che intendo, fondamentalmente, quando parlo di cose fatte in un determinato modo, per ragioni non sempre del tutto evidenti. Nel moderno campionato australiano con le auto di serie, il celeberrimo V8 Supercars evolutosi proprio dal gruppo 3A, sono state rese obbligatorie una lunga serie di modifiche ai veicoli mirate ad incrementare la sicurezza, tra cui ruote più larghe, lo spostamento del serbatoio verso la parte posteriore dell’auto e l’impiego del differenziale. Ma soprattutto, un diverso tipo di parabrezza, tra l’altro più leggero, realizzato in materiale plastico policarbonato dal nome di Lexan, che all’impatto con l’acqua non sarebbe probabilmente andato in frantumi. O nel caso in cui l’avesse fatto, sarebbe stato molto più facile da rimuovere per continuare la gara. La casistica sperimentata dallo sfortunato Mezena in effetti, che tra l’altro era già stata vissuta in circostanze diverse dal rivale Peter Brock nel 1985 sul circuito di Mountain View (vedi secondo video) tendeva a verificarsi occasionalmente durante i campionati automobilistici degli anni ’80/90, magari per cause meno assurde della secchiata d’acqua, e dava l’inizio ad una frenetica attività nei box, con i meccanici impegnati nell’arduo compito di togliere dal veicolo ciò che giammai, fu concepito per facilitare quella specifica operazione. Le conseguenze si possono facilmente osservare in entrambi i video, benché nel caso precedente di Brock, una maggiore manualità da parte degli operatori, o forse una diversa progettazione dell’auto, rendano l’operazione per lo meno ragionevolmente veloce. In entrambi i casi, tuttavia, non c’è alcun modo di sfuggire alla quantità di schegge e cubetti di vetro precipitati in cabina, pronti a trasformarsi in pericolosi proiettili trasparenti, in grado di colpire l’occupante o chiunque sia tanto sfortunato da trovarsi sul suo passaggio. Nel 1985 tra l’altro, con meno esperienza pregressa da parte dei meccanici, a nessuno viene in mente di compiere il gesto nei fatti fondamentale di rimuovere anche il lunotto posteriore, per favorire almeno in parte l’aerodinamica di gara. Uno dei commentatori del 1993, al compiersi di tale operazione, dichiara la sua comprensibile curiosità nel poter assistere al comportamento in pista di un veicolo così profondamente modificato nella sua forma. Ma né Brock a Mountain View, né Mezera a Snodown, né di nuovo Brock a Snodown (che come dicevamo, aveva riportato danni alla coppa dell’olio) riuscirono a portare a termine la gara. E questo nonostante stiamo parlando di piloti con indubbia esperienza, e già allora numerose vittorie conseguite nel corso della loro carriera. È quindi chiaro, in ultima analisi, che lanciare una secchiata d’acqua contro un’auto in corso sia una soluzione tutt’altro che ideale. Quale magnifica alternativa ci concede, dunque, il favoloso mondo della modernità? Voi non avete idea…
Chi tra di voi guarda la Formula 1 o il MotoGP (oppure perché no, entrambi) probabilmente ha piena familiarità con il sistema della visiera dei caschi a strati. È un’invenzione piuttosto intelligente: quando un pilota si ritrova il campo visivo limitato da qualche getto d’olio o altro, tutto ciò che deve fare è rimuovere con le proprie mani la prima copertura trasparente della sua finestra sul mondo, senza effettuare alcun tipo di sosta ai box. Il che presenta, incidentalmente, anche il problema potenziale di un certo numero di pezzi di plastica che restano in pista, potendo essere potenzialmente risucchiati dalle prese d’aria degli altri veicoli in gara. Nel 2013, in Belgio, l’auto di Kimi Räikkönen subì un guasto proprio a causa di questa eventualità, portando le autorità ad inserire una regola per il numero di “puliture” effettuabili nel corso di un singolo evento. Problematica che invece, non si incontra nella serie americana delle stock cars forse più famose al mondo, l’irrinunciabile NASCAR, nella quale tuttavia, ciò che può sporcarsi non è il casco, ma lo stesso parabrezza in policarbonato. A vantaggio del quale, la soluzione scelta è niente meno che geniale: un foglio di plastica trasparente rimovibile, tanto grande da coprire interamente il vetro dell’automobile. Alla sosta della stessa ai box, mentre i meccanici si affannano a cambiare le ruote “di serie” con ben cinque bulloni invece che il singolo previsto dalla Formula 1, uno di loro non dovrà far altro che afferrare e tirare, BAM! Vetro perfetto, come nuovo. Il che è decisamente un significativo miglioramento, rispetto a quella secchiata incauta di un dannato 1993.
Il fatto è che l’acqua, difficile negarlo, costituisce una parte inscindibile delle nostre vite. Arrivando a comporre una percentuale significativa del nostro corpo e del pianeta stesso. Troppo facile, quindi, risulta dimenticare il suo considerevole peso. Lo stesso, a conti fatti, di un intero blocco di ghiaccio o di un mucchio di neve. E a voi sarebbe venuto mai in mente di lanciare una di quelle cose contro un’auto in corsa a più di 120 Km orari? Non credo proprio. Usate perciò cautela, la prossima volta che impugnate un gavettone. Nella vostra mano, come direbbe Mel Gibson alla stessa epoca di quelle due gare, c’è un’Arma Letale…