Mai sottovalutare il potere di una metafora, anche, e soprattutto, se si tratta di quella sbagliata per descrivere la situazione. L’ultima volta in cui un video esplicativo di questo veicolo iniziò a circolare a circolare su Internet, assumendo le caratteristiche di un vero e proprio fenomeno virale, il titolo più spesso ripetuto in varie forme su Facebook, Twitter ed altrove recitava: “Ecco a voi la macchina che STAMPA la strada.” Wow. In pochi secondi, procedendo su una superficie che non era mai mostrata, l’incredibile attrezzo avanzava con incedere sicuro in retromarcia, lasciando dinnanzi a se un perfetto viale di mattoni. Ad incrementare l’illusione di un qualcosa di completamente automatizzato, la piccola ruspa che deponeva detti materiali da costruzione, all’interno di una cesta dinnanzi alla “bocca” del mostro, in chiara e totale assenza di un qualsivoglia ordine procedurale. Così c’era qualcosa, presumibilmente…Di robotico? Che li prendeva e disponeva attentamente con una figurazione a spina di pesce interconnessa, creando l’effetto di un lavoro veramente funzionale, nonché esteticamente appagante. Ora, l’utente medio di Internet, quando scorre verso il basso i contenuti accumulatisi in un giorno d’interconnessioni social, normalmente non presta eccessiva attenzione a tutto quello che sta vedendo. Altrimenti la maggioranza degli spettatori, senza dubbio, avrebbero notato un piccolo “dettaglio” dell’intera situazione: i tre operatori in tenuta da cantiere, con giubbotto catarifrangente e tutto il resto, che si affrettavano a disporre manualmente, uno per uno, i blocchi da inviare sul fondo stradale sottostante. Proprio così: il Tiger Stone della compagnia olandese Vanku presso Rijen, di automatico ha soltanto il motore. Ed il sistema di sensori che gli permettono, facendo riferimento ai marciapiedi, di mantenere il più possibile l’allineamento. A tutti gli articolisti vorrei suggerire dunque, per l’inevitabile corso/ricorso di questa “notizia interessante” a vantaggio dei lettori: la prossima volta potreste, forse, usare una metafora più antica. Perché in effetti, uno strumento che altera i requisiti per svolgere il lavoro, piuttosto che sostituirsi in toto all’utilizzatore come una stampante, non è in alcun modo meno rivoluzionario. Pensate al modo per creare un qualsivoglia tipo di tessuto: all’evoluzione vissuta, attraverso i secoli e millenni, dal semplice approccio di un bastone trasversale, cui annodare i fili paralleli dell’ordito che dovranno sostenere quelli della trama. Destinato a trasformarsi più e più volte, fino alle attuali meraviglie della tecnica, in grado di sfornare molti metri di stoffa entro il passaggio di un singolo minuto. Mentre lo stadio intermedio prevedeva solamente soluzioni meccaniche, per regolamentare meglio l’interconnessione delle parti, mentre l’operatore continuava indisturbato il suo lavoro. Forse dovremmo pensare, a tal proposito, che il suo lavoro fosse meno significativo?
L’analogia del telaio funziona perché, essenzialmente, la Tiger Stone non fa che prendere un lavoro massacrante, e trasformarlo in una sorta di passeggiata. In cui allo stato dei fatti attuali, non occorre più neppure passeggiare. Andando incontro ad un problema, tipicamente olandese, che vedeva l’estremo affaticamento quotidiano, e usura muscoloscheletrica, d’innumerevoli operai della nazione. Immaginate voi, la situazione: stiamo parlando di un paese in cui l’asfalto, nonostante i grandi successi ottenuti su scala mondiale, ancora non convince le autorità cittadine. Per lo meno, in determinati contesti situazionali. Perché in primo luogo, il manto stradale per eccellenza si usura facilmente e richiede dei costosi interventi di riparazione, con bitume, schiacciasassi e tutto il resto. Mentre nell’ipotesi improbabile in cui uno o più mattoni dovessero finire frantumati, basterà ordinarne e collocarne di nuovi. Seconda cosa, lasciano passare l’acqua nelle intercapedini, riducendo la necessità di altri sistemi di drenaggio. E poi, c’è l’aspetto principale: per quanto può essere curata la creazione della strada, una superficie di singoli blocchi non sarà mai del tutto uniforme. Il che causa vibrazioni nella guida, e suoni fastidiosi, al di sopra di una certa velocità. Capite dove sto arrivando? È una misura che previene gli incidenti, scoraggiando l’automobilista medio dall’andare troppo forte in città. A partire dal 1997 e sopratutto per questo motivo, nell’intera Olanda è stato avviato un programma finalizzato alla sostituzione sistematica del manto stradale tipico con i mattoni, in ogni area con un limite massimo di 30 Km/h. Tanto che si stima che nel 2007, esattamente dieci anni dopo, fossero presenti nel paese circa 41.000 Km ricoperti con questa particolare metodologia. Una mole di lavoro enorme, sopratutto per le schiene dei poveri operai costretti a procedere carponi, posizionando uno per uno i blocchi in una sorta di versione orribilmente reale del videogame Minecraft. Una condizione che non poteva lasciare indifferente chiunque fosse in possesso del nascosto seme della Soluzione…
Nota: Il video di apertura, dalla risoluzione superiore agli altri reperibili sull’argomento, proviene dal canale della Barabás Térkő, una compagnia ungherese che produce pavimentazioni stradali in granito, arenaria e similari. Ecco il loro sito ufficiale.
E quel qualcuno, a quanto ci è dato di capire, fu lo stesso Henk van Kuijk, direttore della Vanku, dichiaratamente intenzionato ad aiutare un’intera categoria di operatori. Questo è molto interessante, perché la macchina in questione riduce certamente la complessità di lavorazione e le possibilità di errore, ma sul fatto che porti dei vantaggi nel campo dei tempi e dei costi, personalmente ho maturato qualche grado di dubbio. Le stesse recensioni prodotte sui siti in lingua inglese, tutte molto simili e quindi presumibilmente create a partire da una qualche press release, si parlava di 200 metri quadri giornalieri di strada collocata, mentre il sito ufficiale, li ha incrementati a 300. Ma esso stesso ammette che un operatore molto abile, generalmente, possa disporre fino a 100 metri quadri giornalieri di pavimentazione stradale. Il che, una volta considerato come la Tiger Stone possa richiedere fino a tre persone per funzionare a pieno regime, essenzialmente pareggia i risultati. No, semmai la differenza, che vi assicuro resta notevole, risiede in un altro e ben più significativo vantaggio: l’aver spostato l’area di lavoro, dal remoto terreno, fino all’altezza di una ben più pratica vita. Detti operai specializzati quindi, finalmente, potranno lavorare in una posizione adatta alla colonna vertebrale umana, evitando così di dover iniziare a penare ad un pensionamento anticipato già attorno ai 45-50 anni. Il guadagno in termini di salute e serenità è per questo tale da aver fatto valutare, in almeno un caso qualche anno fa, l’eventualità di imporre l’obbligo di impiego della macchina per tutti i lavori rilevanti d’Olanda. Ma non mi è stato possibile reperire l’esito di tale encomiabile proposta legislativa.
Volendo anticipare, a questo punto, il funzionamento pratico della procedura, vi anticipo subito che esso è quanto di più semplice si possa immaginare. In primo luogo, si dispone una fila di mattoni nel pattern desiderato, affinché quelli rilasciati successivamente possano appoggiarvisi durante la disposizione. A quel punto la macchina, che come anticipato nel titolo è dotata di cingoli, si posiziona ed inizia procedere lentamente in retromarcia, mentre gli addetti prendono i mattoni dalla cesta di carico, replicando sullo scivolo anteriore la stessa disposizione iniziata sul terreno. C’è un aspetto, poco chiaro, che non viene mostrato in alcun video: in qualche maniera, i due orditi devono incontrarsi, presumibilmente tramite l’impiego di una barriera che si abbassa progressivamente, al fine di non scombinare la disposizione superiore. O forse, più semplicemente, gli operai ricostruiscono la pavimentazione sull’intero scivolo prima ancora di avviare il motore, che per inciso è elettrico e non produce alcun tipo di inquinamento, acustico o d’altro tipo. Una volta che la strada dello scivolo si unisce a quella vera e propria, dunque, le operazioni possono iniziare. L’importante è che coloro che compongono il tessuto di mattoni procedano complessivamente a una velocità equivalente a quella dello spostamento del mezzo, affinché il flusso non si interrompa mai. In questo modo, metro dopo metro, la strada comparirà come per magia in fondo al veicolo, già perfettamente posizionata ed incastrata tra i due marciapiedi laterali. Il materiale viene spinto in posizione unicamente dalla forza di gravità, senza alcun tipo di nastro trasportatore, il che riduce sensibilmente i costi operativi e di manutenzione.
Al fine di adattare questo approccio lavorativo a strade di varia larghezza, infine, la Tiger Stone è offerta sul mercato in tre larghezze differenti: 4, 5 e 6 metri. Il costo varia tra i 60.000 e gli 80.000 euro, benché il colosso cinese Ali Baba, come spesso capita, al momento ne abbia in catalogo una con un prezzo di listino da soltanto 38.000 dollari! E garanzia di tre anni. Ora non è per dire, ma se io fossi il sindaco di una piccola città…
Il tutto, in ultima analisi, con un doppio intento positivo: ridurre lo sforzo di chi si occupa di sistemare manualmente i problemi cittadini, e scongiurare gli incidenti, portando gli utilizzatori della strada a rallentare dove lo prevede il codice stradale. Chiunque desse un’occhiata di traverso ai viali altamente caratteristici di ‘s-Hertogenbosch, Antwerp o Monnickendam, noterà infatti qualcosa che chiarisce totalmente la situazione: molto spesso, a fianco dei viali di mattoni, scorrono piste ciclabili in più pratico e scorrevole asfalto. Il che rende naturalmente chiaro, a tutti quanti se anche ce ne fosse la necessità, quale sia il mezzo preferito per gli spostamenti e dove invece, i tecnici progettisti abbiano preferito ridurre i costi di manutenzione e favorire l’estetica dell’apparenza. Continuando a pedalare, in questo modo, siamo giunti al nocciolo della questione. Ma neppure un ora o due di bicicletta, potrebbe avere l’effetto rilassante di un periodo equivalente trascorso ad armeggiare col telaio dei mattoni. Un vero paradiso delle mani e della mente, magari con il sottofondo della riconoscibile Korobeiniki, la melodia russa indissolubilmente associata alla rotazione sistematica dei tetromini (凸·ロ·L·7·I)