Non è un ambiente particolarmente adatto agli umani, si può ben dire con estrema enfasi e profonda consapevolezza: questa vasta pianura alluvionale dove i sedimenti del fiume Mississipi, ad ogni fluttuazione meteorologica, si espandono e ritornano da dove sono provenuti, lasciandosi alle spalle un gigantesco pantano. Non quello risultante da una pioggia o un temporale estivo, destinato a prosciugarsi con i primi soli della primavera. Ma uno stato di costante umidità del suolo, con acqua che ristagna, eserciti di pesci, rane, coccodrilli e zanzare. Ma anche preziosa vegetazione e una notevole biodiversità. Nella malsana, non bonificabile palude. Eppure da queste parti, in prossimità del territorio di New Orleans, il rapporto delle persone con l’ambiente si basa su una serie di presupposti molto caratteristici, tali da trovare un senso a tutto questo, ed in qualche modo, trasformarlo in una valida risorsa. È perciò del tutto comprensibile la reazione d’istintiva diffidenza e un vago senso di premonizione, vissuta dalla prima guida turistica, pescatore o studioso della natura, nel momento in cui lo sguardo si posò accidentalmente sulla strana cosa. Una specie di…Grossa gomma da masticare rosa, fatta aderire sopra la corteccia di mangrovia da un agente misterioso e lì lasciata, a monito apparente del costante senso d’ingiustificata familiarità. Poiché a quel punto, con un rapido sguardo gettato tutto attorno, di simili cose ne sono comparse non dieci, ma un numero variabile tra cento e quattrocento, ad evidente dimostrazione che si, qui c’è un qualche tipo di problema. Siamo tutti vittime di un’invasione? Chi è lo strano mattacchione che trova piacere a fare questa cosa? No, no, nessuno. Davvero. Di umano. Ma qualcosa di diverso, viscido e molliccio, che proviene da una terra relativamente lontana: il Sud America o in alternativa, per alcune specie, le profondità ben più remote dell’Africa nera. Tutto questo è opera della lumaca mela.
Succede di notte, quando finalmente nella terra umida comincia la stagione del silenzio. Il momento in cui gli animali tacciono, e nessuno di volante, strisciante o che sia in grado di tendere un agguato fa nient’altro che dormire, nel profondo della propria fangosa tana. Perché è soltanto allora che la chiocciola grande fino a 15-20 cm emerge dall’acqua, ed inizia lentamente ad arrampicarsi. Sopra un filo d’erba, sul macigno, sulla corteccia, sullo scafo della vecchia imbarcazione rovesciata e abbandonata dall’uomo. Finché i suoi gangli cerebrali, programmati attentamente dall’evoluzione, non comprendono che quello è il posto giusto, al sicuro dai pericolosi predatori acquatici. E proprio lì, depone le meravigliose uova. È una visione decisamente surreale, considerato l’aspetto complessivo delle stesse: piccole palline di pochi millimetri di diametro, di un colore quasi fluorescente e all’apparenza innaturale, che fuoriescono dal guscio del mollusco ed iniziano a muoversi lungo il suo corpo, come trasportati da una macchina a nastro industriale. Una quantità sempre maggiore di materiale, il quale, una volta raggiunta l’estremità dell’animale, aderisce alla superficie scelta grazie ad un composto della sua miracolosa saliva. Quindi, completata l’opera, la lumaca inizia il lungo viaggio di ritorno verso i suoi territori di caccia e di accoppiamento, che sono sempre, rigorosamente sul fondale. È così una doppia vita, questa delle Ampullariidae o lumache mela, o ancora mistery snails, come amano chiamarle gli americani, particolarmente per il mercato degli acquari, da cui in un momento imprecisato fecero la loro mossa di evasione. Che nascono fuori dall’acqua nel giro di 2-4 settimane da questo evento, ma vi fanno subito ritorno e poi lì restano, fino all’epoca della maturità. Quindi, chiaramente, il ciclo ricomincia e così via fino all’eternità. Quale sarebbe mai, dunque, il problema di tutto ciò? È presto detto: esse non smettono mai di farlo. Iscritte ad ottima ragione nell’elenco delle 100 specie più invasiva al mondo, queste grosse lumache si riproducono più volte l’anno, producendo ogni volta svariati grappoli da 400-1000 uova ciascuno. I quali, oltre a risultare ben protetti dai pericoli della palude, sono del tutto incommestibili per chiunque tranne la formica rossa (Solenopsis geminata) in funzione di un composto neurotossico che le ricopre, come evidenziato per l’appunto dalla vistosa colorazione aposematica delle stesse. Nessuno sa, in effetti, com’è possibile che la formica riesca a digerirli. E tutto questo non finisce qui: poiché queste lumache, nei fatti, non hanno predatori in grado di scovarle e penetrare il loro resistente guscio, nel quale possono rinchiudersi completamente grazie all’opercolo sul loro dorso, e sopravvivere per lungo tempo in un luogo ben distinto e irraggiungibile dal mondo. Finché un segnale noto solamente a loro, nuovamente, non gli dice di trovare un/una compagna, per trasmettere se stessi fino alla prossima generazione. Si, avete capito bene: QUESTE lumache, come del resto innumerevoli altre, non sono ermafrodite e presentano due sessi ben distinti tra di loro.
Il che ad ogni modo, non limita sensibilmente la loro capacità riproduttiva, se non nel caso, tutt’ora più che mai diffuso, in cui si debbano selezionare gli esemplari da disporre nel proprio acquario. Dovete considerare, a tal proposito, che molte delle specie di Ampullariidae hanno un aspetto estremamente decorativo, con gusci striati (Pomacea bridgesii) di colore giallo, blu, viola o una forma geometricamente globulare, che ricorda una gemma o pietra preziosa (Pomacea canaliculata) inoltre, in certe particolari specie raggiungono le dimensioni spropositate di 35-50 cm (Marisa cornuarietis) arrivando a costituire l’elemento visivamente dominante dell’intero allestimento domestico, persino più dei pesci di pregio. Si tratta, inoltre, di animali molto semplici da accudire, con tolleranze per irregolarità nella composizione dell’acqua notevolmente superiori a quelle degli altri ospiti tropicali, che in genere non mangiano (salvo eccezioni) le piante introdotte nell’habitat ma solamente cibo preparato ad hoc e le quali, come per l’appunto dicevamo, si riproducono con estrema rapidità e persistenza. A tal proposito, dunque, il problema del proprietario non diventa tanto assicurare la sopravvivenza delle sue beniamine, quanto evitare che si verifichi uno stato d’immediata ed irrimediabile sovrappopolazione, eliminando le uova in eccesso man mano che le lumache vanno a deporle in prossimità del bordo superiore del serbatoio. Operazione di smaltimento che va compiuta con estrema attenzione, onde assicurarsi che detti embrioni non riescano a cresce e svilupparsi allo stato brado, rischiando di peggiorare ulteriormente, o diffondere altrove, lo stato d’assedio che sta stritolando le lumache endemiche della Louisiana. In natura, infatti, le Ampullariidae sono in grado di monopolizzare letteralmente le fonti di cibo, e si comportano come spietate predatrici. Non è affatto raro, a tal proposito, che esse mangino i molluschi più piccoli, risucchiandoli letteralmente fuori dal proprio guscio come una sorta di macabro dessert. Ma è molto più frequente che si nutrano di scorie vegetali, micro-vegetazione attaccata alle rocce o creature di vario tipo decedute per cause terze. Nel caso in cui il cibo scarseggi, infine, esse non disdegnano di arrampicarsi fuori dall’acqua, andando in cerca di larve o uova d’insetto.
Molte sono state le critiche rivolte alla popolare YouTuber Steff J, proprietaria di un alto numero di lumache mela, a seguito del video in cui si è mostrata mentre eliminava le uova in eccesso scaricandole nel WC. Compiendo nei fatti il tipico gesto a seguito del quale, secondo innumerevoli leggende metropolitane, svariati animali indesiderabili si sarebbero diffusi nel sottosuolo delle grandi metropoli statunitensi. Mentre la sua opinione in merito, come spiegato nei commenti al video, risulta essere decisamente più rassicurante: in assenza di aria da immettere nel loro polmone, gli embrioni di queste creature non possono affatto sopravvivere e muoiono prima ancora di venire al mondo. Inoltre, nei fatti, sarebbe difficile immaginare una colonia di lumache che riesce a prosperare nell’ambiente inquinato delle fognature. Anche se nei fatti, non si può mai dire…
Questa necessità di respirare da entrambi gli organi, le branchie ed il polmone, risulta essere dunque la caratteristica più forte, ed al tempo stesso la principale debolezza della lumaca. Che deve occasionalmente risalire in superficie, per ripristinare il contenuto d’ossigeno del suo organismo. Operazione per la quale risulta essere fornita di un particolare sifone a tubo ritraibile in caso di necessità, che emerge dal lato sinistro del collo come un periscopio e risucchia l’aria, senza che tutto l’animale debba esporsi dall’attacco di eventuali uccelli che dovessero passare di lì. Tale tentacolo, come del resto tutti gli altri arti della lumaca, può essere rigenerato in caso di danneggiamento, grazie a precise informazioni iscritte nel suo DNA. Addirittura qualora i peduncoli oculari del mollusco dovessero subire l’attacco di un pesce o altro predatore, esso potrà rigenerare il suo organo della vista, in un periodo che si aggira sui 25 giorni. Una volta riempite d’aria, come amano fare occasionalmente, le lumache restano in questo stato di semi-galleggiamento anche per buona parte della giornata, in attesa dell’ora del tramonto per ritornare attive nelle loro peregrinazioni e ricerche di cibo, partner e luoghi idonei alla deposizione delle uova. Facendo affidamento sull’istinto affinato attraverso i secoli e le notevoli armi fornite dall’evoluzione esse risultano essere, in fin dei conti, del tutto imbattibili nel portare a totale saturazione un ambiente abitativo, specie se diverso da quello di provenienza originario. A seconda della temperatura circostante, a tal proposito, le Ampullariidae possono modificare il ritmo del loro metabolismo: con una media dei 18 gradi, esse vivono fino a 4 anni, riproducendosi piuttosto raramente. Ma attorno ai 24-25°, il ritmo della vita accelera, portandole a sopravvivere per pochi mesi o un anno appena. Nel corso del quale, tuttavia, depongono lo stesso numero di uova previste dal codice dell’evoluzione, migliaia e migliaia di potenziali piccoli abitatori della palude…
Vi rendete conto di cosa significa tutto ciò? Un intero mare di splendide lumache, destinate a riempire ogni centimetro a disposizione di attraenti caramelle rosa avvelenate. Finché soltanto una grande migrazione, oppure l’intervento dell’uomo, potrà giungere a salvarle dall’autodistruzione. Restituendoci il dominio dell’ancestrale palude del bayou.
Chi può dire, al termine di questa trattazione, che cosa ci riservi effettivamente il futuro? Invasioni di queste tenaci camminatrici, in Italia, non ce ne sono ancora state. Anche perché in effetti, nel bel paese mancano attualmente delle paludi particolarmente estese o altri habitat particolarmente favorevoli alla proliferazione della lumaca mela. È possibile immaginare inoltre che il clima mediterraneo, con le sue piogge infrequenti ed irregolari, non possa costituire un ospite particolarmente vantaggioso per queste abitatrici dei territori maggiormente prossimi all’Equatore. Il pericolo, tuttavia, è sempre presente. Perciò è spontaneo, e pressoché automatico, l’invito a chiunque possegga simili animali nel proprio acquario a trattare lo smaltimento delle uova in eccesso con un sincero senso di responsabilità. Poiché nel momento in cui, malauguratamente, chiunque di noi dovesse scorgere la temuta escrescenza rosa in corrispondenza di un tronco, giunco o altra pianta del bagnasciuga, potrebbe essere già troppo tardi per tutti noi.
A meno dell’intervento salvifico di un qualche eroe delle Ere…