Non c’è espressione migliore di efficienza a questo mondo, della capacità prosperare in ogni situazione del roditore topo. E la forma più alta di quest’ultimo, nella forza, resilienza, intelligenza e ricchezza di risorse, è senza ombra di dubbio il ratto nero. L’essere che dopo aver messo a ferro e fuoco l’India, infestò le navi dei mercanti arabi sbarcando in mezza Asia, per poi giungere fino in Europa grazie all’utile passaggio dei cavalieri di ritorno dalle crociate. La singola specie di mammifero più invasiva al mondo, in grado di soverchiare persino i grandi e antichi insetti delle isole d’Oceania, dopo aver dominato i vicoli oscuri dei maggiori centri culturali e commerciali del Medioevo e Rinascimento, portandovi “accidentalmente” la Peste Nera. Un dono all’umanità, in realtà, concesso dalle pulci contenute nel loro pelo, ma che risultò straordinariamente utile a ridurre il numero dei grossi bipedi rivali, con le loro trappole, i loro veleni, il loro sistema immunitario inefficace. Faceva tutto parte…Del piano? Possibile? Un ratto non è poi così diverso dagli umani. Esso possiede gli stessi organi, lo stesso istinto di sopravvivenza. Vive in società e protegge la sua prole, poiché comprende ad un livello istintivo che in essa alberga la chiave del futuro della sua specie. Ma c’è una cosa di cui manca, almeno presumibilmente: l’organizzazione. Poiché dinnanzi all’esigenza di sopravvivere ogni giorno, tutti i roditori sono uguali. E sarebbe del tutto impossibile per loro, dunque, concepire il concetto stesso di un governo centrale. Il che non significa, del resto, che un ratto particolarmente vecchio e saggio, in determinate condizioni, non possa accentrare su di se una sensibile percentuale del cibo e le altre risorse a disposizione di una singola colonia, iniziando, nei fatti, e dirigerne le operazioni. L’oligarchia è una naturale tendenza di tutti gli esseri viventi, poiché a volte, consente di determinare il corso dell’immediato futuro, piuttosto che subirlo in modalità del tutto passiva. Nelle settimane o mesi a seguire, quindi, i piccoli esseri pelosi iniziavano a girare attorno a simili figure, venerandoli come fossero i loro stessi dei. E ad un certo punto, per quanto ci è dato di sapere, vi restavano attaccati per la coda.
Un Rattenkönig, re dei ratti, è una celebre creatura compòsita particolarmente rappresentativa del folklore tedesco, che tuttavia gode di uno stato di esistenza semi-confermata, entrando nei fatti nell’Olimpo dei criptidi, ovvero gli esseri, come Piedone o il mostro di Loch Ness, sulla cui esistenza molti sarebbero pronti a giurare. Secondo una delle attribuzioni più accreditate, per inciso, essa potrebbe provenire dalla Francia, essendo testimonianza di uno slittamento semantico dall’espressione maggiormente descrittiva di rouet de rats (la ruota di ratti) verso un più poetico ed accattivante roi de rats. L’origine di questa espressione, nei fatti, non è complessa da mettere in relazione con quanto stiamo guardando quest’oggi: un groviglio di roditori attaccati per la coda non potrà che dipanarsi dalla matassa centrale, mentre ciascuna delle menti coinvolte invia istruzioni contrastanti ai diversi membri del collettivo. Se si vuole cedere alla tentazione della logica naturalistica, in effetti, l’agglomerato di animali non potrà che essere la risultanza di uno sfortunato incidente, destinata a sopravvivere soltanto per un periodo particolarmente limitato. Ma l’uomo medievale, si sa, non era il più razionale interprete dei presagi, ragione per cui il ritrovamento di uno di questi ammassi, generalmente, stimolava l’istintivo terrore per l’imminente palesarsi di una qualche terribile piaga. Il che ogni volta,m puntualmente, si verificava. Pensateci: qual’è l’unica situazione in cui i ratti potrebbero annodarsi tra di loro? Se non quella in cui essi si trovassero già stipati in uno spazio troppo stretto per loro, a malapena sufficiente per raggiungere l’uscita della tana. Ovvero nel caso del sussistere di una situazione di squittente sovrappopolazione, con conseguente strascico di gravi malattie. Nel tempo, quindi, la leggenda del sommo masticatore continuò ad accrescere e perpetuarsi, mentre i pochi ritrovamenti accreditati trovavano collocazione nei musei.
Nota: L’illustrazione di apertura è di Friedrich Wilhelm Schmuck, 1683
La figura più celebre associata a questo concetto aleatorio, di sommo governante dei topi, è molto probabilmente quella presente nel balletto di Ciajkovskij del 1892, lo Schiaccianoci, a sua volta tratto da un romanzo di Ernst Theodor Amadeus Hoffmann pubblicato nel 1816. In cui la figura del grande e temibile antagonista, il succitato quanto orribile sovrano, presentava almeno una caratteristica neanche tanto velatamente ispirata all’effettivo Rattenkönig: esso aveva una pluralità di teste, come l’idra della mitologia greca. Ma non poteva certo rigenerarle, alla maniera di quest’ultima, vista la fine che avrebbe fatto per la spada vendicatrice del giocattolo preferito dalla bambina Marie, destinato a ritrasformarsi nel giovane che era stato prima della maledizione di Frau Mouserinks, strega e consorte del ratto policefalo in questione. Perché, dunque, avrebbe dovuto avere una simile caratteristica fisica, se non come riferimento a una diffusa credenza popolare, per non parlare dell’immagine che alcuni, tra i lettori e successivi spettatori del balletto, potevano aver visto coi propri stessi occhi durante uno sfortunato incontro familiare. Il re dei topi deve essere esistito, dopo tutto, poiché ne abbiamo le prove: i 58 ritrovamenti preservati nella formalina, provenienti da Germania, Francia, Polonia, Olanda e Belgio, nonché addirittura l’Indonesia, presso l’isola di Java. Benché il Re proveniente da quest’ultima, piuttosto che essere composto da ratti neri (Rattus rattus) era un conglomerato di R. rattus brevicaudatus, o come lo chiamano da quelle parti, ratto di Sawah.
Credo dovremmo ritenerci fortunati, del fatto che simili creature non siano mai comparse in Italia. Benché ci sia, per una simile assenza, una possibile ragione scientifica, come anche determinato dall’università estone di Tartu, in occasione dell’acquisizione da parte del loro museo di uno di questi grovigli ritrovato da un abitante del vicino villaggio di Saru, nella regione di Voru.
La scena del ritrovamento, verificatosi il 16 gennaio del 2005, è molto vivida nella descrizione che ne viene fatta nello studio del Prof. di biologia Andrei Miljutin, facilmente reperibile online. Il figlio del fattore si trovava in un capanno della tenuta famigliare, intento a fare ordine con la sua scopa, quando udì squittire fra la sabbia semi-congelata che faceva le veci del pavimento. Iniziando quindi freneticamente a scavare, egli tirò fuori un orripilante Rattenkönig semi-congelato composto da 16 esemplari, 9 dei quali erano ancora vivi, benché a malapena. Impugnando quindi la ramazza a due mani, si affrettò nel correggere lo sgradito errore. Il padre a quel punto, pur non sapendo nulla delle ricche implicazioni folkloristiche di una simile mostruosità, prese il groviglio di topi e lo espose presso la recinzione esterna della sua proprietà, affinché tutti potessero vederla ed apprezzare la stranezza implicita nel mondo degli umani. Col trascorrere delle settimane, le intemperie e i gatti del villaggio arrecarono danni significativi a quanto restava delle creature, benché il freddo quasi artico della regione ne garantissero la continuativa integrità strutturale. Finché il 10 marzo, quasi due mesi dopo, la notizia di questa insolita esistenza non giunse fino all’università di Tartu, che inviò un ricercatore associato ad acquisire l’agognato ed insolito esemplare. L’effetto delle variazioni di temperatura aveva allentato il nodo centrale delle code, e due topi erano stati portati via da un predatore, probabilmente un mustelide (furetto?) di qualche tipo. Ma nell’insieme, non furono rilevati segni di creazione artificiosa, e l’intreccio pregresso fu giudicato autentico. Seguì quindi, un lungo ed approfondito periodo di studio. Al termine del quale, fu determinato per inferenza come, e perché, un simile fenomeno possa verificarsi. Il che è fondamentale, per rendere credibile l’intera pazzesca storia, così apparentemente contraria alla realtà acquisita e comprovata del ratto preso in trappola, che pur di salvarsi è disposto persino a rosicchiare la sua stessa zampa ma…Non…La coda? Più o meno. Il punto è il seguente: affinché possa sussistere la creazione del Rattenkönig, in ogni caso tranne quello dell’isola di Java, era possibile accertare la sussistenza di una particolare situazione climatica: il freddo estremo. I ratti quindi, che si erano stipati assieme per quanto possibile al fine di tenersi al caldo, sarebbero sopravvissuti senza conseguenze se non fosse per la presenza di un materiale umido, quale saliva o feci, concentrato nel centro della loro congrega. Quest’ultimo quindi, ghiacciandosi come da programma, avrebbe fatto delle loro code un solido tutt’uno, mentre gli animali, cedendo al torpore dovuto al freddo, diventavano del tutto incapaci di reagire. Questo spiegherebbe, del resto, perché non sia mai stato portato all’attenzione delle autorità scientifiche un re dei ratti ancora vivo: la semplice sopravvivenza di una simile creatura, nei fatti, può sussistere soltanto per un breve periodo. Altrimenti, i roditori troverebbero il modo di liberarsi. Ma c’è una sorpresa in tutto questo: perché a quanto pare, una simile limitazione non si applica agli abitanti delle cime degli alberi, come Elfi, Ewok e…
Il caso più documentato di ritrovamento di una rouet de rats è infatti ancora più recente, risalendo soltanto al 2013, presso la località di Regina, nel Saskatchewan canadese. Dove il Dr. Steven Kruzeniski, veterinario, si ritrovò ad affrontare una situazione decisamente inaspettata, quando alcuni concittadini portarono presso il suo studio un gruppo di sei scoiattoli che erano rimasti annodati per la coda, in una configurazione del tutto simile a quella dell’orripilante Rattenkönig. L’origine della situazione, nei fatti, era ben più semplice da capire: le creaturine si trovavano nel cavo di un pino particolarmente resinoso, quando la sostanza appiccicosa prodotta dall’albero, assieme alla lunghezza del pelo delle loro code, si ritrovarono a causare di concerto lo spiacevole nodo della questione. La storia ebbe, ad ogni modo, un imprevisto lieto fine, quando il dottore coi suoi assistenti riuscì a liberare le creaturine semplicemente rasandogli il pelo, ottenendo la semplice e non troppo traumatica separazione dei roditori malcapitati. Nonché la probabile salvezza dell’intera cittadinanza, vista la quantità di danni che può causare a giardini, orti e mansarde una normale infestazione di scoiattoli, già senza un sovrano che diriga le loro spietate operazioni.
La scienza, a questo punto, non ha ragione di dubitare: i re dei ratti sono esistiti, ed esistono realmente. Molta della loro pessima fama, del resto, non è affatto immotivata benché, come spesso capiti, il rapporto di causa ed effetto fossero stati invertiti. Siamo nei fatti di fronte ad uno di quei rari casi in cui il senso comune ci dice che una cosa sia del tutto improbabile, un chiaro scherzo di mattacchioni dal dubbio buon gusto, finché i fatti non dimostrano l’esatto contrario. Da qualche parte, nell’oscuro mondo del sottosuolo, squittisce una ruota colossale, spinta innanzi dal fiume del tempo. L’imperatore, o sommo monarca, composto a sua volta da infiniti atomi, che sono in effetti altrettanti sovrani dei topi. Un cerchio iscritto nel cerchio, nel cerchio, nel cerchio… Che incorpora, nella sua stessa ancestrale esistenza, il principio stesso per cui non si può davvero acquisire una pozione di assoluta supremazia, senza perdere la propria insostituibile individualità. In questo, è molto più saggio, e possente, persino di noi.