La tua bocca, quella bocca dalla splendida tonalità vermiglia… Lo sapevate che nei rossetti per signore, molto spesso, è presente l’essenza perlacea, un estratto che deriva direttamente dalle squame di alcuni pesci argentati? Strana come associazione. Perché esiste anche una creatura marina che invece, quel colore delle labbra lo possiede naturalmente. Il suo bacio, accompagnato dal lieve tocco della barba irsuta, lascia inevitabilmente il segno! Si dice che l’amore sia cieco ma i naturalisti del XIX secolo, loro si, ci vedevano benissimo. Come, tanto per citarne uno, Charles Darwin, durante il suo viaggio presso le Ecantadas o Isole Incantate, oggi segnate sull’atlante con il nome celebrato di Galapagos, sinonimo di grandi tartarughe, uccelli migratori, stuoli di simpatici pinguini… E pesci, pesci a profusione. Così scriveva, egli stesso, nel suo diario di viaggio con data 17 settembre 1835, in occasione di una sosta dell’imbarcazione HMS Beagle presso la laguna dell’isola di Charles (denominata sulla base di re Carlo II d’Inghilterra, un semplice caso d’omonimia) quando “Pesci, squali e tartarughe sbucavano da ogni parte” e “i marinai si ritrovarono impegnati nello sport che rende gli uomini di mare più felici.” Che poi sarebbe, gettare la lenza con l’amo fuori bordo ed aspettare, quel poco tempo necessario affinché una qualche creatura degli abissi non resti vittima dell’infallibile inganno, vecchio quanto la scoperta dei lombrichi presso le località con sbocco sul mare. “Fu un giorno memorabile. Gli uomini hanno catturato pesci appartenenti a 15 specie diverse…Tutte…Completamente…Nuove.” Una formula con cui lo scienziato inglese intendeva che nessuno, prima di lui, si fosse ritrovato in condizioni di classificare simili animali. Così impugno la penna, e prese a disegnare, un’attività che fino a quel momento non aveva mai trovato congeniale. Finché non giunse da un qualcosa che mai, nella sua vita, si sarebbe immaginato: una creatura orribile ed al tempo stesso conturbante, che sembrava osservarlo coi suoi occhi fissi e la bocca contorta in una smorfia dell’aldilà. Essa aveva una forma triangolare lunga all’incirca 25 cm, più larga davanti, con bitorzoli equidistanti fino alla punta della coda. Occhi sporgenti, pinne lunghe e rivolte verso il basso, un vistoso naso da strega. E soprattutto, un due labbra pendule quasi umane che sembravano truccate, mediante l’impiego dell’ultimo dei cosmetici messo in commercio nei negozi di Londra. L’elaboratore della teoria dell’evoluzione, dunque, scrollò le spalle, voltò pagina e iniziò a tracciare linee il più possibile precise. Ogni persona interessata doveva conoscere la verità.
L’Ogcocephalus darwini, che da questo grande personaggio prende il nome, è una delle specie più particolari di rana pescatrice del tipo bentico, ovvero abituata a sopravvivere pescando e catturando i pesci sul fondale. Proprio per questo, è compressa in senso verticale, una condizione che l’ha portata ad assumere una forma piatta ed allargata simile a quella di una razza, ed assieme a questa il nome comune di pesce pipistrello. Ma siamo chiari: le somiglianze con l’unico mammifero volante si fermano subito lì. Perché non c’è un’altra creatura, in tutto il mondo, che possa dire con sincerità di assomigliare a questa. La prima stranezza si nota già da lontano, quando la si vede muoversi durante le perlustrazioni diurne. Il pesce, se realmente possiamo azzardarci a chiamarlo così, non sa nuotare praticamente per niente, e proprio per questo preferisce muoversi camminando letteralmente sul fondale. Operazione compiuta grazie all’uso delle quattro pinne pettorali, modificate dall’evoluzione per estendersi lungo per una percentuale equivalente a un terzo circa della sua lunghezza. Con un andatura sghemba che tuttavia gli permette di raggiungere velocità degne di nota, il mostriciattolo raggiunge quindi un fecondo terreno di caccia. A quel punto si ferma, ed aziona il suo illicium…
Stiamo parlando di quella caratteristica primaria di ogni rana pescatrice che si rispetti, ovvero la pinna dorsale che si modifica una volta raggiunta l’età adulta, diventando un’esca pendula per attirare le prede in prossimità di quelle fauci spalancate. In talune specie, un simile organo è completo di un particolare ricettacolo per dei batteri bioluminescenti, in grado di funzionare perfettamente alle remotissime profondità in cui simili pesci sopravvivono felici. Ma persino in questo, il pesce pipistrello è diverso: poiché abita, normalmente, a soli 30-40 metri di profondità, e proprio per questo deve fare affidamento su metodi attrattivi differenti, ovvero, primariamente, l’odore…
Avrete, credo, notato nel video di apertura (che nell’ultimo segmento passa a mostrare una coppia di splendidi rockfish travestiti da spugne di mare) lo strano apparato che si muove su e giù dal naso da strega del pesce, così stranamente simile alla bolla prodotta dai personaggi dormienti dei cartoni giapponesi. Ecco, quella parte del suo corpo è in realtà un’esca, mentre il “naso” prende il nome di rostrum, non avendo in realtà alcuna funzionalità sensoriale. Bensì soltanto quella, nell’agitarsi dell’orribile pegno in questione, di liberarne il contenuto chimico nell’acqua, attirando in modo misterioso i piccoli pesci, i gamberetti ed i granchi di cui si nutre questo predatore. A tal proposito, benché Ogcocephalus d. sia una dello poche rane pescatrici giudicate abbastanza attraenti da trovare posto in un acquario, si consiglia di prestare la massima cautela nella scelta dei coinquilini. Il suo stomaco infatti, estremamente flessibile, può estendersi fino a sovrastare la misura stessa dell’animale, permettendogli di ingurgitare creature grandi fino al doppio di lui. Più di un praticante di questo hobby, sottovalutando simili creature, si è ritrovato a pentirsene amaramente nel giro di appena un paio di giorni dall’acquisto fatto con le migliori intenzioni e successiva introduzione di Belzebù in persona, nel regno ideale delle fate e degli gnomi.
Per quanto concerne invece quel colore rosso delle labbra degne di una Pretty Woman degli abissi, gli scienziati sembrano convenire in merito a una singola teoria: questo servirebbe, nei fatti, durante l’epoca della riproduzione. Proprio i maschi del pesce in questione, che in un’imprevista inversione dei sessi sembrano presentare una tonalità più intensa, e userebbero tale particolarità somatica per fare colpo sulle esponenti del gentil sesso. Le quali, essendo in grado di scorgere quel rosso da molti metri di distanza, si mettono immediatamente a camminare fino alla posizione del futuro partner, tanto accuratamente selezionato. Segue una paritaria mescolanza di uova e sperma, in una condivisione decisamente meno drammatica di quella di molte altre rane pescatrici. Dove la differenza tra i sessi, anche per quanto concerne dimensioni, è spesso notevolmente più pronunciata, e può persino capitare che il maschio si trasformi in una sorta di parassita della femmina, restandogli attaccato come un utile pesce pilota, pur di partecipare alla fondamentale trasmissione dei suoi geni verso il domani. Ma simile fisime, per sua fortuna, risparmiano la vita di costui.
Il pesce pipistrello delle Galapagos non è, in realtà, originario solamente di quelle isole remote, essendo stato catturato anche presso le coste dell’antistante Perù, in Brasile e addirittura in California, benché molti di questi eventi restino opera di pescatori non scientifici, e spesso privi di verifica puntuale della narrazione offerta alle autorità locali. Resta il fatto che si tratta realmente di un pesce molto adattabile, in grado di prosperare in prossimità della riva come verso i 120 metri di profondità, fino al ciglio estremo di magnifiche barriere coralline oppure tra gli scogli del bagnasciuga. Dovunque, in questi luoghi, può capitare di scorgere il suo bacio sottinteso, quelle braccia nerborute ed il pizzetto della stereotipica donna cannone. Quasi a ricordarci che, nonostante tutto, la bellezza alberga primariamente nello sguardo degli osservatori. E non sempre ciò che è strano, debba necessariamente suscitare diffidenza ed ingiustificato orrore.