Viene un momento, nella vita di ognuno di noi, in cui ogni dubbio sparisce, i freni inibitori vengono impacchettati e chiusi in una scatola e il desiderio prende il controllo delle proprie scelte di vita. Ed è allora, senza falla, che ci ritroviamo a cogitare: “Si, ho deciso. Entro questa sera, lancerò un cocomero dalla cima di una torre di 45 metri. Perché…” Come, perché? Ci sono innumerevoli ragioni: forse si trattava di un teorema fisico sul moto dei corpi, magari c’era la necessità di misurare la velocità terminale delle vespe e mosche che sarebbero venute a consumarne l’esplosiva macedonia, o ancora si amano i frullati con il gusto un po’ salato dell’asfalto stradale. Ad ogni modo, il gesto è semplice e diretto, mentre sono i risultati dell’esperimento che potrebbero cambiare. Vedi il caso del qui presente video del canale Veritasium, o per essere maggiormente precisi, di quello realizzato a settembre dal gruppo degli How Ridiculous e poi da questi analizzato, concepito per trovare la risposta ad al quesito trasversale di riserva. “È possibile che al termine dell’esperienza, il grosso frutto preferito da grandi e piccini, addirittura, sopravviva?” Ecco… Dipende da cosa s’intende per sopravvivenza! Ma c’è un approccio risolutivo, un singolo, complicato modo, per far si che non soltanto il delicato e succoso ammasso non si disintegri all’impatto con il suolo, bensì addirittura rimbalzi, fino ad un quinto generoso della distanza attraversata verticalmente. Unico problema, al termine del misterioso trattamento: ciò che un tempo era verde e a strisce diventerà nero. Perdendo, nel contempo, la sua innata commestibilità.
La scena del video virale originario era di quelle che solleva svariati interrogativi senza risolverne, nella realtà dei fatti, nessuno. Ciò nonostante, in molti hanno capito subito di cosa stava parlando il gruppo di comici internettiani. E questo essenzialmente perché esiste una sola sostanza, a questo mondo, che fosse in grado di ottenere risultati simili. Stiamo parlando della poliurea: un composto elastomerico coprente, ottenuto per poliaddizione di un diisocianato alifatico o aromatico con una diammina (accettate per il momento questa definizione) o in altri termini, uno speciale tipo di vernice “gommosa” brevettata negli anni ’90 dagli americani Mark S Barton e Mark Schlichter, con lo specifico scopo di proteggere il bordo dei tavoli, ma che negli anni ha trovato una quantità di applicazioni letteralmente spropositata. Questa sostanza è infatti impermeabile, lievemente idrofobico, antiurto, ritardante per le fiamme, resistente alla corrosione, isola dal suono e assorbe la forza degli impatti. Uno degli impieghi preferiti, nonché il principale promosso dall’azienda Line-X che il conduttore Prashanth Venkataramanujam visita per Veritasium, è sempre stato quello di rivestire l’interno dei cassoni dei pick-up, quel tipo di veicolo personale che in America corrisponde grosso modo al nostro Apecar. Non c’è niente di meglio, in effetti che gettare il cervo canadese intero che si è fatto fuori a caccia oppure l’abete procurato per Natale all’interno di uno spazio prezioso ma protetto, pressoché quanto un cocomero lanciato da una torre alta 45 metri. Un altro impiego preferito della poliurea è come soluzione definitiva al problema delle infiltrazioni d’acqua nei tetti e terrazzi, collocazione nel quale essa riesce in genere ad ottenere risultati migliori delle soluzioni convenzionali. La nuova frontiera, inoltre, include l’ambito della difesa. Sembra infatti che uno strato di questa gomma, disposta all’interno dei giubbotti antiproiettili o come vernice sui mezzi leggeri dell’esercito, possa proteggere gli utilizzatori da colpi di rimbalzo o pericolose schegge di granate. Voci non confermate affermano anche che alcune ali del Pentagono degli Stati Uniti siano state integralmente rivestite dalla nerastra panacea, al fine di essere salvaguardata da eventuali attacchi terroristici futuri. Il che potrebbe sembrare esagerato, ma se si prende in analisi le prestazioni di alcuni dei prodotti basati su questa sostanza, in effetti ha una sua base logica di fondo…
I canali dimostrativi dei diversi produttori di vernici basate sulla formidabile sostanza chimica, nessuno escluso, sono costellati di crudeli prove finalizzate a dimostrare la straordinaria resistenza della poliurea, quasi fosse questa la misura effettiva della sua fondamentale utilità. Un addetto con occhiali protettivi, in almeno tre casi da me visionati, impiega lo spruzzatore per ricoprirne un piccolo muro di foratini, resistenti alla compressione ma non altrettanto all’impatto dei colpi vibrati con una pesante mazza da cantiere. Quindi, proprio con un simile strumento della dannazione, l’addetto inizia a percuotere selvaggiamente il muretto, ottenendo un risultato inaspettato: la parte frontale, rivestita di poliurea, resta intonsa ed integra sotto ogni aspetto. Mentre è quella retrostante, per via dell’energia trasmessa di riflesso, che viene letteralmente polverizzata e perde la sua sostanziale integrità. Segue quindi il secondo dei “miracoli” (nonché quello che maggiormente può fregiarsi di un simile appellativo) ovvero la spruzzatura di uno strato sulla superficie di una bacinella d’acqua, trasformandola istantaneamente in un perfetto pavimento calpestabile, laddove in origine, neppure il recipiente in plastica avrebbe avuto la forza necessaria a sostenere il peso di un uomo adulto. A quel punto, immancabilmente, viene la prova del cocomero. Perché si sa, secondo il gusto dell’intrattenimento internazionale, non c’è nulla di più divertente che far fuori questo dolce, dolcissimo frutto delle nostre estati più spensierate. Nel video di Veritasium presso la Line-x c’è inoltre una prova addizionale. Del resto, proprio questa azienda è l’autrice della popolare serie di video Xperiment, all’interno della quale le loro vernici vengono severamente messe alla prova. Venkataramanujam è dunque invitato a tentare di strappare un foglio di carta rivestito con la poliurea. Operazione che riesce sul secondo, ma inizia già a diventare molto più difficile nel giro di una decina. Il che, sostanzialmente, ci da il La per affrontare l’argomento di cosa, esattamente, sia questa sostanza delle meraviglie.
Togliamo subito ogni dubbio: la poliurea si chiama così proprio perché contiene, proprio come i suoi consimili poliuretani, una certa quantità di molecole di urea. Proprio così, la stessa sostanza che si trova nell’urina umana e animale. Ma formatasi, nel presente caso (per fortuna) da un processo totalmente differente. Avrete certamente notato, nel video di apertura, come l’addetto chimico creasse la vernice mescolando dei recipienti con quelli che lui chiama fattore A e fattore B. Ora naturalmente, una compagnia come la Line-x non rivelerebbe mai gli effettivi componenti della sua miscela speciale, ma un raffronto della spiegazione offerta con l’articolo di Wikipedia sull’argomento permette di risalire, per lo meno in via preliminare, alla natura di ciò di cui stiamo parlando. Il primo barattolo contiene un diisocianato dal basso peso molecolare, anche chiamato estensore della catena o MDI. Mentre nel secondo, c’è una diammina ovvero un composto organico contenente azoto. Nel mescolarsi in una situazione di pressione elevata (l’interno del contenitore spray) le due sostanze di mescolano creando una ripetizione a iosa della struttura -RNH(CO)NHR’-, una lunga e complessa molecola di urea. Ed è proprio questa reattività reciproca, unita alla propensione a formare un tutto unico regolarmente ripetuto, che dona all’insieme la sua straordinaria solidità. Le osservazioni più interessanti di Venkataramanujam includono quella relativa al calore sviluppato dal recipiente nel momento in cui lui e il chimico mescolano la poliurea, da lui paragonato a quello di una tazza di caffè appena preparato, e il fatto che al momento della spruzzatura, l’amalgama è ancora poco solido e permette di strappare il foglio con facilità. Sono richiesti, infatti, alcuni minuti perché la poliurea raggiunga la sua più perfetta solidità, ma soltanto e solamente quelli. Il che significa, nel caso di un’applicazione sul suolo pubblico o dall’alta pedonabilità, che l’opera sarà conclusa nel giro di un tempo brevissimo, permettendo di risolvere la situazione con estrema e rapidissima facilità.
La forza trascinante della tecnologia. L’intramontabile possenza filosofica di ciò che è “sufficientemente avanzato” (come diceva Arthur C. Clarke, l’autore di Odissea nello Spazio) da essere del tutto indistinguibile dal concetto sovrannaturale di magia. Il che, in effetti, offre un termine di paragone pregno e rilevante. Perché prima della mano dell’uomo, su questo e per quanto ne sappiamo quasi ogni altro pianeta, non esiste traccia alcuna di materie comparabili alla poliurea. Eppure, percepita la presenza di questa necessità, qualcuno l’ha composta nel crogiolo biochimico delle idee. Quindi ora, con il vento nei capelli e il sole dentro le pupille, eccoci qua. Metaforicamente sulla cima di una torre, come Galileo su quella di Pisa con i suoi celebri gravi, i sacri pesi usati per dimostrare l’esistenza forza di gravità. Distante è la memoria, per lo meno nei paesi d’Occidente (Stati Uniti esclusi) di un ordine costituito che rifiuti la purissima realtà della scienza. Ma c’è ancora chi pensa che il cocomero, con la sua massa fragile e attraente, vada distrutto, piuttosto che mangiato. È venuta l’ora di porre le basi di rivalsa! Troppo a lungo, i nostri semi hanno dovuto subire la tirannia dell’ingiustizia dei potenti! Una granita indistrubbile li allontanerà. Del resto cosa vuoi che sia, quel vago e appena percettibile gusto di urea…