La costruzione di un’elica da oltre 50 tonnellate

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Una scia lunga parecchi metri si estendeva ad inseguire la città. Sopra le onde dell’oceano, un mucchio di metallo pieno di petrolio, o carico di scatole, o pieno di persone in abito da sera. Questa è la natura del trasporto sovradimensionato: non dividere, ma unire con il duro ponte sopra il liscio scafo. Le terre emerse e i continenti, costruendo un filo ininterrotto che è come un viale, dove le strade non esistono e il terreno è un’ombra sul fondale, popolato da creature che non conoscono il concetto di denaro. Così com’era l’uomo, da princìpio. Perché chi aveva mai pensato che dall’Asia più orientale, uno spostamento naturale delle cose fosse fino all’altro capo dell’oceano fino in Nord America, passando per l’Europa e viceversa? Tutto è collegato, questa è una fortuna. Tutto è collegato e questa una sfortuna, qualche volta.
Eppur ciò che resta grande, non importa quali siano le preoccupazioni dell’iter globale, è il metodo scientifico che regge quel sistema, ovvero il mondo tecnologico, l’ingegneria applicata. L’opera di aziende come questa, una filiale della Maersk danese, che forgiano nel fuoco il cuore stesso della situazione. Forgiano: si fa per dire (così, del resto, c’è scritto nel titolo del video, mutuato dal programma di Science Channel “World’s Biggest Shipbuilders”) perché qui siamo di fronte a un tipo di lavorazione totalmente differente, ovvero la fusione con stampaggio, allo scopo di creare un grande oggetto che dire notevole, sarebbe poco. Niente meno che l’elica necessaria per la propulsione della nuova petroliera Tangier, dalla capacità di carico di 50.000 tonnellate. In altri termini, l’ingranaggio stesso che funziona da interfaccia con il mare, all’interno di un sistema di lavoro che si estende per letterali milioni di miglia, lungo l’intera vita operativa del vascello. E non chiedetegli quanti: gli autori del programma, assieme alla compagnia produttrice, restano pronti a garantire sui 124.000.000, essenzialmente cinque volte la distanza dalla Terra alla Luna. In altri termini, alla velocità ragionevole per una nave come questa di circa 30 Km/h, qui stiamo parlando di 800 anni come fossero dei bruscolini. Alcuni sospettano un secondo errore, mentre altri, ragionevolmente, si chiedono se questa cifra non sia quella garantita per l’integrità dell’elica soltanto, non tutta la nave; il che, visti i processi produttivi, potrebbe anche essere del tutto vero. Basta prendere in esame i materiali. O per meglio dire, l’unica e singola lega, di cui è composto il corpo di un tale dispositivo, la quale è classificabile da un punto di vista chimico nella classe dei cuprallumini, un tipo di bronzi nei quali la componente ferrosa in aggiunta al rame è stata parzialmente sostituita col tipico metallo usato in aviazione, dando al composto un’eccezionale resistenza alla ruggine e alla corrosione. Considerate che l’enorme componente, almeno stando alle scenografiche scritte fatte comparire dalla regia nel fumo emesso dal crogiolo fiameggiante, si compone per l’80% di solo rame, facendo immaginare un costo produttivo alquanto impressionante. E la cifra finale in effetti, stando a chi ha visto l’intero episodio, si colloca sull’equivalente di 250.000 dollari, una percentuale tutt’altro che indifferente dell’intero prezzo della nave. Una volta creata la lega in uno stato liquido, portando l’ammasso ad una temperatura di 980 gradi Celsius, si effettua la colata nello stampo costruito in silicati refrattari, con la precisa forma al negativo dell’elica in oggetto a questa produzione. Una progettazione estremamente dettagliata, e simulazioni pregresse, hanno permesso di contrastare la formazione di bolle d’aria, anche in forza della notevole pressione delle forze in gioco. Completata questa fase, viene il periodo di raffreddamento, che dovrà estendersi per un periodo di almeno 5 giorni. Al termine del quale…

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Per le strade del Meclemburgo-Pomerania, in prossimità del lago di Müritz, giganti di metallo si aggirano per le strade. Questa elica da 100 tonnellate è talmente grande da poter contenere quella del video dello Science Channel all’interno di una sola delle sue pale.

Prima di proseguire, sia chiaro a questo punto che la Maersk Tangier non è in effetti una nave da trasporto particolarmente eccezionale, né in effetti, si trova nell’Olimpo di quelle più grandi all’interno della flotta della sua stessa compagnia committente. Forse proprio per questo, la scena della fonderia si svolge probabilmente in Corea del Sud (una gru reca il logo del Doosan Group) e non in Germania, presso la Mecklenburger Metallguss, il più famoso costruttore al mondo di eliche sovradimensionate, forse il maggior contributo al mondo dei commerci marittimi da parte di un paese chiuso sui tre lati dalla terra ferma. Dove si realizzano, in particolare, i sistemi di propulsione delle navi da trasporto delle classi E e tripla E, rispettivamente varate dalla Maersk a partire dal 2006 e 2013. La prima categoria delle quali resta tutt’ora associata ad una delle eliche più grandi mai costruite, quella della Emma e le sue 7 gemelle, ciascuna delle quali in grado di spostare 170.000 tonnellate e più di merci, grazie al sistema universale dei container standardizzati. Cinque pale di cupralluminio, per un peso complessivo di 131 tonnellate e un diametro di 9,6 metri, in grado di spingere il gigante dei mari a una velocità di fino a 27 nodi (50 Km/h) di molto superiore a quella delle altre navi della stessa tipologia. Un dato su cui furono spese molte parole, a partire dal momento del varo, poiché permetteva di migliorare le prestazioni di consegna senza aumentare, nel contempo, il dispendio di carburante e quindi le emissioni inquinanti, soprattutto grazie a particolari soluzioni progettuali, tra le quali rientrava anche la forma dell’elica stessa. Soltanto successivamente, con il varo dell’ancor più grande Mærsk Mc-Kinney Møller (194.000 tonnellate di portata lorda) si pensò di ritornare ai più convenzionali e ragionevoli 23 nodi di velocità massima operativa, riducendo quindi in modo significativo i costi al termine di ciascuna missione. Mentre un altro significativo cambio di rotta, se mi permettete il doppio senso, si era palesato nel sistema di propulsione, che prevedeva non più una sola gigantesca elica, ma due di “appena” 70 tonnellate, concepite con gli stessi accorgimenti e soluzioni operative migliorate. Questo approccio dal diametro ridotto, oltre a permettere un funzionamento migliore con la nave non a pieno carico (ovvero quando il suo scafo non si immerge fino alla più alta linea di galleggiamento) ha permesso alla Maersk di produrre i componenti senza dover necessariamente ricorrere ogni volta all’aiuto dei veri e propri maestri della Mecklenburger, facilitando indubbiamente il processo di produzione di ciascuna nuova nave.

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La Evelin, nave sorella della Emma, mentre si avvicina al porto di Bremerhaven, sulla costa del Mare del Nord. Oggi queste navi da trasporto sono state superate da scafi ancora più massivi, come la MSC Oscar svizzera dalla portata lorda di 192.237 tonnellate, attuale portacontainer più grande del mondo.

Ritornando quindi a noi per concludere, la lega dell’elica della nuova petroliera Tangier viene lasciata raffreddare nello stampo in materiale refrattario, quindi quest’ultimo viene aperto per tirare fuori il prodotto semi-lavorato. La voce fuoricampo sottolinea come l’operazione debba essere portata avanti con cautela, per il rischio di danneggiare il metallo all’interno, ma in effetti l’affermazione pare avere un carattere del tutto relativo, vista la violenza con cui l’involucro viene letteralmente fatto a pezzi da una terrificante gru fornita di martello pneumatico. Ciò che esce, è già magnifico e sfavillante, ma ancora ben lontano da potersi chiamare completato. Ogni oggetto creato tramite il metodo della fusione, infatti, viene generalmente costruito con delle ampie tolleranze, al fine di minimizzare l’effetto di eventuali imprecisioni. In questo stato intermedio, dunque, l’elica viene posizionata all’interno di un macchinario CNC per il taglio del metallo, che dopo un preciso allineamento tramite un sistema laser, in una serie di passaggi rimuove il materiale in eccesso e crea una superficie ragionevolmente liscia ed uniforme. Non al 100%, però: in quanto l’elica stessa, al termine dell’operazione, appare caratterizzata da una forma vagamente ondulata, piuttosto gradevole ed affascinante nell’aspetto. Il commentatore non entra mai nel merito, e dunque non è chiaro se si tratti di una funzionalità voluta che accresce in qualche modo le prestazioni del dispositivo. L’ultimo passaggio, invece, prevede chiaramente l’applicazione di uno strato di vernice protettiva, non dalla ruggine (come dicevamo i cuprallumini sono del tutto impervi ad essa) bensì dall’accumulo di alghe, mitili o altre incrostazioni di natura biologica, che alla lunga potrebbero degradare le prestazioni della nave.
Ciò che resta da fare, a questo punto, è solamente trasportare l’oggetto fino alla nave e montarlo su di essa. Una prassi che assai probabilmente, risulta anch’essa tutt’altro che elementare. Ma questa resta una storia misteriosa che verrà narrata in un altro giorno… Oppure, se davvero vi interessa, potreste acquistare l’intero episodio sul sito dello Science Channel!

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