Un’altra capra di Natale soccombe ai piromani svedesi

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La città da oltre 71.000 abitanti di Gävle, situata sul Mar Baltico in prossimità della foce del fiume Dalälven, è tra i luoghi più gradevoli da visitare nel freddo inverno dei paesi del Nord: la sua popolazione amichevole, il grande parco cittadino, il celebre museo nell’ex-prigione comunale ed il centro storico, costruito grazie agli introiti dell’industria mineraria del XV secolo, pieno di soluzioni architettoniche affascinanti e una fiorente industria del turismo. In particolare risulta celebre l’annuale festival musicale organizzato verso la fine di Novembre, con la partecipazione di artisti rinomati della regione, svariati dei quali originari proprio di questa fiorente municipalità. Gävle, tuttavia, ha un problema: ogni anno tra l’Avvento e il Natale, inevitabilmente, la sua capra gigante brucia. Non si tratta di una tradizione intenzionale, come quella di numerose feste di matrice pagana tenute in giro per il mondo in diversi periodi dell’anno. Ma si tratta piuttosto del gesto scriteriato, e molto probabilmente privo di una motivazione comune, portato avanti da gruppi sovversivi che a quanto pare traggono inspiegabile soddisfazione nel rovinare il frutto del lavoro e dell’investimento altrui. Anche quest’anno, per il 50° anniversario della Gävlebocken, la grande statua con scheletro di legno ricoperta interamente di paglia è stata eretta a Slottstorget, la piazza del castello e in prossimità della caserma dei pompieri, come solenne atto d’apertura delle celebrazioni in attesa del culmine delle festività. Ma questa volta siamo giunti a nuove vette d’inusitata crudeltà ed efficienza: nel giro di neppure 24 ore a partire dal suo allestimento il 26 novembre, mentre una delle due guardie pagate proprio per evitare imprevisti si trovava al bagno e l’altra era sul retro della capra, misteriosi sconosciuti si sono appropinquati di soppiatto, e con una rapida secchiata di accelerante, seguita assai probabilmente dal lancio di un semplice cerino, hanno dato il via all’ormai familiare deflagrazione fiammeggiante del grosso animale di fantasia. Con questo spiacevole episodio, siamo alla 36° capra che brucia a Gävle, tra l’apparente incapacità dell’amministrazione cittadina di garantire la sopravvivenza del fantoccio, smontato senza incidenti soltanto una dozzina di volte a partire dalla sua invenzione nel 1966. Qualche volta, in modo particolare se la distruzione avviene troppo presto durante le festività, la capra viene ricostruita con la materia vegetale che si riesce a trovare sotto natale, generalmente giunchi e canne. Ma quest’anno, a quanto si riesce a desumere dai canali social ufficiali, potrebbero mancare i fondi per farlo.
È una strana usanza che trae l’origine da ancor più strane circostanze, e che almeno all’apparenza, quasi nessuno avrebbe un vantaggio a portare avanti, almeno nel particolare modo in cui si verifica da tanti anni. L’incendio incontrollabile e imprevisto, tra l’altro, può costituire un pericolo per la popolazione. Innumerevoli tentativi sono stati fatti, nel tempo, per evitare il verificarsi del disastro, inclusi recintare la capra (1968) farla proteggere dall’esercito (1985) o da volontari (1990) sorvegliarla con videocamere (1996) e infine ricoprirla con le migliori sostanze ignifughe sul mercato, generalmente usate nel campo dell’aeronautica (2013) che tuttavia non si sono rivelate sufficientemente efficaci da impedire la combustione di quello che comunque rimane, a tutti gli effetti, un gigantesco covone d’erba secca nel centro della città. Sembra in effetti impossibile, volendo impedire il verificarsi del disastro, che nessuno abbia mai pensato di realizzare la capra in un diverso materiale. Ma il punto della capra di Yule, un caratteristico simbolo natalizio in uso in tutti i paesi scandinavi, è che essa sia fatta immancabilmente di paglia. Ed ogni variazione, la renderebbe sostanzialmente inutile allo scopo. Qualunque esso sia….

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Dal 1996, le webcam posizionate presso la Gävlebocken raccolgono la tragica testimonianza su video della sua costante, quanto improvvida dipartita. La totale combustione è talmente veloce, in genere, da non consentire l’intervento dei pur vicinissimi pompieri della città.

Le molte misure prese dunque, nonostante l’impegno dimostrato dalle istituzioni coinvolte, non si sono quasi mai rivelate sufficienti ad impedire il divampare della Gävlebocken, né altri eventi distruttivi di vario tipo. Ad esempio nel 1972 la capra crollò per ragioni ignote, nel 1976 fu colpita da un’auto, 1983 le sue gambe vennero distrutte dai bulli. Verso l’inizio di quel periodo (1971) l’organizzazione dei Mercanti del Sud della città, finanziatori dell’evento per due terzi a partire dall’epoca della sua inaugurazione ad opera di Stig Gavlén, addetto alle pubbliche relazioni ed Harry Ström, primo fornitore dei fondi necessari, decise di essersi stancata di veder distrutto il frutto del loro lavoro, e smisero di costruire la prima versione della capra per un periodo che sarebbe durato ben 10 anni, prima di interrompersi con un ritorno alla normalità. Nell’interregno, tuttavia, era subentrato con prontezza il club di Scienze Naturali della scuola di Vasa, che nel 1985 ottenne l’iscrizione nel Guinness dei Primati con la sua opera alta ben 12 metri, dando l’inizio ad un periodo di amichevole (e non tanto amichevole) competizione tra le due capre, inclusivo di cartelli posizionati dal club presso la capra con scritte come “Buon Natale a tutti tranne ai Mercanti del Sud” Menzione a parte meritano alcune casistiche recenti: come il turista americano che nel 2001 diede il via alla deflagrazione con il suo comune accendino da sigarette, dopo essere stato convinto dai locali che bruciare la capra fosse una stimata, e del tutto legale tradizione. Oppure la volta in cui nel 2005, due uomini misteriosi, vestiti rispettivamente da Babbo Natale ed Uomo di Marzapane, distrussero la capra con frecce infuocate dall’altro lato della strada. Oppure i fatti ancor più strani del 2010, per cui una delle guardie giurate ricevette la proposta in forma anonima di un gruppo di ignoti, che gli avevano offerto 50.000 krona svedesi (l’equivalente di oltre 5.000 euro) per voltarsi dall’altra parte e far finta di niente, mentre un elicottero sollevava letteralmente dal terreno la capra e la rapiva, per portarla a quanto pare in una misteriosa destinazione presso la città di Stoccolma.

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In questo strano video del 2013 pubblicato da un gruppo che si autodefinisce Fragglarna, dal nome di un celebre programma Tv per bambini con le marionette, potrebbe mostrare in prima persona l’episodio dell’incendio di quell’anno. Tutti i volti sono stati coperti, per ovvie ragioni.

È un atto ingiustificato ed inutile, dunque, nonché assolutamente degno di condanna. Eppure c’è una remota radice folkloristica, nel suo continuo ripetersi, che potrebbe nascondere solide basi culturali. Vi siete mai chiesti, a tal proposito, perché nel Nord Europa l’animale cornuto da fattoria per eccellenza sia considerato un simbolo del Natale? Ovvero perché lì, ma non altrove? Secondo alcune teorie, l’origine andrebbe ricercata nelle figure di Tanngrisnir and Tanngnjóstr, le due capre mitologiche che trainavano il carro di Thor, figlio di Odino, e che lui aveva l’abitudine di macellare ogni sera, per nutrire se stesso e i suoi compagni durante il viaggio, per poi resuscitarle al termine del banchetto a partire dalla sola pelle e le ossa, grazie al potere del suo martello sovrannaturale. Se non che ad un certo punto Thjálfi, il figlio di un agricoltore che lo stava ospitando, fece l’errore di succhiare il midollo da un femore di capra durante il pasto, rendendola lievemente zoppa da quel particolare momento. Affronto per compensare il quale, il dio del tuono prese il giovane e sua sorella Röskva come suoi servitori, ruolo che avrebbero ricoperto per tutte le saghe a venire. Le magnifiche capre, che nonostante i problemi si diceva “scuotessero le montagne” e “lasciassero scie di fuoco” sulla terra che toccava i loro sacri zoccoli, nel corso dei secoli mutarono nell’immaginario popolare, diventando un simbolo di qualche cosa di totalmente diverso. L’originale figura storica che ispirò il Babbo Natale di matrice cristiana, il vescovo San Nicola di Bari, era spesso raffigurato con una capra al suo fianco e un servitore di colore, figure che simboleggiavano il suo dominio sul demonio secondo i criteri di allora. Ancora oggi, in Finlandia, tale barbuta personificazione delle festività, latrice di regali, viene chiamata Joulupukki (capra di Natale) nonostante l’aspetto di un umano in età pensionistica, e si crede che il suo fedele animale visiti di nascosto le abitazioni dei fedeli, per verificare che tutte le preparazioni del caso siano state correttamente effettuate. Una simpatica usanza prevede nel frattempo in Svezia che si nasconda una piccola capra di paglia nell’abitazione dei vicini, i quali trovandola entro il 25 di dicembre, dovranno riuscire a fare la stessa cosa a casa di qualcun altro. In questo modo lo sguardo del quadrupede non mancherà di rilevare il comportamento di eventuali bambini indisciplinati. Ma sia chiaro: la genesi del gioco resta sempre quella, della creatura naturale eternamente sacrificata dagli Æsir norreni, che rinasce dalle sue ceneri per quindi morire ancora, e ancora, fin da qui all’eternità. Esattamente come gli eroi del Valhalla, gioiosi di sacrificarsi nell’eterna e feroce battaglia, che avrà fine solamente con il Ragnarok, l’apocalisse ed il crepuscolo degli dei. Almeno in tutto questo, ci rimane un’imprescindibile certezza: entro la fine del 2017, questa grande capra tornerà.
Almeno che il lupo nero Fenrir non si svegli dal suo letargo millenario, con la bocca spalancata ad ingoiare il Cielo, il Sole, la Luna e le Stelle. Ma credo che a quel punto il centinaio di krona necessarie a ricostruire il monumento di Gävle saranno diventate l’ultimo dei nostri problemi. Staremo tutti costruendo l’astronave interstellare, oppure nascosti nei rifugi sotterranei, intenti ad ubriacarci con il glögg.

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