Prima del moderno perfezionamento dell’intelligenza artificiale e l’introduzione della grafica tridimensionale calcolata in tempo reale, ciò che caratterizzava ciascun particolare ostacolo nei videogames era un diverso tipo di movimento predeterminato: da destra verso sinistra sullo schermo (una freccia? Un missile? Una palla di fuoco?) Dall’alto verso il basso (una stalattite? Un incudine? Un falco in picchiata?) e così via… Fra tutte le diverse possibilità, ricorreva poi alquanto spesso il tema della “cosa” che fuoriesce dal pavimento. Questo ruolo veniva generalmente occupato un mostro misterioso, del quale persino il manuale d’istruzioni si limitava a dare una descrizione piuttosto vaga. Talvolta insettile, spesso simile ad un ragno, più raramente robotica o comunque di metallo, la creatura presentava sempre un aspetto del tutto imprescindibile: piuttosto che colpire, afferrava. Il che voleva inevitabilmente dire, nel mondo delle tre vite concesse ad ogni inserimento di gettone nel bar, l’immediata (ennesima) dipartita del personaggio principale. Ora chiunque abbia mai approfondito l’argomento, dovrebbe sapere molto bene come il media digitale interattivo, fin dalle sue origini, abbia tentato d’imitare la natura. E per quanto concerne un certo tipo di giochi a scorrimento, ovvero gli sparatutto nel senso classico ambientati spesso nello spazio, l’ispirazione effettiva è sempre stata data dalle profondità azzurre dell’oceano sconfinato. Nel quale, tra i tanti organismi predatori che afferrano le cose di passaggio, c’è n’è uno che spicca per il fascino estetico e le notevoli doti innate. La sua letalità estrema, del resto, ricorda molto da vicino quella di un mostro finale della serie R-Type. Il suo nome è gambero mantide (ordine: Stomatopoda) ma potrebbe altrettanto essere chiamato gambero Ninja Gaiden o gambero Assassin’s Creed.
Per definirne in termini d’assoluta immediatezza le terribili capacità, vorrei provare a riassumerle in un singolo suono. Penetrante e ripetuto, come il battito di un martelletto da calzolaio sulla suola di un stivale privato di suola: TAP-TAP, TAP-TAP. Immaginate, da acquaristi ovvero proprietari di un recipiente per pesci con tutti i crismi, di svegliarvi la notte con questa sensazione che stia per succedere qualcosa di terrificante. Per raggiungere immediatamente il salotto buio, dove alquanto stranamente, vi riesce di scorgere un fievole scintilla; TAP-TAP, eccola di nuovo! È lui non c’è dubbio, può essere soltanto lui. Luce accesa, occhi spalancati per scorgere l’imprevista verità: tra le rocce vive che avete acquistato per dare un habitat più variopinto ai vostri amici pinnuti, dovevano esserci delle uova. Nascosto nella sabbia del fondale, quindi, il mostro è cresciuto, afferrando qualche piccolo pesce di passaggio di cui nessuno avrebbe notato l’assenza, fino a raggiungere misura tutt’altro che trascurabile di 10, 15, forse addirittura 20 cm. Ed ora… Infastidito dalla sensazione di prigionia…Sta BATTENDO sul vetro dell’acquario. TAP-TAP-CRAAK! Con un suono stridente, all’improvviso, si forma la prima crepa. Acqua copiosa inizia a spargersi sul parquet! I due occhi sferoidali in equilibrio su altrettanti peduncoli sembrano focalizzarsi su di voi. Sottolineando l’intenzione, l’animale inclina lievemente la testa di lato. Quindi batte ancora, per l’ultima volta.
Sembra una leggenda metropolitana ma fidatevi, non lo è affatto: questi artropodi possono rompere il vetro degli acquari. Proprio per questo, nonostante la bellezza degli stomatopodi che può raggiungere vette estreme, soprattutto nel caso di specie come il gambero mantide pavone (Odontodactylus scyllarus) dai molteplici colori, l’effettiva addomesticazione di simili animali risulta nei fatti piuttosto rara. Aggiungete poi il problema che tutti questi esseri sono carnivori, nonché dei voraci predatori in grado di far piazza pulita di pesci anche molto più grandi di loro, e comprenderete perché sia molto meglio non avere nulla a che fare con loro. Ci sono casi registrati di sub esperti, che muovendosi per i fatti loro in un qualsivoglia recesso degli oceani tropicali e temperati, hanno inavvertitamente disturbato la tana di un gambero, ritrovandosi tagli sanguinanti sulle mani o gli avambracci colpiti. La ragione è da ricercarsi nel temibile secondo paio di appendici toraciche del crostaceo in questione, che non a caso presentano una forma ed articolazione del tutto simile a quella delle mantidi religiose. Con la sottile differenza che invece di essere fatte di un lieve e delicato esoscheletro chitinoso, tali artigli sono rinforzati da uno speciale composto mineralizzato di carbonio e magnesio, in grado di resistere all’urto con i più solidi involucri di conchiglia. O strati rinforzati di vetro.
Esistono, nei fatti, due tipi di stomatopoda, diversi nella struttura e le abitudini alimentari: quello di cui abbiamo parlato fino ad ora è l’insieme formale degli smashers (martellatori) i cui artigli sono costruiti sostanzialmente come una mazza e appesantiti per quanto possibile, al fine di facilitare l’annientamento delle corazze naturali portate da tante specie di molluschi e crostacei rivali, come granchi, lumache ed ostriche dei fondali. L’altra tipologia, definita chiamata degli spearers (infiocinatori) presenta braccia raptoriali più affusolate e lunghe, concepite per agguantare ed immobilizzare la preda. Sono questi ultimi quelli più simili alle effettive mantidi di superficie, con la sola differenza che invece di nutrirsi di insetti volanti, essi afferrano senza nessun tipo di pregiudizio pesci ed altri gamberi di passaggio. In entrambi i casi, il gambero può colpire a una velocità impressionante, arrivando ad essere non soltanto in proporzione, ma proprio nei fatti il più veloce aggressore del regno animale. Nel caso dei martellatori sono stati registrati pugni vibrati ad una velocità di 23 m/s, per 10.400 g di accelerazione da una posizione di riposo. Una prestazione talmente efficiente, da giungere a generare un’onda di cavitazione simile a quella di un’esplosione, che nei fatti colpisce la vittima una seconda volta, con una forza inferiore ma comunque difficile da ignorare. Per ogni attacco vibrato, dunque, è come se il gambero colpisse due volte. Ed a quanto si dice sarebbe proprio detta bolla, nel momento del suo collassare, a generare una piccola quantità di luce, percettibile impiegando strumenti di alta precisione ma che a quanto ne sappiamo, non dovrebbe avere alcuna funzionalità evolutiva.
Tutt’altra storia, rispetto alla vera seconda arma del gambero mantide, ovvero i suoi occhi. Un altro aspetto che basterebbe a porlo pienamente al di fuori dalla combriccola dei crostacei, visto che si tratta degli organi di vista più avanzati e complessi del pianeta Terra. Proprio così, sono molto più efficienti e precisi persino dei nostri! E questo nonostante la loro piccolezza. Orientabili liberamente in ogni direzione come quelli del camaleonte, essi presentano una caratteristica struttura con tre fasce ciascuno, ognuna delle quali dotata di una pupilla e specializzata in una mansione differente: rilevare gli ultravioletti, scorgere i movimenti ultra-rapidi e filtrare i colori. Un singolo occhio del gambero, dunque, è già intrinsecamente dotato della percezione della profondità. Gli straordinari organi sono inoltre dotati di 16 tipi di cellule a cono, contro i tre dell’occhio umano, riuscendo conseguentemente a percepire una quantità molto maggiore di colori. Recenti studi hanno dimostrato come il gambero riesca a identificare la luce riflessa per quanto minima e persino le onde polarizzate con un waveplate, uno strumento in grado di dare alle particelle fotoniche un movimento di tipo circolare. Questa dote sarebbe utile in diversi casi per comunicare con i suoi simili o una potenziale compagna, grazie a particolari piastre dell’armatura del piccolo predatore, che rimandano indietro la luce in un modo visibile soltanto dagli altri appartenenti alla stessa specie.
Alcuni appartenenti all’ordine degli Stomatopoda sopravvivono anche nel nostro Mediterraneo, benché non siano particolarmente diffusi e si tratti, in determinati casi, di specie protette. La tipologia più comune, di cui è ad ogni modo consentita la consumazione, risulta essere la Squilla mantis, volgarmente definita cicala di mare o con una fantastica variazione di termini dialettali tra canocchia, pannocchia, canoccia, sparnocchia o cannocia, a seconda delle regioni della penisola nostrana che scegliamo di prendere in esame. Da noi, questi animali vengono spesso catturati con le reti a strascico benché la loro rilevanza economica sia modesta, e si usano per condire una grande varietà di zuppe di pesce, tra cui il caciucco alla livornese. I gamberi mantide sono molto amati anche nella cucina dell’Estremo Oriente, dove si consumano in Giappone, Vietnam, nelle Filippine, in Cina e in particolare a Canton, dove il loro soprannome è lài niào xiā (gambero “pisciatore”) per la tendenza a rilasciare un lungo getto d’acqua nel momento della cattura. La preparazione preferita, nell’ultimo dei luoghi citati, prevede la frittura con abbondanti dosi d’aglio e peperoncino.
Mangiare o venire mangiati, distruggere o perire: da un certo punto di vista, questo resta l’unico fato di ogni specie vivente. Così come avveniva, nelle periferie belliche del consorzio umano, ai praticanti delle arti oscure di assassinio, ovvero i ninja notturni in missione segreta. Dei quali, la maggiore forza era proprio che il nemico non conoscesse l’effettivo armamentario: quali armi, quale coppia di sotterfugi… La spada e la cerbottana? Il coltello da lancio e la balestra? Il travestimento e il veleno? Due spade, due balestre, due veleni? Ed allo stesso modo per il gambero, sarebbe difficile definire l’elemento dominante tra la coppia di artigli, la coppia di occhi, o in un diverso metodo di contarle, semplicemente gli artigli (prima arma) e gli occhi (seconda arma). Oppure potremmo analizzare la questione più da lontano, e dire che si tratta di mazza (prima arma) e falce gigante (seconda arma). Ma forse sarebbe meglio dire che tutto il crostaceo è pericoloso e finirla semplicemente lì. A questo punto sarebbe difficile riservargli alcun tipo di rancore. Se una cosa è FATTA per uccidere…