L’abbiamo sempre fatto, tu ed io. Questa cosa d’incontrarci sui sentieri della vita e dimostrare chi è il più forte, per rivivere le grandi sfide del passato, vestendoci di luce e del tessuto della cappa degli eroi: Ulisse alle Termopili, Achille a Gaugamela. Cesare tra i colli di Agincourt. E Zorro che si lancia all’arrembaggio, scavalcando la murata del galeone del pirata Barbanera sulla Senna, mentre il carcere della Bastiglia trema per le rimbombanti cannonate all’uranio impoverito. Non più bambini, quindi, siamo diventati più sofisticati. Lasciato il ramo cruciforme, o quel righello piatto come una katana, le nostre spade sono diventate più sottili e immaginarie, eppure nondimeno, terribili e taglienti. Come raggi laser. Parole che trafiggono, pensieri che separano, gesti appartenenti al lato oscuro della Forza e della Luna. “Non guardare alle apparenze: quella è una stazione spaziale, giovane Skywalker…” Così come la gente, specie se si guarda più lontano dei propri confini quotidiani, che non è tutta fatta nello stesso modo. Al punto che qualcuno, crescendo, quella scherma che era un gioco ha poi deciso di studiarla. E approfondirla, finché non si è trovato… Ecco a voi la scena: uno scarno corridoio del castello di Kurovice in Moravia, struttura fortificata risalente al XV secolo che è sostanzialmente un grosso cubo, un tempo appartenuto alla nobile famiglia dei Vrchlabsky, prima che venisse trasformato in un museo. Il che non significa, del resto, che i giorni della guerra siano terminati. Mentre il suono del cozzare viscerale, sferragliante e indubbiamente fastidioso, ancora si ode a rimbalzare tra i pilastri degli ambienti privi di riscaldamento. A mostrarcelo, nel nostro caso, ci pensa la semplice telecamera, coadiuvata da un montaggio rapido e più instabile di un film di Jason Bourne, secondo i dettami di un metodo registico molto “contemporaneo” e “appassionante”. Ma se tutto questo fosse vero, e se noi fossimo delle mosche di passaggio, quello che i nostri occhi vedrebbero sarebbe l’ora di un confronto al primo e ultimo sangue (alfa ed omega, la perdizione) tra due uomini determinati a fare fuori l’aspro rivale. Le circostanze non lasciano alcun dubbio: siamo dinnanzi al rituale del duello, un confronto per difendere il prestigio dei propri nomi. Benché portato avanti, guarda caso, da due membri dell’associazione della Repubblica Ceca Adorea Olomouc, dedita alla pratica delle HEMA (Historical European martial arts) e rinomata su Internet per la proposta di un canale video le cui coreografie di combattimento rivaleggiano col meglio del cinema internazionale.
Lo scenario, di per se, risulta già piuttosto insolito. Perché non si è forse mai verificato, nella storia di simili prassi sanguinarie, che due contendenti si siano affrontati in assoluta solitudine, impugnando armi sovradimensionate come una longsword. La famosa spada “da una mano e mezza” o come usavano chiamarla già in quell’era, lama bastarda, perché concepita per usi multipli e sostanzialmente diseguali. Vuoi disarcionare un nemico a cavallo? Perfetto, vibra il colpo alla sua massima estensione, come se stessi usando lo strumento di una falce. Occorre perforare un’armatura? Niente di più semplice, basta posizionare la seconda mano sul ricasso (parte non tagliente della lama) e trasformare il simbolo del proprio onore in una volgare picca, sulla cui efficacia ben pochi oserebbero sollevare dei dubbi. Ma se c’è l’improvvisa necessità, più o meno oggettiva, di far fuori un avversario in abiti civili, ecco, non è che manchino strumenti più efficaci. Proprio per questo, a partire dal XVII secolo, nacque la spada all’italiana o striscia, che gli anglofoni chiamano rapier, concepita per saettare rapida verso i punti vitali di un qualsivoglia corpo umano. Difficilmente, con un attrezzo ponderoso come quello usato dai due figuranti della presente scena, si sarebbe potuto raggiungere un simile grado d’efficienza. Ma prima di allora, tutto era possibile. Anche che due soldati mercenari dell’Europa Centrale, magari dei lanzichenecchi innamorati della stessa donna, si sfidassero impiegando lo strumento con cui avevano maggiore familiarità. Senza ricorrere al vestito corazzato, perché ciò non tollerava il senso di una simile tenzone, ma soltanto ben vestiti per andare all’aldilà. Con tanto di vistosa braghetta per tenere in vista i gioielli genitali nel caso del guerriero in pantaloni verdi, ma soltanto (?) perché ciò esigeva la moda dell’epoca. Cosa non si farebbe, per apparire storicamente corretti…
A giudicare da una rapida scorsa dei contenuti proposti al pubblico, gli Olomouc sembrerebbero essere un gruppo di praticanti della scherma storica sperimentale, caratterizzati da forti interessi rivolti al mondo del cinema di genere. In particolare, una buona parte dei loro video si presentano come spezzoni dalla verve spiccatamente cinematografica, con tanto di vertiginosi primi piani e giochi d’espressioni truci in pieno stile Sergio Leone. Ma quello che colpisce maggiormente è l’effettivo stile della lotta, tanto rapida e realistica da far sospettare, occasionalmente, che i contendenti si stiano effettivamente facendo piuttosto male. Un po’ come nel wrestling all’americana: tutto finto, ma… Prendi ad esempio questa sequenza realizzata nel corso dell’ultimo anno dei nove di attività del canale, in cui una versione barbuta dello spadaccino in nero e marrone del video d’apertura affrontava un altro collega, questa volta in un contesto più variopinto e credibile con tanto di arbitro della tenzone, membri della corte ed un prezioso tocco femminile. Di una fanciulla che tecnicamente non dovrebbe trovare posto nell’amletica vicenda ispiratrice, visto che Ofelia a quel punto era già morta, e la regina Gertrude apparteneva ad un’altra generazione. Ma per il resto, nulla da eccepire: i due contendenti il principe di Danimarca e Laerte, il figlio del ciambellano ucciso da quest’ultimo, si affrontano impiegando uno stile a due mani, che accoppia l’impiego della spada da lato a quello di una main-gauche o manosinistra, il coltello maneggevole da usare per le parate. Un attrezzo non più permesso nella scherma moderna, ma che anticamente veniva sfruttato per deviare e intrappolare la lama del nemico, mediante l’impiego della sua forma simile a un forcone, talvolta coadiuvata da indentature sulla lama, che potevano arrivare a spezzare l’altrui filo tagliente. In determinati casi, l’arma in questione assumeva l’aspetto di un vero e proprio piccolo tridente, benché in quel caso la sua maneggevolezza ne uscisse in qualche maniera diminuita. Nel confronto in questione, che per quanto ne sappiamo potrebbe svolgersi all’interno di una qualsivoglia altra fortezza o villa della Moravia, l’arnese si rivela ad ogni modo estremamente utile, in un crescendo di piroette piuttosto realistiche e feroci affondi, benché alla fine non si giunga ad un’effettiva risoluzione del duello. Il che è un problema, perché ci lascia con il dubbio su quale dei due stesse interpretando, in effetti, lo sfortunato principe Amleto.
Tutti i siti e la maggior parte dei materiali prodotti a proposito dell’opera continuativa del gruppo Adorea Olomouc risultano essere, purtroppo, in lingua cecoslovacca. Diventa quindi difficile approfondire la loro effettiva storia professionale e conoscere la piena portata delle attività. Da un rapido passaggio di Google Translate sul portale ufficiale, ad ogni modo, si apprende che l’associazione riveste un ruolo primario nell’organizzazione dell’annuale e rinomato festival di storia medievale del castello in rovina di Helfštýn, presso la città di Přerov, nella parte centrale della Moravia. L’evento, collocato nel mese di maggio, prevede una ricca selezione di esibizioni, eventi divulgativi, “danzatrici esotiche” e musica storica, il tutto accompagnato naturalmente da banchi alimentari con specialità tipiche della regione. Sono ammessi i cani. A chi volesse pianificare il proprio viaggio e la visita consiglio di informarsi presso il sito del castello, che per fortuna presenta una sezione in inglese, benché non sia completa ed esaustiva quanto quella in lingua originale.
Il che potrebbe certamente definirsi un peccato, visto come la disponibilità di reali praticanti delle antiche arti guerresche sia sempre sostanzialmente inferiore alla richiesta, come si può facilmente desumere dalle coreografie non proprio eccelse di alcune tra le più rinomate produzioni cinematografiche e televisive. Personalmente credo che se gruppi come questi, attivi sopratutto su scala nazionale, iniziassero a promuovere le proprie attività nel mondo attraverso Internet, tutta l’industria dell’intrattenimento ne trarrebbe notevoli vantaggi. Ma non è sempre facile decidere di fare il grande passo. Specie dal punto di vista di chi, fin da piccolo, ha praticato le arti (della guerra) soprattutto per passione.