Scenario: l’immediato periodo successivo al termine della seconda guerra mondiale. In un mondo stanco e ferito, sostenuto da un senso di latente sollievo, provato nell’anima ma lieto di voltare finalmente pagina, l’economia e l’industria cominciavano a tornare lentamente sul binario principale. E tutte le industrie, da Oriente ad Occidente, che per tanti anni avevano prodotto soltanto aeroplani o carri armati, avrebbero fornito gli strumenti stessi per cercare la normalità. Niente più cannoni ma tegami, aratri al posto dei fucili ed i motori potenziati dell’ultima generazione, vincitori di campagne combattute fino all’ultima goccia di carburante, che per la prima volta si trovavano applicati in ambito civile, servendo a svolgere mansioni maggiormente edificanti. Il che non significa, del resto, che le fabbriche di munizioni avrebbero dovuto chiudere del tutto. C’era, dopo tutto, ancora la necessità di andare a caccia, ed esisteva pure un certo di tipo di agricoltore. Il quale i propri colpi, li sparava col trattore. Anzi, DENTRO il trattore. E non soltanto perché il gesto risultava… Straordinariamente divertente!
Il particolare approccio era mutuato anch’esso, guarda caso, dall’ambito dei mezzi militari: perché all’epoca non c’era proprio niente di meno pratico, ponderoso e inaffidabile, che un sistema d’accensione elettrica, che richiedeva grosse batterie da mantenere cariche grazie ad attrezzature specializzate. Mentre il metodo dell’avviamento per inerzia, tramite l’impiego di un volano con o senza la stereotipata manovella, risultavano ingombranti, lenti e faticosi. Provate, a tal proposito, a vedere la questione dalla prospettiva degli anziani, che per anni avevano dovuto mantenere attivi i campi, mentre i loro figli, generi e nipoti, combattevano sui fronti più lontani e disperati. Uomini dai molti anni e qualche volta le afflizioni dell’età, piegati dolorosamente, per roteare il meccanismo ancòra e ancòra, finché a un certo punto finalmente l’accensione del veicolo giungeva a compimento. Così quando nel 1945 la Marshall, Sons & Co. di Gainsborough, nel Lincolnshire inglese, uscì sul mercato col suo ultimo e più rivoluzionario modello di veicolo agricolo, lo fece dando la più alta rilevanza pubblicitaria ad una particolare, fantastica funzione: il sistema di avviamento con cartuccia di fucile. Per cominciare la giornata di lavoro con un solo gesto, in pochi attimi, e passare subito al paragrafo più rilevante. Osservare con ammirazione, oggi, una simile prassi desueta, può sembrare un mero passatempo nostalgico. Ma la realtà è che il funzionamento di questi motori a diesel, tanto diversi da quelli attuali, potrebbe offrire un utile metro di paragone, per cercare nuove strade evolutive, potenzialmente meno problematiche o inquinanti.
A spiegarci il funzionamento del miracoloso meccanismo, ci pensa l’agricoltore veterano Pete, orgoglioso proprietario di un modello Field Marshall tirato a lucido fin quasi alle condizioni del nuovo, in questo video all’apparenza girato durante un qualche tipo di concorso per veicoli di un altro tempo, probabilmente tenutosi nel 2011 in un luogo d’Inghilterra. Il tutto ci giunge grazie al nostro relatore John Finch, autore e cameraman del video, che ci fa notare di aver “saputo porre le domande giuste al momento giusto” complessa operazione che lui definisce non senza ironia il “punto primo” dell’intera procedura. Mentre è ciò che viene subito dopo, a catturare l’attenzione e l’immaginazione…
Il Field Marshall, che prende il nome da una fortuita vicinanza semantica tra il cognome dei produttori ed uno dei gradi di generale più alti negli eserciti di tutto il mondo (in più, field vuol dire campo, per cui…) era un mezzo privo di complicazioni eccessive, ma anche di molte delle facilitazioni che oggi diamo per scontate nei nostri rapporti coi veicoli a motore. Prima ancora di cominciare il processo di avviamento, dunque, era necessario introdurre nell’apposito alloggiamento frontale un pezzo di carta speciale intrisa di nitrato di sodio, finalizzata a fornire la scintilla necessaria per indurre il moto del singolo grosso cilindro a due tempi del trattore, con approssimativamente 6 litri di capacità. Questa particolare configurazione era piuttosto usuale all’epoca nei mezzi europei, mentre negli Stati Uniti veniva già preferito un allestimento con pistoni multipli montati in parallelo. Una volta avvitato in posizione lo stoppino, quindi, l’utilizzatore aveva due opzioni, in una scelta che risultava in effetti piuttosto rara nei mezzi militari precedenti. Era possibile azionare manualmente la rotazione del motore, attraverso una grossa manovella rimovibile, inducendo la pulsazione della valvola di decompressione e quindi agevolando la combustione del diesel, come di consueto indotta dall’incremento della pressione all’interno del cilindro. Oppure, se si voleva partire subito e senza fatica, era possibile scegliere la stessa strada impiegata e dimostrata dal buon Pete: svitare il coperchio di un’apertura sul lato del macchinario, per arrivare al foro della larghezza esatta di un fucile a canna liscia (lo shotgun, per usare il termine globalizzato) ed introdurvi una cartuccia caricata a salve. La Marshall ne produceva, ovviamente, un modello concepito ad hoc, ma non vedo alcuna ragione per cui un’altra dall’impiego convenzionale, una volta rimossi i pallini per ovvie ragioni, non avrebbe dovuto servire perfettamente allo scopo. Una volta verificato che il motore si trova ben centrato in posizione TDC (Top Dead Center) il proprietario non dovrà quindi far altro che richiudere l’alloggiamento, prendere un pratico martelletto e percuotere con forza nell’esatto punto designato, inducendo lo sparo del colpo dentro un’apposita canna e dritto nel cilindro, bypassando così qualsiasi necessità di far partire manualmente il pesantissimo volano. Con un fragoroso scoppio, dunque, il trattore partiva così, nel tempo di un singolo battito di ciglia. Va comunque notato che lo stress meccanico era maggiore dell’altro sistema, e a medio termine dei depositi di carbone tendessero ad intasare e bloccare il meccanismo, richiedendo una costante pulitura.
Si dice che i militari abbiano, in media, tecnologie più avanzate di 10 o 15 anni rispetto a quelle del mondo civile il che significa, in ultima analisi, che talvolta dal primo ambito filtra qualcosa, inducendo un improvviso cambiamento nelle aspettative del grande pubblico in attesa. E certamente, l’uscita e l’inizio dell’esportazione del Field Marshall, costituì esattamente questo per molte persone, proprio in quel periodo in cui ci aveva la possibilità, era estremamente propenso ad investire sul futuro. Il sistema di avviamento con cartucce, tra l’altro, era tutt’altro che sconosciuto in Inghilterra, dove aveva trovato l’impiego tra le altre cose proprio nei famosissimi caccia Supermarine Spitfire, i difensori delle coste dalla furia e i bombardamenti della Luftwaffe tedesca. Anche perché in campo aeronautico, era particolarmente desiderabile la rimozione del volano e delle batterie, come ausilio alla riduzione di peso del velivolo. Esistevano diversi produttori di questa tipologia di starter, di cui il più famoso resta certamente la compagnia Coffman, che notoriamente lo forniva alla maggior parte dei mezzi statunitensi forniti di motore radiale. Un altro marchio celebre era il Breeze. Questo particolare sistema di avviamento, tra l’altro, comparve nel famoso film del 1965 con James Stewart, Il volo della fenice, in cui alcuni passeggeri di un aereo precipitato nel mezzo del deserto libico, alcuni dei quali rispondenti a specifici stereotipi nazionali, devono impiegarne le componenti per costruirne uno più piccolo e tentare di salvarsi. Così che nell’epico finale fu proprio la quantità limitata di cartucce di fucile a disposizione ad introdurre un ulteriore elemento di suspense, nonché l’ultimo e più delicato ostacolo affrontato dal cast.
Mentre nel caso del trattore Marshall, come sua prerogativa, il volano è comunque presente, e l’avviamento tradizionale dei vecchi motori a diesel resta pur sempre possibile, se ritenuto necessario. Il che costituisce, forse, la lezione più importante che possiamo apprendere da una simile creazione ingegneristica del passato: l’utilità della ridondanza. Offrire all’utilizzatore non soltanto un modo per risolvere un problema, bensì una pluralità di questi, ovvero almeno due, da scegliere a seconda delle proprie condizioni fisiche, la propensione personale e lo stato ambientale circostante. Pensate, per dire, ad una futura visione del motore ibrido, in cui il mezzo possa trarre l’energia motoria, volta per volta, dal Sole, dall’idrogeno, dal carburante fossile o dal vento… Tutti assieme, oppure perché no: soltanto nelle quantità e varietà desiderate. Se la scelta non dovesse essere fatta a priori, ed eliminando il rischio di ritrovarsi bloccati lontano da casa per mancanza di prese di corrente a portata di mano, credo che molte più persone sceglierebbero di utilizzare un silenzioso e rapido motore elettrico. Il che sarebbe un’ottima cosa. A patto di produrre detta energia nella più corretta delle maniere.
Mio suocero aveva un Ursus 40 38 cv 45 q.li di peso costruzione Italtractor con modifica accensione a cartuccia, addirittura non trovandole più in commercio le realizzava da sé con una cartuccia da caccia cal 16 inserita dentro una cal 12,
Non avendolo mai visto all’avviamento non se comunque doveva scaldare la testa o se faceva tutto lo scoppio della cartuccia ( calore + spinta).