Quella volta in cui un caccia atterrò sopra una nave container

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Quando sei abbastanza disperato, tutto può sembrarti una portaerei… Vedi il caso in cui la gloriosa HMS Illustrious, punto di partenza per l’esercitazione indetta dalla NATO, pare essersi volatilizzata alla maniera dei vascelli fantasma, ed a te restano, si e no, cinque minuti di carburante. “Se tiro questa leva, sarà la fine.” Aveva pensato cupamente il sottotenente Ian Watson detto Soapy, poco più che 25 anni d’età nel 1983, mentre compìva un altro giro come un condor affamato attorno al grosso scafo da trasporto, che aveva avvistato per un mero colpo di fortuna, lungo uno dei corridoi marittimi più usati per gli scambi commerciali a largo del Portogallo. Ed al quale aveva già chiesto, via radio, di inviare una scialuppa a salvarlo. Certo, il seggiolino eiettabile del BAE Sea Harrier era un dispositivo costruito all’assoluto stato dell’arte, in grado di salvare la vita del pilota (ed i soldi investiti nel suo costoso addestramento) anche in caso di utilizzo al livello del terreno, una caratteristica definita in gergo zero-zero. Ma lui era pienamente cosciente, assieme a tutti gli altri allievi del suo corso, di come il suo impiego costituisse la fine quasi certa di qualsiasi carriera: perché il considerevole stress d’accelerazione a cui veniva sottoposto il fisico dell’utilizzatore, generalmente, comprimeva in modo irreparabile le colonna vertebrale, rendendo potenzialmente rischioso un successivo utilizzo. Inoltre, saltare in mare comportava il rischio sempre presente di non essere trovati in tempo. C’era poi il “piccolo” dettaglio dei 13 milioni di sterline, costo unitario del velivolo affidatogli dal comando centrale, a torto o a ragione visto ciò che stava per succedere. Ma lui, l’aveva giurato a se stesso ed al cielo: “Io non ti abbandonerò. Fino all’ultimo gallone!”
Quindi, più o meno calmo mentre ogni luce e spia dell’abitacolo tentava di trasmettergli un senso estremo d’urgenza, aveva fatto mente locale sullo spazio orizzontale formato da un enorme container posto al centro della nave sottostante, di forma pressoché quadrata, e misurante uno spazio ragionevolmente simile a quello delle piattaforme da eliporto usate durante il suo addestramento sul caccia Sea Harrier, probabilmente il più celebre, ed efficace aereo militare VTOL del mondo. “Io posso… Posso farcela!” Come un mormorio vagamente udibile, mentre quell’unica interruzione nella distesa di un mare quasi immobile e del tutto uniforme, rapidamente scompariva sotto il muso dell’aereo, e il rombo ritmico del motore iniziava a diminuire d’intensità, e le ruote del carrello, coi freni rigorosamente tirati, si avvicinavano gradualmente allo spiazzo metallico sottostante. Piano, piano… Finché, d’un tratto…L’atteso CLANG, seguìto da un senso di profonda soddisfazione, seguìto a sua volta dal più puro e orribile terrore: “Si, si, no, nooo!” Una mano che batte sul casco per la rabbia, mentre l’altra prendeva ad armeggiare furiosamente con il sistema di apertura della cabina. Dritto davanti a se, proprio di fronte alla cupola del proprio cockpit, Soapy scorse la plancia di comando della nave, dove un uomo, forse il capitano, lo fissava a bocca aperta e con un’espressione indecifrabile ma preoccupata. Il fatto è che la mattina di quel giorno, aveva piovuto. Ed ora l’intera superficie dei container della Alraigo, nave da trasporto battente bandiera spagnola, erano bagnati e sdrucciolevoli. Così l’Harrier Jet, coi motori ormai spenti e privo della capacità di riaccenderli di nuovo, stava scivolando in modo inesorabile verso il bordo del suo piano di sostegno, apparentemente allineandosi per un glorioso tuffo tra le onde dell’acqua gelida e salmastra: “Se questo arnese supera i 45° d’inclinazione, o arriva addirittura a girarsi, non potrò più eiettarmi in alcun modo. Allora sarò morto, morto…” Pensò lui, senza ancora tirare la leva. E i secondi continuarono ad accumularsi, e la coda dell’aereo ad abbassarsi, mentre il cielo pareva farsi più vicino assieme all’occasione di rivivere la scena finale del film Titanic (quello del ’53 con Clifton Webb, naturalmente. Di Caprio aveva 9 anni.)
Ma come sempre capita mentre l’epilogo più orribile pare ormai dominare l’intero firmamento del Destino, proprio mentre l’aereo e il suo pilota stavano per fare un salto al di là della murata dell’imbarcazione, l’inesorabile discesa all’improvviso si arrestò. Con un suono improvviso di lamiere contorte e vetri rotti: Deus Ex Machina. Parcheggiato accanto al container, proprio in mezzo al ponte della nave, c’era un grosso furgone per le consegne. Che accartocciandosi ad arte, si era trasformato nel sostegno della coda del jet. La sua metamorfosi, in quell’epico momento, parve un dono di Mercurio stesso, nume tutelare di chi vola per mestiere o divertimento…

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La portaerei HMS Illustrious era famosa per il suo ponte a “rampa del salto con gli sci” una caratteristica condivisa con l’italiana Cavour ed in misura minore, anche con la più tradizionale Garibaldi. Tale caratteristica contribuisce ad accorciare lo spazio di decollo in orizzontale degli Harrier, risparmiando grosse quantità di carburante.

Ci sono diverse ipotesi sul chi vada incolpato, e quali siano state effettivamente le cause dell’incidente dell’Alraigo, l’evento accidentale che causò uno dei più strani ed incongruenti incidenti internazionali della sua era, i cui dettagli sono stati resi pubblici soltanto nel 2007, 24 anni dopo. E il verdetto fu il seguente: guasto tecnico alle radio ed all’avionica di bordo. Senza l’impiego di un dispositivo GPS, che non era ancora stato inventato, l’unico strumento su cui i piloti potevano fare affidamento per orientarsi sui Sea Harrier di quell’epoca era il NAVHARS (Navigation Heading and Attitude Reference System) ovvero un dispositivo che registrava i cambi di rotta per mostrare la posizione presunta dell’aereo. Ma bastava un errore di calibrazione, anche dovuto ad un guasto, per trovarsi a miglia e miglia dal luogo di un rendez-vous presunto. Il fatto è che la manovra del sotto-tenente Soapy, per quanto magistralmente eseguita, causò non pochi problemi al comando dell’esercito inglese, ed ancor più deve aver contribuito a farlo l’intervista mostrata nel video di apertura, in cui lui dichiarava candidamente ai media di aver subito un guasto al proprio impianto di navigazione. Considerate il contesto storico: stavamo entrando negli ultimi anni della guerra fredda, ormai sempre meno prossima all’esplosione, ma la Gran Bretagna si era messa pericolosamente in mostra sulla scena internazionale. Soltanto l’anno prima di questo evento, infatti, rispondendo alla provocazione del governo militarista argentino guidato dal generale Leopoldo Galtieri, la “Lady di Ferro” Margaret Thatcher aveva ordinato l’intervento armato nelle isole Falkland, da anni oggetto di un contenzioso territoriale tra i due paesi. In un conflitto lampo dissimile da quasi qualsiasi altro combattuto prima d’allora, dunque, costato la vita a solamente tre civili (bei tempi, quelli!) un corpo di spedizione formato da 111 navi britanniche e 117 aerei aveva imperversato contro la disunita flotta sudamericana, dominandola strategicamente e dal punto di vista della tecnologia. Particolarmente funzionale, in tale circostanza, fu la parte giocata dai nuovi caccia Harrier, che oltre ad essere in grado di decollare ed atterrare verticalmente, risultavano molto più manovrabili, e ben armati, dei Mirage e Dagger che si ritrovarono ad affrontare. Così tornava nuovamente rigogliosa, in determinati ambienti, l’immagine di un’Inghilterra rinnovata agli antichi fasti del grande Impero, i cui strumenti, venduti a caro prezzo agli alleati, potevano costituire la via d’accesso ad una certa quantità di luce riflessa. Era mai possibile, dunque, che un Harrier si perdesse in mare? Quanti contratti di fornitura multi-milionari potevano essere messi in discussione, a causa di poche parole uscite dalla bocca di un soldato privo di qualsivoglia potere?
Non appena il pilota mise piede a terra, dunque, fu aperta una commissione d’inchiesta. L’equipaggio della nave spagnola Alraigo venne generosamente ricompensato dei danni subiti con la somma di 570.000 sterline; secondo la legge internazionale di soccorso in mare, dopo tutto, essi avevano diritto ad essere pagati per aver fermato i motori, nel tentativo di assistere in qualche maniera la spaventosa manovra che aveva salvato l’aereo (il quale, tra l’altro, valeva venti volte tanto). Una parte della colpa, quindi, venne fatta ricadere sugli ufficiali organizzatori dell’esercitazione, che a quanto pare avevano posto Soapy al comando di un Harrier con una storia pregressa di problemi all’avionica di bordo, nonostante egli avesse completato solamente il 75% del suo addestramento. Ma al fine di salvare in qualche maniera la faccia, fu letteralmente impossibile non attribuirgli almeno una parte della colpa, e per qualche anno a seguire dall’incidente, egli si ritrovò assegnato alla proverbiale scrivania.

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Soltanto nel 2014, dopo 32 anni di onorato servizio, la portaerei leggera HMS Illustrious è stata onorevolmente congedata dal servizio attivo. Da allora si trova nel porto di Portsmouth, dove attende di essere trasformata in un museo.

Il che è un risvolto tristemente tipico, talvolta, della dura vita militare: compiere un gesto eroico, fuoriuscendo dagli schemi, soltanto per vedersi accusati di essere fuoriusciti a torto dagli schemi. Se Soapy avesse lasciato precipitare l’aereo in mare, probabilmente, la sua vita nell’immediato sarebbe stata molto più tranquilla e priva di problemi. Per non parlare di quella dei suoi superiori! A patto, naturalmente, di non perdere la vita o l’abilitazione a volare a causa dell’eiezione del pericoloso seggiolino a razzo. O di affogare onorevolmente, come si confaceva giustamente ad un fedele servitore dell’Ideale della sua Nazione.
La storia tuttavia, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, ha un epilogo positivo, per l’uomo, per l’aereo ed il container. Il sotto-tenente Ian Watson, dopo aver pagato il suo debito presunto col comando, venne infatti ripristinato al suo grado e ruolo attivo precedente, finendo per accumulare oltre 2.000 ore di volo sui Sea Harrier ed altre 900 sugli F/A-18, prima di andare in pensione nel 1996. Il Sea Harrier ZA176, pienamente recuperato e rimesso in condizione di volare, sarebbe stato utilizzato in numerose operazioni e missioni attive, venendo anche riconvertito alla versione migliorata FA2. A partire dal 2004, ritirato dal servizio attivo, è custodito nell’hangar principale del museo dell’aviazione di Newark, dove si è guadagnato l’appellativo di Veterano dei Nostri Tempi. Il cassone che gli salvò la vita, invece, venne consegnato qualche tempo dopo l’incidente all’osservatorio di La Palma delle Isole Canarie, da dove tutt’oggi scruta il cielo alla ricerca di un stella degna di stagliarsi contro i nostri aerei del futuro. Per quanto riguarda la fine del furgone schiacciato dalla coda dell’aereo, invece, non sappiamo nulla. Nessuno pensa mai al destino dei furgoni.

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