Giornata lenta al club delle immersioni, senza tuffi organizzati per l’intero resto della settimana. Non è facile, talvolta, mettersi d’accordo. L’orologio a forma di pesce spada batte il singolo rintocco delle ore 13:00, mentre un gruppo di hobbisti di ritorno da un’ottima frittura mista trova posto attorno al tavolo colore del corallo, per discutere ordinatamente delle rispettive idee. O almeno, questo era il piano: “Non sto esagerando, vi dico. Cioè l’ho visto in sogno, ma è la verità.” Il responsabile tesoreria e bombole, intento a rigirarsi tra le mani una conchiglia a pettine, non può esimersi da emettere un’udibile sospiro. Gli altri cessano all’istante di parlare, qualcuno sorridendo, altri con l’espressione indecifrabile di chi sta pensando: ecco, presto ne vedremo delle belle. Sentendo di trovarsi finalmente al centro dell’attenzione, come atteso da diverse ore, Franz riprese la sua storia: “Devo ammetterlo: la situazione di partenza non mi è chiara. Nell’esperienza della scorsa notte, io apro gli occhi e mi ritrovo in una valle di montagna. Con ripidi declivi da ogni lato, ma abbastanza distanti da essere visibili soltanto grazie all’aria tersa e limpida di questo luogo. La neve sopra i picchi lancia strali di riflesso per la luce del Sole. Gli alberi mi fanno ombra da ogni lato. Ma fra il mezzo dei loro tronchi, individuo la chiara presenza di un grande specchio. Con una tinta tendente a quella dell’aurora boreale. Della misura di… Diciamo all’incirca un centinaio di metri quadri.” Pausa ad effetto. Un refolo di vento, entrato nella stanza per il tramite della finestra rimasta aperta, agita delicatamente la tenda con la Grande Onda di Hokusai. Il ticchettio dell’orologio pare farsi lievemente, impossibilmente più veloce. “Allora io dimentico ogni sorta di prudenza, corro avanti saltellando sopra le radici, giungo in mezzo alla radura e poi mi lancio a capofitto contro il vetro verdeazzurro, senza una chiara idea del risultato. Ed invece di schiantarmi, all’improvviso, sono entrato in un diverso mondo. Ero sott’acqua, vi dico! Ma anche sospeso in mezzo al cielo di un ambiente estremamente riconoscibile, con piante di terra, fiori alpini ed un paio di siepi stanche, perché cresciute in modo discontinuo. Dinnanzi a me, oltre un ettolitro di acqua trasparente come una bottiglia, s’intravede la forma geometrica di qualche cosa di misterioso. A questo punto, non riemergo. Dovete sapere che nei miei sogni, io sono sempre in grado di restare senza ossigeno per il tempo di 10 minuti.” Risatina sommessa dall’altro lato del tavolo, prodotta non si sa da chi. “Così allargo le mie braccia, ed inizio a nuotare. Altrettanto facile sarebbe dire che stavo volando: a tal punto mi era chiara la presenza di un riconoscibile praticello alpino sotto di me, completo di ogni optional tranne la capra che bruca lietamente verso sera. Vado verso l’ombra misteriosa, finché all’improvviso, essa non si palesa per ciò che realmente è: una PANCHINA in legno, di quelle normalmente montate lungo i percorsi escursionistici delle località per turisti. Momentaneamente esausto, devo sedermici finché non mi addormento. E quando riapro gli occhi, sono nel mio letto e…” Proprio mentre sta per concludere il suo racconto, Franz nota che il solo ed unico responsabile del club, nonostante lo scetticismo iniziale, ora lo sta scrutando attentamente, come aspettando l’occasione di prendere parola in prima persona. Il narratore d’occasione si ferma e gli fa un gesto d’incoraggiamento, subito accolto dall’interessato: “Amico mio. Devo dirti che hai perfettamente ragione. Tutte le ragioni del mondo e scusami per averne dubitato: un tale luogo esiste per davvero. A dirti la verità, ci sono stato la scorsa primavera! Tu stavi sognando, per uno scherzo inspiegabile del tuo subconscio, niente meno che il più famoso lago della regione austriaca della Styria, o come viene amorevolmente definito dagli abitanti del vicino comune di Tragöß, il Grüner See.” Quindi, sconsolato, egli scuote la testa: “Però devo dirtelo, mi dispiace. Arrivi troppo tardi, ormai…”
Dinnanzi alle pendici della montagna di Hochschwab, che da il nome ad un intero tratto di catena dei massicci carsici e calcarei tra i paesi confinanti del Centro Europa, esiste a intermittenza un lago. Ovvero a volte c’è, molte altre, invece, sparisce. Chiariamo meglio: fin da tempo immemore, tra maggio e luglio, l’effettiva capienza di questo ammasso d’acqua è tale da permettergli una profondità di 12 metri. Per tutto il resto dell’anno, invece, tale valore non supera i tre. Appena sufficienti a sostenere il variegato ecosistema locale, composto da trote, pulci d’acqua, lumache, larve d’insetti e piccoli granchi. Mentre nel resto dei luoghi raggiungibili da queste creature, passeggiano gli uccelli, come potrebbe succedere in qualsiasi altro paesaggistico plateau…Perché? Che c’è di strano?
Di video realizzati dai turisti, in questo luogo a metà tra il fantastico e l’immaginifico ulteriore, Internet ne ha una vasta selezione. Sono tutti affascinanti, indipendentemente dal tipo di montaggio utilizzato, e presentano una vasta selezione di musiche d’accompagnamento, che vanno dal pop alla classica, secondo quanto giudicato opportuno dall’autore di turno. Si stima, del resto, che nel solo 2015 un quantità stimata di 100.000 persone sia accorsa in questo specifico luogo geografico, soltanto per vivere la stessa esperienza fin qui descritta. Molte, davvero troppe, al punto che le autorità locali hanno deciso a malincuore, verso l’inizio di quest’anno, di affiggere un divieto di balneazione valido per tutti i mesi rilevanti, sperando di salvare ciò che resta di questo ambiente unico al mondo. Il fattore scatenante, in realtà, è piuttosto prosaico: pare infatti che l’urina di costoro, mescolandosi all’acqua limpida del Grüner See, lo stesse inesorabilmente privando della naturale trasparenza e lucentezza delle sue acque. E questo senza calcolare la recente invasione d’alghe, benché quest’ultimo fenomeno abbia avuto dei precedenti, generalmente risolti in automatico grazie al gelo dell’inverno. Cosa che dopo tutto, potrebbe ancora capitare.
Sarà opportuno spiegare, a questo punto, l’origine di un simile fenomeno, che è poi anche la ragione per cui l’acqua del lago è tanto straordinariamente trasparente: la sua provenienza è infatti significativa. Essa sopravviene col disciogliersi di una parte dei ghiacciai, soltanto apparentemente eterni, sulle cime circostanti dell’Hochschwab. Esattamente come avveniva anticamente per il primo acquedotto che riforniva l’intera città di Vienna, sostituito soltanto nel 1873 da un impianto più moderno, in grado di fare affidamento sulle fonti sotterranee circostanti. La cui purezza è almeno pari, ma cionondimeno solo lievemente superiore, a quella di un intero lago che sarebbe tanto limpido da berlo, tranne che per il piccolo dettaglio dell’incontinenza di una particolare categoria di sub.
Molto del fascino di questo incredibile specchio d’acqua, ad ogni modo, resta la presenza di uno dei più vasti casi di vegetazione non acquatica lasciata senza accesso alla superficie per un periodo lungo e regolare. Con effetti, senza alcun dubbio, sorprendenti: il parco/lago è infatti caratterizzato da un suolo roccioso, che permette la crescita di soltanto una parte della variegata flora alpina. Non mancano, tuttavia, fiori attraenti come il rododendro e l’artemisia, ed alcuni alberi, tra cui l’abete. I quali per quanto ci è dato di vedere non subiscono in alcun modo le conseguenze della loro strana condizione, ma anzi di mostrano nel periodo primaverile di maggior rigoglio proprio durante i mesi della loro inevitabile immersione. Pare infatti che la temperatura fredda di queste acque (6-7 gradi) rallenti il loro metabolismo e che la loro naturale limpidezza (urina dei turisti permettendo) gli permetta di continuare ad effettuare la fotosintesi clorofilliana. Con il sopraggiungere dei mesi più caldi, quindi, l’acqua evapora e torna ai livelli invernali, rendendo nuovamente utile agli escursionisti il ponticello ligneo collocato in prossimità della famosa panchina. A partire dall’autunno, con il ritornare della temperatura sotto gli zero gradi centigradi, quel che resta del lago diventa una lastra solida in superficie, nascondendo tutti i pesci in una bara di cristallo. Ma neppure questo aveva mai impedito le immersioni umane, motivate in quel caso da “L’emozione di trovarsi sovrastati dal ghiaccio, in mezzo ad un paesaggio alpino unico al mondo.”
La condizione attuale del Grüner See, inserita di recente nella categoria delle risorse idriche protette, potrebbe sembrare sfortunata. Mentre si tratta, nei fatti, di un’occasione data alla natura di riprendersi. Che pur privandoci dell’occasione di sperimentarla in uno dei suoi momenti migliori, potrebbe permetterci, un giorno, di riportarla all’antico specifico splendore della più perfetta trasparenza. Permettendo di ottimizzare i tempi, visitando un prato e un lago nello stesso tempo. Quale convenienza veramente straordinaria! Ora se soltanto qualcuno si premurasse di installare un gabinetto pubblico, per la fisiologica soddisfazione dei visitatori…