Un torrione a forma di tamburo, costruito in pietra solida della Borgogna, che sovrasta la campagna e riesca a dominarla con la sua presenza. Con vicino un’altro più piccolo, collegato al primo grazie a un muro dall’altezza di diversi metri. Che a sua volta gira tutto attorno e chiude l’area di un cortile. All’interno del quale sorge una regale abitazione, ben protetta dalle eventuali pietre di una catapulta o l’invasione dei nemici provenienti dall’oscuro regno di una storia ormai distante. Mentre un solo ponticello in legno, non ancora levatoio, costituisce l’unica strada d’ingresso ufficiale per gli anacronistici recessi del castello di Guédelon. Dicono che Camelot fosse un ideale, ancor prima che un regno, famosamente esemplificato dalla metafora della tavola rotonda, sedendosi alla quale i vari e veri cavalieri, rigorosamente in armatura se vogliamo usare l’iconografia più popolare, potessero esprimersi alla pari con il loro re. Una sorta di democrazia ante-litteram, se vogliamo. Perché è indubbio che il poter disporre di fortezze autonome, militarmente o meno, possa costituire il metodo per fare il punto della situazione, e decidere quali aspetti della propria esistenza vanno uniformati al resto della società. E quali altri, invece, niente affatto. Se soltanto un qualcuno di molto eloquente dovesse oggi recarsi presso la commune di Treigny, lasciandosi dietro il vicino paesello di Saint-Sauveur-en-Puisaye per recarsi all’ombra di questi edifici, e rivolgere ai padroni di casa l’arduo quesito: “Si, ma perché?” Egli avrebbe, io credo, una serie di risposte molto variegate. “Questo è il sogno della mia vita” risponderebbe Michel Guyot, l’iniziatore del progetto che ebbe l’occasione di scoprire sotto il vicino e autentico castello di Saint-Fargeau, da lui acquistato nel 1979, i resti di una struttura più antica risalente ad oltre 10 secoli fa, originariamente costruita dal vescovo di Auxerre, Héribert. Niente meno che un figlio biologico di re Ugo Capeto di Francia (940-996) iniziatore della lunga dinastia dei Capetingi. Mentre forse Maryline Martin, imprenditrice locale e capo finanziario del progetto, forse potrebbe affermare che: “Si tratta di un’occasione irripetibile per tutti noi.” Era infatti l’ormai distante 1997, quando lei fornì i finanziamenti per posare la prima delle molte pietre, di quella che sarebbe presto diventata una meta turistica da oltre 300.000 visitatori a stagione, inclusi quelli provenienti dall’estero e uno stuolo interminabile di scolaresche. Perché intendiamoci, in Francia non mancano di certo i castelli, costruiti con trasporto fin da quando re Filippo II, diretto discendente del sovrano succitato che regnò per ben 43 anni a partire dal 1180, fu grande alleato (si dice persino amante!) di re Riccardo Cuor di Leone e fece stilare la serie di regole ed indicazioni per un’appropriata struttura difensiva del suo vasto regno: pianta poligonale, alte mura costruite su plinti, fossati privi di acqua e torri tonde con un giro completo di feritoie, una delle quali notevolmente più grande delle altre – pensate alla tour maîtresse di Yévre-le-Châtel, Ratilly, o quella di Druyes-les-Belles-Fontaines… Ma quanti di questi luoghi, ad oggi, possono considerarsi realmente vivi? Nel senso di essere abitati quotidianamente, da persone che li usano come loro primaria residenza, per di più adottando e facendo proprie le stesse limitazioni e caratteristiche di una vita che possa dirsi realmente “medievale”? Soltanto uno, ovviamente. L’insolito castello costruito a posteriori dell’odierno Guédelon.
Nel frattempo Jacques Molin, l’architetto del progetto, e Anne Baud, Nicolas Reveyron e gli altri storici e consulenti provenienti da diverse università della Francia, concorderebbero senz’altro nel cantare le lodi di quello che costituisce, a tutti gli effetti, la più significativa impresa di archeologia sperimentale del mondo. Destinata a raggiungere il coronamento finale attorno alla metà degli anni 2020, quando ovviamente, inizierà un diverso tipo di avventura. Quella di restare, nonostante la cessazione dello stato dinamico di cambiamento, ancora rilevanti sulle guide turistiche della regione. Ma vediamo più in dettaglio che cosa può aspettarsi un visitatore che, facendo un buon uso del proprio GPS non propriamente d’alta epoca, scelga di avventurarsi oggi fino alle alte, eppure ben nascoste mura fra gli alti alberi della foresta omonima a questo irrinunciabile castello.
Stando al sito ufficiale della struttura, il castello di Guédelon ha un contesto storico immaginario ma preciso e definito, con una costruzione iniziata teoricamente nel 1228: secondo la fantasia dei suoi realizzatori moderni, esso dovrebbe aver costituito infatti l’opera di Guilbert, un nobile locale e vassallo di Jean Toucy, a sua volta conte al servizio del re di Francia Luigi IX detto il Santo. Allo scopo di ottenere un risultato più credibile, e disponendo di maestranze che comunque raramente superano le 100 persone, Guyot e Martin hanno deciso saggiamente di qualificare il loro fantastico committente come un nobile di rango e risorse relativamente limitate, che per questo avrebbe deciso di costruire un castello piuttosto piccolo rispetto a quello dei veri personaggi storici fin qui citati. Il che ha senso, perché laddove la tecnologia moderna avrebbe di certo permesso, con drastica rapidità, di ricostruire qualsiasi meraviglia architettonica del passato, questa non avrebbe avuto un briciolo del fascino, e dello spirito degli originali. Mentre lo scopo principale del castello di Treigny era proprio quello di offrire uno sguardo diretto su di un mondo ormai dimenticato, inclusi i limiti situazionali che nascevano dal costruire in tale epoca remota. Così non ci sono ruspe, bulldozer o altri mezzi pesanti, presso Guédelon. Non c’è neppure il cemento a presa rapida, mentre i circa 70 operai e figuranti assunti con contratto a lungo termine, assistiti da un numero variabile volontari, lavorano sotto la supervisione di Florian Renucci, direttore tecnico e capo delle opere murarie. Le uniche, limitate, concessioni operative riguardano la sicurezza procedurale, con le impalcature in legno che ad esempio, piuttosto che essere ad incastro come quelle del XII-XIII secolo, impiegano bulloni e chiodi dalla maggiore resistenza. Puntalmente utilizzati sono, nel frattempo, sistemi individuali come le imbracature per lavorare a distanza elevata da terra e caschi di sicurezza. Menzione a parte merita invece il sistema di sollevamento dei grossi carichi, che prevede l’impiego di gru dotate di gigantesche ruote da criceto, all’interno delle quali gli addetti avanzano fornendo tutta l’energia muscolare del caso. Soluzioni come queste, senza alcun dubbio frutto di approfondite ricerche e sperimentazioni ingegneristiche, sono probabilmente la ragione per lo stato tutt’ora incompleto del castello. Ma tanto dopo tutto, che fretta c’è?
Il fascino principale di questo luogo: la sua vitalità. Ed esso è pieno di rumori, movimento e traffici di vario tipo, proprio perché è ancora in costruzione. Così, negli anni, le finalità ultime del progetto sono state ampliate. Oggi le aspirazioni di questa località, che è al tempo stesso un’esperimento scientifico, ed un’attrazione turistica si sono ampliate e sono diventate più complete, per includere un mulino funzionante, un villaggio con laboratori e un ristorante, fattorie dotate d’animali e campi coltivati, mentre nel castello propriamente detto è iniziata la costruzione della cappella di famiglia dei Guilbert, con tanto di complicata volta a crociera. Un aspetto molto significativo del progetto di Guédelon ha dunque finito per essere, a seguito di tali e tanti miglioramenti, la sua capacità di autofinanziarsi grazie alle caratteristiche di un vero e proprio parco a tema. Riuscendo assai probabilmente anche a produrre un certo congruo quantum di profitti. Prontamente reinvestiti senza dubbio, almeno in parte, nell’ulteriore lavoro di ricerca archeologica e miglioramento progressivo delle “antiche” mura.
A chi desiderasse un approfondimento di natura tecnica sul tipo di metodi impiegati dall’equipe del castello, consiglio di prendere visione della serie di documentari della BBC Secrets of the Castle, girata come una sorta di reality con tematiche professionali incentrato su questo luogo unico al mondo, e che si inoltra nello spiegare per esteso anche le implicazioni belliche e funzionali di ciascuna soluzione. Al momento in cui scrivo, diversi spezzoni e intere parti d’episodio sembrerebbero facilmente reperibili su YouTube. E a chi stesse per recarsi in Francia, nei dintorni Parigi, di recarsi a fargli visita, perché no: le possibilità offerte sono innumerevoli. Si possono osservare da vicino i metodi di costruzione medievali. C’è l’opportunità di assaggiare piatti dalle antiche tradizioni, preparati secondo ricette provenienti dagli antichi e polverosi tomi. E i bambini potranno giocare con le pecore e le capre (!) mentre voi pagate la somma assolutamente ragionevole per una lezione tenuta dai magistri costruttori del luogo, ricevendo addirittura l’onore di posare un mattone o due. Gesti destinati a durare nel tempo, senz’ombra di dubbio. Difficilmente la possente, solida struttura di Guédelon dovrà mai subire l’onta di un assedio. Ed anche in quel caso…
Per informazioni: il sito ufficiale di Guédelon