Il polpo 1200 volte più letale del cianuro

Blue Ringed Octopus

Buongiorno turista d’Australia! Come vuoi morire, oggi? Delicatamente assaggiato da uno squalo toro di passaggio, animale che notoriamente non apprezza la carne umana (ma lo scopre, il più delle volte, a smembramento già avvenuto…) Oppure masticato dal coccodrillo marino, il più grande rettile del pianeta, che non ha bisogno di scuse per far rispettare i limiti del proprio territorio? O ancora, morsicato dal ragno dei cunicoli, artropode aggressivo il cui veleno stranamente non ferisce topi, gatti, conigli e altri animali. Ma uccide un uomo adulto in 15 minuti! Ne abbiamo per tutti i gusti: morti violente, silenziose, dipartite materiali o immaginarie. Se lo preferisci, potresti addirittura fare l’esperienza di essere schiacciato dal drop bear, leggendaria versione carnivora del dolce koala, che si dice piombi sopra i viaggiatori per poi morderli alla gola e divorarli dai piedi in su. Quale miglior maniera di apprezzare il patrimonio faunistico di un paese unico al mondo, che nutrirlo in prima persona, con le proprie stesse disattente, ineducati carni. Aspetta, aspetta, ne ho una ancor migliore di così: visualizza la seguente scena. Ti trovi in spiaggia, circondato da un intero gruppo di amici. Estasiato dal Sole, dal mare, dalle molte viste affascinanti conosciute nel tuo viaggio di allontanamento dai problemi della vita. Cinque minuti prima, durante una tua passeggiata di metà pomeriggio, hai messo il piede in una pozza d’acqua rimasta nel bagnasciuga, lasciata indietro dopo l’ultimo ritrarsi della marea. Finendo per dare, accidentalmente, un piccolo calcio a una bottiglia di plastica, proprio lì gettata da un qualche altro visitatore privo di coscienza ambientale. Sul momento non ci hai fatto troppo caso. Ti sei fermato per un breve attimo, pensando forse di rimuovere l’oggetto e trasportarlo fino a un punto di raccolta. Poi hai lasciato perdere, perché? Ma circa cinque minuti dopo, d’un tratto, ti senti molto stanco. Deambulando pesantemente, raggiungi il tuo materassino e lì ti sdrai, a meno di due metri dalla gente che è venuta fin lì con te. Grosso errore. Perché allora, con un’improvvisa ed orrida realizzazione, inizi a comprendere che c’è qualcosa che DAVVERO non va. Gambe e braccia sembrano pesare come tronchi. La vista inizia ad offuscarsi. Mentre il tuo tentativo di chiamare aiuto, nonostante l’impegno, si risolve in un gemito appena udibile da neanche pochi centimetri di distanza. Quindi, nel giro di un altri due minuti, il respiro inizia a diventare laborioso e tu perdi i sensi. Non ti sveglierai mai più.
Il delitto perfetto. Ad opera di un assassino di proporzioni minutissime, che può spostarsi nell’acqua e sulla terra, per brevi tratti sufficienti a rendersi un pericolo pressoché costante. Che risulta essere tuttavia, per nostra massima fortuna, relativamente raro in tutto il suo areale d’appartenenza, benché il sussistere di condizioni particolarmente favorevoli, in determinati periodi dell’anno, possa portare a vere e proprie piccole invasioni, di interi tratti di spiaggia fra l’Australia ed il Giappone. La singola femmina di una di queste quattro specie, molto simili tra loro, può del resto fare fino a 50 uova, circa 2 anni dopo la propria nascita, prima di smettere di mangiare e lasciarsi morire. Questo vuole, del resto, la natura. E forse dopotutto è anche meglio così. Li chiamano, con piglio pienamente descrittivo, polpi dagli anelli blu (scientificamente: Hapalochlaena) e ogni bambino nato in Australia viene educato, fin dalla giovane età o al suo primo contatto con le coste sabbiose del continente, a non toccare assolutamente ciò che brilla tra la sabbia; alla maniera di una gemma preziosa di 6-8 centimetri dagli improbabili otto tentacoli sottodimensionati… Ma gli incidenti, o le casistiche davvero sfortunate, possono pur sempre capitare. Come quelle di persone, ahimè, disinformate. Mentre nel caso di un animale come questo, saper come comportarsi può salvare FACILMENTE una vita o due…

Blue Ringed Octopus 2
Steve Backshall della BBC ci mostra molto da vicino un Hapalochlaena fasciata (polpo dalle strisce blu) la variante dell’animale più diffusa tra il Queensland ed il Nuovo Galles del Sud, ivi inclusa l’area circostante la città di Sydney. Il suo entusiasmo e l’accento non possono che ricordare quelli di un altro famoso documentarista australiano, che perse la propria vita facendo ciò che più di tutto amava…

Il problema principale degli Hapalochlaena è che guardandoli, non emanano alcun senso di minaccia latente. O meglio, di certo essi segnalano efficientemente il pericolo che costituiscono ai loro coabitanti pesci, anche perché, a che serve essere velenosi se le altre creature ti attaccano lo stesso? Ciascun polpo è infatti dotato di un certo numero di quegli anelli che per l’appunto gli danno il nome, disposti lungo l’intera superficie dei tentacoli e del suo mantello (il “corpo” principale dei molluschi). I quali, molto incredibilmente, se si disturba l’animale prendono ad illuminarsi all’improvviso, grazie alla presenza delle particolari cellule dei cromatofori, comuni a talune specie di pesci, ai camaleonti ed all’intera genìa dei polpi, che grazie alla loro rinomata intelligenza sono gli unici che riescono ad usarli con un effettivo intento di mimetizzazione. Mentre nel caso di questo particolare abitante dei mari, la superficie cangiante è troppo disunita per ottenere tali risultati, ma serve piuttosto a fare una segnalazione, anche grazie alle proprietà ottiche riflettenti di ciascun anello. Quando disturbato dunque, il polpo intensifica il blu della sua livrea, rendendolo persino fluorescente. Ed è a quel punto, che il malcapitato umano e potenziale vittima dovrebbe fuggire via molto lontano. Eppure molto spesso non lo fa. L’uomo, essere straordinariamente evoluto, ha infatti imparato a non temere le cose luccicanti, ma anzi a cercarle con trasporto. Una tendenza che, in particolari condizioni, può portare a conseguenze disastrosamente inaspettate.
C’è quindi da considerare come, il più delle volte, il morso del polpo non venga neppure rilevato dalla vittima stessa, essendo esso non doloroso ed assolutamente incruento, quasi invisibile nei fatti. È stato persino ipotizzato, in effetti, che talvolta l’animale non abbia neppure bisogno di forare la pelle con il suo piccolo ed acuminato becco, lasciando piuttosto che la sua saliva tossica vi passi attraverso, entrando in circolo con le peggiori conseguenze immaginabili. Già, ma cosa c’è in un tale fluido fatale, esattamente? La risposta è più complessa di quanto si potrebbe pensare: istamina, triptadina, octopamina, taurina, dopamina… Soprattutto, la tetrodotossina, una sostanza talvolta paragonata al cianuro che attacca i nervi umani saturando i recettori del sodio, e causando l’immediata e letale paralisi del corpo, ivi inclusi il diaframma respiratorio ed i polmoni. Si tratta di un veleno ad azione rapida, che agisce generalmente per un periodo di 24 ore, poi sparisce senza lasciare traccia. Il che significa che una paziente, se salvato grazie alla respirazione artificiale e quindi tenuto per un giorno intero attaccato ad una macchina ospedialiera, può fare affidamento su un recupero totale e privo di conseguenze. Purché riceva i soccorsi in un periodo sufficientemente breve, il che, viste le circostanze particolarmente difficoltose, risulta essere tutt’altro che scontato!

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Le altre tre specie di polpo dagli anelli blu sono: H. lunulata (anelli grandi, fino ad 80 mm di lunghezza) H. maculosa (anelli piccoli, macchie marroni sul mantello, dimensioni: 60 mm) e il rarissimo e non troppo diverso H. nierstraszi, noto alla letteratura scientifica da due soli esemplari ritrovati nel 1938 e nel 2013

È interessante notare come proprio questo particolare polpo, considerato tradizionalmente l’unico ad essere dotato dello strumento del veleno, a seguito di moderni esperimenti sia stato confermato come un’eccezione ma non nel modo in cui si potrebbe in teoria pensare. Nel 2009 infatti è stato pubblicato uno studio del Dr. Bryan Fry del dipartimento di biochimica dell’Università di Melbourne, mirato a dimostrare come non soltanto gli Hapalochlaena ma in effetti TUTTI i molluschi dell’ordine Octopoda siano dotati di sostanze lesive impiegate per cacciare i granchi e gli altri oggetti della loro predazione, soltanto nella maggior parte dei casi, prive di effetti sull’uomo. Mentre l’estrema letalità di questi polpi deriverebbe da una mera necessità evolutiva: l’esistenza di avversari nella corsa alla sopravvivenza all’interno dell’ambiente d’Oceania e dintorni, che risultano dotati di capacità di resistenza superiori alla media, i quali attraverso le innumerevoli generazioni sono diventati sempre più efficienti nel neutralizzare il veleno. E i polpi, nel frattempo, l’hanno reso ancora più irresistibile, fino al punto di poterlo usare per uccidere pressoché qualsiasi cosa. Ed è così la stessa genesi di una tale sostanza, a diventare inusuale: gli scienziati rimasero molto sorpresi, in effetti, nel ritrovare un cocktail simile di letali sostanze, pressoché invariato, tra l’armamento evolutivo delle salamandre della California, delle rane arlecchino americane, di stelle marine, alcuni granchi, vermi sotterranei… Il che, in un primo momento, li lasciò basiti. Come era possibile che animali tanto diversi secernessero lo stesso veleno? Finché non fu scoperto, con somma sorpresa di ogni personalità coinvolta, come la tossina derivasse da particolari batteri che vivono nella saliva di tutti questi animali, e con cui essi hanno stabilito una relazione simbiotica da tempo immemore, fruttuosa per entrambe le parti coinvolte. Il terribile veleno del polpo dagli anelli blue, dunque, non è neppure una sua esclusiva produzione.
E come si può odiarlo, alla fine? La sua grazia innata, i variopinti colori che lo caratterizzano. La maniera, a cui ho accennato in apertura, in cui esso tende a stabilirsi all’interno di piccoli bottiglie, barattoli o conchiglie abbandonate, allo scopo di deporvi le proprie preziose uova nella stagione degli accoppiamenti (H. lunulata) o in cui nascondersi, custodendo le stesse tra i propri materni tentacoli (H. fasciata, maculosa). Una visione così graziosa che negli ultimi tempialcuni appassionati di acquari hanno preso ad ordinare su Internet simili piccoli animali, pur coscienti del pericolo che rappresentano, al fine di adottarli ed includerli nella propria collezione. Per lo meno per le poche settimane in cui essi sopravvivono successivamente alla cattura già in età adulta, prima che sopraggiungano l’inevitabile senescenza e la morte per vecchiaia. Senza aver prima causato, si spera, grossi ed irreparabili danni: è molto nota, del resto, la capacità di simili molluschi di fuggire dagli acquari, arrivando ad aprire gli specifici coperchi teoricamente concepiti per tenere a bada proprio loro. E non è difficile immaginare la sfortunata situazione di un ospite di casa non informato, o magari perché no un bambino, che mosso a compassione dalla creaturina che striscia faticosamente sul pavimento, finisca per raccoglierla e rimetterla nel suo contenitore. Rischiando il piccolo morso, e la grande morte, dovuta alla follia del loro amico o parente. Si, certi animali dovrebbero rimanere nel loro habitat esclusivo! Con noi stessi, possibilmente, ben lontani. Ma ciò non compromette in alcun modo la loro oggettiva, ed imprescindibile, bellezza…

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