Guardate molto bene questo strano veicolo dalla struttura tubolare, la sua forma a scatola, la bassa rollcage, la vernice nera opaca che non sfigurerebbe nell’ultimo film dell’uomo pipistrello. Fatevi un’idea chiara delle sue capacità, prestazioni e caratteristiche, perché da domani, se tutto va come previsto, esso scomparirà per sempre. Restando tuttavia per molti anni a venire, come si conviene al miglior mezzo da supereroe, rigorosamente al centro del vostro televisore annoiato. E proprio per questo, disattento. Ricordate! Mai credere a tutto quello che vi fanno vedere in pubblicità. È una tecnica particolare per fuorviare le aspettative, quella che accompagnerà nelle sue imprese future questa silenziosa Blackbird, quattro-ruote-motrici con motore elettrico ad alte prestazioni, che proviene direttamente dallo stesso hangar dell’omonimo e celebrato bombardiere stealth dell’epoca della guerra fredda, per una collaborazione della ditta di effetti speciali californiana JemFX con la Mill, una delle più importanti case di post-produzione video, nonché agenzie pubblicitarie, del mondo intero. Per quale ragione, o strano caso del destino? Questo, ahimè, non ci viene detto dalla press-release. Ma è probabile che gli enfants terribles dietro l’opera della sua concezione avessero semplicemente preso in affitto, o avuto in concessione temporanea dal governo, un tale luogo carico di storia dell’aeronautica e dei progetti ad alto tasso di segretezza. Ciò che colpisce ad ogni modo nell’intero progetto, non è tanto il contesto, né l’estetica, ma l’incredibile funzionamento.
Perché ciò che la Blackbird riesce a fare, sostanzialmente, non è così diverso dall’impresa dell’aereo di Wonder Woman, velivolo notoriamente ispirato al fornitore storico del nome di questa remota equivalenza fisica, purtroppo (ancora) incapace di spiccare il volo. Ora naturalmente, una simile creazione con il dono della trasparenza era il puro frutto della fantasia del mondo dei fumetti, così come, del resto, si potrebbe dire del “potere” di questo straordinario autoveicolo della Mill. Che tuttavia risulta in grado di sviluppare il suo notevole potenziale all’interno di un mondo, per la prima volta, totalmente indistinguibile da quello reale. Immaginate, per esempio, la seguente scena: l’eroe di una sequenza ad alto tasso adrenalinico, magari parte dell’ultimo grande film hollywoodiano, sale a bordo della sua fiammante supercar di lusso, che impiega per una serie di sgommate tra le vie di San Francisco. Quindi raggiunge l’epico, e tanto spesso mostrato, segmento con il otto tornanti di Lombard Street, delimitati da altrettante invalicabili aiuole. Senza perdersi in esitazione o rallentare, giunto ad un simile punto, egli tira dritto, e salta una, due, quattro fioriere. Le possenti sospensioni del suo fido destriero in alluminio e fibra di carbonio stridono, ma reggono tranquillamente il colpo… È un fatto fin troppo noto, e molto spesso criticato, che le pubblicità degli autoveicoli non facciano assolutamente nulla per mostrare le caratteristiche reali del mezzo. Mostrandolo piuttosto come impegnato in imprese improbabili, rocambolesche fughe, prove tecniche di fine del mondo… Tale approccio è, del resto, quello che vuole il mercato. Ma vi siete mai fermati a pensare quanto lavoro, quali lungaggini preparatorie, si rendano necessarie per l’approntamento di una simile sequenza? Occorre A -Procurarsi il costoso veicolo, magari in più di un esemplare, nel caso in cui il primo subisca un incidente in corso d’opera B – Trasportarlo/i dal suo luogo di residenza fino a quello necessario per la scena, stipulando speciali e costosi accordi con la propria compagnia aerea di fiducia. C – Assicurare contro l’incipiente, e fin troppo probabile disintegrazione, un’automobile che può arrivare a costare diverse centinaia di migliaia di dollari. È per questo molto frequente, nei diversi settori dell’industria, far ricorso ad un veicolo sostitutivo, a cui sovrapporre soltanto in post produzione la Ferrari/Lamborghini/Bugatti del caso. Operazione che può dare un risultato convincente, soprattutto nel caso in cui l’auto bersaglio sia più grande di quella impiegata (per non dover ricostruire il fondale) ma che richiede una mole di lavoro grafico tutt’altro che indifferente. Ed è proprio per assistere in un simile scenario, che è stata costruita ed introdotta al pubblico durante l’appena conclùsosi “Festival internazionale della creatività Leoni di Cannes” la straordinaria Mill Blackbird. Vincitrice di un meritato secondo posto, dietro il fantascientifico algoritmo neurale di Google che lo scorso marzo ha dominato 4-1 uno dei principali campioni del gioco del Go.
Le doti funzionali della Blackbird, benché non rese esplicite in alcun modo, sembrerebbero capaci di approcciarsi ad un vasto ventaglio di situazioni. Innanzi tutto, infatti, l’automobile può allungarsi o accorciarsi a comando, affinché le sue ruote si trovino in corrispondenza approssimativa con quelle del veicolo che dovrà “imitare”. Inoltre il suo motore (o pluralità di questi, uno per ruota) presumibilmente molto potente/i sono dotati di un sofisticato limitatore prestazionale, in grado di simulare le effettive prestazioni e caratteristiche della parte recitata di giornata. Con una significativa differenza: questo mezzo, come sua massima prerogativa, conserverà i tipici puntini luminosi usati anche nel motion capture delle persone o dei volti, impiegati per facilitare un allineamento impeccabile del virtuale col reale.
E le meraviglie non finiscono qui: durante l’utilizzo, infatti, l’auto impiegherà una serie di telecamere montate tutto attorno alla carrozzeria, per costruire una sequenza puntuale dello scenario circostante. Sequenza che, quindi, i tecnici potranno utilizzare per la creazione dei riflessi realistici sul veicolo della sequenza completa, garantendo, tra le altre cose, un’illuminazione della scena perfettamente coerente con il preciso momento in cui sono state effettuate le riprese. L’intero sistema è stato quindi stabilizzato con la collaborazione di Lev Yevstratov, pluripremiato tecnico del cinema alle dipendenze della Performance Filmworks, Inc. A questo punto sarà chiaro che qui ci troviamo non tanto di fronte all’esperimento di un singolo fervido ambiente dell’immaginazione, ma della risposta pressoché collettiva di un’industria alle esigenze del mercato, o in altri termini, alle specifiche richieste dei clienti. C’è in effetti questa strana concezione diffusa, che molti di coloro che hanno svolto l’opera di grafico avranno certamente sperimentato sulla propria pelle, che qualsiasi cosa “fatta col computer” sia per definizione facile, quasi automatica. Così persino i critici del settore cinematografico, nelle loro recensioni, sono pronti a lanciarsi in lunghi elogi di pellicole del genere fantastico create alla “buona vecchia maniera” con costumi cuciti a mano, modellini in lattice ed animatronic. Quasi come se modellare e far muovere una creatura o un veicolo inesistente, impiegando alcuni dei più sofisticati software del settore, sia un gioco da ragazzi degno al massimo di una distratta scrollata di spalle. Mentre, a ben pensarci, non è affatto difficile CAPIRE come sia tutt’altro che così.
La soluzione di molti problemi reali, dunque, che da anni condizionano e limitano la rapida evoluzione estetica del mondo della pubblicità. E del cinema, ovviamente (strano come un tale aspetto sia ormai considerato secondario). Poter possedere, su schermo, tutte le automobili del mondo, senza più alcun limite al potenziale delle proprie più sfrenate realizzazioni. E il mondo intero che scivola, sempre più in velocità, nell’ambito del puramente immaginifico e virtualizzato. Perché alla fine, non è forse vero che una supercar è destinata, nella vita di molti di noi, a restare un sogno irrealizzato e distante? Così quando davvero sarà infine possibile, senza un minimo di sforzo ne fatica, ricrearla in modo totalmente fedele sotto gli occhi degli spettatori appassionati… Sarà davvero ancora necessario, costruirla? Molti autori di fantascienza, a partire dal monumentale Philip K. Dick, hanno spesso parlato di un ipotetico mondo futuro in cui l’umanità potrà sostituire le sue cose più preziose, o persino i suoi membri pensanti e comunicativi, con dei sostituti totalmente indistinguibili dall’originale. Rendendo essenzialmente inutile lo strumento della memoria. Uno stato dei fatti che farebbe molto comodo, senz’ombra di dubbio, al mondo nascosto dei commerci tecnologici. O dei trattati motoristici internazionali!