Una riduzione pratica del bisogno talvolta palese di gettarsi dietro i propri guai, alzarsi in piedi e serenamente, mettersi a danzare. Perché non è sempre possibile, trovare quegli spazi che sono pienamente necessari, oppure battere coi propri piedi sopra il pavimento con il rischio di svegliare il cane dei vicini. Proprio per questo, esiste la simulazione: guardare la propria mano destra e dire, questa non è più un’estremità. Ma il corpo intero, di un qualcuno e quel qualcuno sono IO. Chi non l’ha mai fatto, prima d’ora? Disporre il dito indice ed il medio a forbice, mettendo prima avanti l’uno, quindi l’altro, mentre la mano procede verso il bordo di un tavolo e poi…Una danza…E poi… Volare? Cadere? Formare un pugno che ritorna fedelmente al punto di partenza, come quello di Mazinga dopo l’annientamento del nemico più temibile, la noia? Tutto è possibile. Con le mani, si usava dire nell’antico impero Archemenide prima dell’arrivo di Alessandro Magno, puoi accarezzare…Il gatto. O le cipolle. Se ce l’hai, altrimenti – JAZZ HANDS. Improvvisazione. Sentimento. Sorprendere se stessi e gli altri con un gioco di parole, però pronunciate nella lingua universale dei segni. Fatti con le dita e i gesti pronti all’uso quotidiano, si… Se ti accontenti! A sentir dire il misteriosamente abile Barnaby Dixon, davvero a questo mondo c’è di meglio. E così lo ritroviamo, nel suo penultimo video di un canale di YouTube che soltanto adesso, sta ricevendo la grande visibilità che certamente meritava, mentre mostra al mondo l’ultima invenzione messa a punto nella sua officina personale, che potrebbe o meno esistere in maniera puramente fisica, come spazio architettonico di questo mondo lacrimoso. Potrebbe, eppure non è affatto necessario. Ciò che conta, nell’opera di un entertainer tanto esperto nonostante l’apparente giovanissima età, sono le idee. O per meglio dire, la visione a fondamento della sua opera di artista innovativo. Tutto ciò perché, in effetti, un simile apparato costruito come ausilio all’espressività degli arti manipolatòri, su Internet non s’era mai visto. Il che non significa, a voler essere fin troppo cauti, che sia totalmente privo di precedenti: chi può dire, realmente, quante compagnie teatranti hanno percorso le incrociate strade della Storia… Ma per il modo in cui viene qui presentato, per l’abilità d’impiego, per lo stile di design curioso e pienamente ben riuscito, merita (al minimo) una freccia ben piantata dentro al pomo dell’encomio.
“Guardate e stupite” sottintende, “Spettatori.” Poi ci spiega: costui è il mio nuovo prodotto ESCLUSIVO. Una figura antropomorfa dall’aspetto spiccatamente tribale, con tanto di maschera in pieno stile africano, capelli a raggiera e quella che potrebbe soltanto essere definita come un qualche tipo di armatura. C’è un che di videoludico, nell’effetto complessivo di una tale marionetta, soprattutto per le movenze che l’operatore gli fa compiere, mentre gli arti stranamente scollegati dal corpo sotto-dimensionato paiono muoversi alla maniera impossibile di quelle di Rayman, il Super Mario proveniente dalla Francia. Ora naturalmente, se avrete osservato il video anche soltanto di sfuggita, il metodo impiegato da Dixon a fondamento del suo breve spettacolo non potrà che essere per voi chiaro: due mani l’una sopra l’altra, in opposizione. Ottimamente coordinate molto ben vestite. Del resto, questo non significa che il gioco sia davvero alla portata di tutti…
C’è una particolare sequenza, tra le molte offerte da un autore che per sua precisa scelta, sembra esprimersi soltanto attraverso lo strumento delle sue parole registrate in presa diretta, in cui ci viene “spiegato” il segreto che si trova dietro ad alcuni dei gesti più sorprendenti della marionetta, come il suo indicare verso l’alto ed il modo in cui sembri, in un particolare momento del primo video, grattarsi delicatamente un naso che non c’è. Viene lì mostrato uno dei ditali/braccio, momentaneamente scollegato dal resto del pupazzo, e soprattutto il suo meccanismo di manovra, che normalmente si trova nascosto dietro la grande maschera capelluta, ed è azionato con il pollice della mano sinistra. Si tratta, essenzialmente, di due piccole leve, premendo le quali viene ritratto un filo che passa dentro ai tubi di collegamento, con una forza sufficiente a far compiere alla mano-giocattolo il preciso gesto desiderato. Al momento sembrerebbero essercene due: chiudersi a pugno ed indicare. Ora, fermo restando che si tratta di un metodo ampiamente utilizzato nel mondo degli animatronic e delle marionette per il cinema (non manca, ovviamente, il solito sapientone che lo dichiara a gran voce nei commenti) Dixon spiega orgogliosamente di aver perfezionato l’idea aggiungendo una molla all’interno del tubicino in cui passa il filo, riducendo i punti di attrito e dando al componente un movimento fluido che in alternativa non avrebbe mai potuto possedere.
Il che è davvero strano. No, non intendo l’invenzione in se. Quella è fantastica! Ma l’estremo candore con cui questo eclettico creativo mostra al mondo i suoi segreti, quasi come se la sua idea di giornata, per il modo in cui viene presentata e lo stato ancora chiaramente preliminare a cui si trova il suo processo di realizzazione, non avesse un valore straordinariamente elevato. Una scelta che fa venire voglia di approfondire, per quanto possibile, la sua vicenda artistica e personale.
Dixon proviene, a quanto sembrerebbe possibile desumere dai pochi dettagli pubblicati online, dalla città di Newport, sulla costa meridionale della penisola gallese, non troppo distante da Cardiff. Luogo in cui, a quanto ci racconta, nel 2003 era stato aperto un “centro multimediale” presso cui i giovani locali furono chiamati per sperimentare con l’arte. E fu qui che lui ebbe modo di conoscere la sua prima passione, per il mondo cinematico dei cortometraggi in stop-motion. Quel tipo di animazione ricavata dallo scatto di un alto numero di fotografie in sequenza, con la finalità di far muovere su schermo un cast variabile di personaggi. Un ottimo veicolo per qualsiasi tipo di storia, ma che si presta notevolmente all’introduzione di tematiche surreali o vagamente inquietanti, come quelle apparentemente preferite, per questo media espressivo, dall’artista in questione. Laddove invece, nel suo esprimersi di burattinaio, lo stile elettivo parrebbe essere quello comico dell’umorismo puro. Dalle descrizioni presenti sul suo sito personale ed il canale di Vimeo, quindi, si desume che l’autore ha frequentato almeno due corsi a livello universitario, l’uno presso il Bridgwater College nel Somerset, e l’altro all’università del Galles, nella sua città di appartenenza. Esperienza di studio, quest’ultima, che è stata coronata anche da un intero anno d’interscambio culturale, tascorso presso l’Accademia delle Belle Arti di Cracovia, in Polonia. Un’ampio ventaglio di nozioni acquisite, specie per un creativo che dimostra al massimo, poco più di 20 anni.
È ad ogni modo interessante notare come, negli ultimi tempi, costui abbia fatto passare in secondo piano lo stile criptico dei primi tempi, dedicando sempre più tempo alle avventure di un bizzarro cast di personaggi, interpretati volta per volta dalle sue fantasiose, e sempre innovative, marionette. Anche e soprattutto in forza di una più pronta risposta del pubblico del Web. Che sia anche questo un segno dei tempi, e del nostro desiderio di ricercare intrattenimenti più leggeri e d’immediata comprensione, in un’epoca in cui l’umorismo del senso comune, fin troppo mirato su alcuni temi ricorrenti, sembra muoversi a ritroso ormai da anni? Di certo, molto presto, lo scopriremo. E chissà che la nuova buffa marionetta di Dixon, fra torce tribali e pelli di leopardo, non finisca in qualche modo per far parte di una simile rivelazione!