Nell’opinione dei dottori medievali, all’interno del cranio umano era presente una piccola pietra. La quale, nel corso di una vita priva d’incidenti, rimaneva saldamente incastrata in un recesso particolare dello spazio cranico, senza interferire con l’elaborazione del pensiero. Poteva tuttavia capitare, in particolari sfortunate circostanze, che l’oggetto si mettesse di traverso, interrompendo connessioni logiche che noi diamo per scontate e creandone, al contempo, di nuove. Ed è quel punto che il soggetto iniziava, d’un tratto, a percepire questa musica carica d’inconoscibili significati! La strana vibrazione che percorre il mondo dell’arte e che da esso si propaga, colorando di scenari ucronistici la striscia attorcigliata del trascorrere delle ore, giorni e mesi. L’uno dopo l’altro, in ordine tutt’altro che sensato, finché non si giunga ad un’anniversario che non ha precedenti, né potrà ripetersi in futuro. Cinquecento anni esatti dalla morte di un uomo, la cui matrice culturale, l’educazione ricevuta, la storia di vita e la condizione psicologica di fondo, restano per molti versi misteriosi. Ma che nonostante l’ignoranza dei posteri, seppe lasciare un segno indelebile nella storia dell’arte, tale da permeare ancora oggi alcuni dei recessi più profondi della mistica contemporanea. E nello stesso tempo, molto più di questo… È una domanda che s’interpone, come la roccia tra i neuroni che il chirurgo-asino tentava di cavare con piglio praticamente dentistico, nell’opera convenzionalmente datata attorno al 1524, L’Estrazione della Pietra della Follia: voialtri, se doveste, come rendereste onore a Hieronymus Bosch? Il pittore olandese del XV-XVI secolo, che con le sue molte composizioni immediatamente riconoscibili, seppe prendere il gusto spesso insensato della miniatura antecedente all’invenzione della stampa, per renderlo il fondamento di una forma d’arte straordinariamente comunicativa e in qualche modo, ancora adesso rilevante. Una questione che definirei, difficile. Al punto che nel porsela a partire dal 2010, la città nativa dell’artista ‘s-Hertogenbosch nel Brabante (in italiano: Boscoducale) ha trovato una sua via decisamente attinente al tema. Una via, aggiungerei molto giustamente, fluviale, che prende il nome pienamente descrittivo di Bosch Parade, la parata di B. Siamo del resto nei Paesi Bassi, una nazione dove dune senza tempo vanno a perdersi nel mare, agendo come rampe di lancio verso i recessi più reconditi del globo. E in ogni luogo, dalle coste all’entroterra, le imbarcazioni devono poter trovare un punto d’approdo, onde scaricare le preziose merci riportate in patria. Metalli duttili e splendenti gemme, oli, spezie profumate. Uova di creature ultramondane. Ed idee, che in molti non esiterebbero a chiamare, coraggiose.
È una visione certamente inaspettata. Un uomo siede sulla prua di una barca semi-sommersa, tentando di contrastare il propagarsi di un incendio. Ma le fiamme ardono, sotto i nostri occhi straordinariamente perplessi, presso le regioni della poppa che si trova sotto il livello dell’acqua. Così egli impiega un secchio per pescare lo strumento liquido della salvezza, lo lancia all’indirizzo dell’elemento che tutto consuma, poi lo riempie nuovamente, e se ne getta dietro il contenuto. Finché non si capisce più se stia ancora tentando di soffocare le ardenti lingue, oppure semplicemente, di svuotare lo scafo dal trasparente fluido clandestino, che così tanto rischia di farlo colare a picco. Ma le sue preoccupazioni appaiono più che mai superflue, quando ci si rende conto che l’intero battello è in realtà tenuto a galla da una vera e propria isola di spazzatura, aggregato di sacchi di plastica e altre scorie dei viventi. Ma non c’è tempo di riflettere su di una tale immagine, mentre già il suono del trombone a propulsione musicale, che aveva aperto la sfilata tra gli applausi dei presenti, si perde dietro l’ansa del canale, e viene sostituito da una chiatta con degli abitanti in calzamaglia blu, e un tubo svasato per nascondere i propri lineamenti. Seguìti, veramente straordinario! Da alcune sfere trasparenti con fanciulle al loro interno, molto giustamente inondate dalle pompe di alcuni vigili del fuoco. Io dico, invece di aiutare quell’altro, che ne aveva bisogno…Qui dev’esserci lo zampino di…Eccolo! Che arriva, sul suo cocchio da antico romano, la pelle rossa, un singolo cavallo fiammeggiante, 10 rematori in abito elegante. E chi potrebbe mai essere, costui, se non il Diavolo in persona. Giunto anche lui presso l’arcana circostanza, per ammirare i prossimi partecipanti della Bosch Parade…
Come avrete certamente immaginato, le scene montate nel video di apertura appartengono in realtà all’edizione 2015 della parata, benché siano state appena pubblicate, come valido ausilio pubblicitario alla sua prossima edizione del 16 giugno, che si prospetta come quella più importante fin dall’istituzione dell’insolito evento. Il quale, nonostante le somiglianze superficiali che vi si potrebbero scorgere, ha ben poco a che vedere con la tipica sequela di scenari semoventi di matrice carnevalesca, mentre ogni singolo conglomerato di figuranti risulta in effetti l’espressione estetica di un particolare quadro, o momento espressivo dell’arte eclettica di Hieronymus Bosch, generalmente mediato grazie alla partecipazione di scenografi, costumisti ed attori provenienti dal mondo del teatro. Assistiti, molto doverosamente, da un alto numero di volontari, provenienti dalla popolazione della città stessa che ebbe a dare i natali al festeggiato. Un pittore che sapeva al tempo stesso efficientemente ritrarre, come era la prerogativa imprescindibile di tutti i suoi contemporanei giunti sino a noi, scene della bibbia o dei vangeli, benché mediate dalla visione spesso irrazionale totalmente opposta all’Umanesimo italiano, ed altrettanto abilmente sconfinare nel regno della più sfrenata fantasia, per mostrare quelle scene indefinibili che sono indubbiamente alla base di molte delle barche messe in campo ogni anno da Boscoducale. Mondi alternativi al nostro, eppure spesso stranamente affini, come quello della sua singola opera più ambiziosa e celebre, il trittico del Giardino delle delizie.
La fondamentale svolta nella toria della pittura, oggi custodita al museo del Prado (il re Filippo I di Castiglia fu un grande collezionista delle opere di Bosch) che non possiamo fare a meno di citare, anche in forza dell’incredibile versione interattiva a nostra disposizione, creata dall’emittente televisiva NTR a supporto del suo recente documentario Hieronymus Bosch, touched by the Devil:
Come nel caso di molte altre opere dell’artista, il preciso contesto storico del Giardino resta largamente misterioso. Secondo la datazione al carbonio effettuata in epoca recente, tuttavia, il grande dipinto di 220×389 cm fu dipinto tra il 1480 e il 1490, durante la fase tardo-giovanile dell’artista, probabilmente su commissione di Enrico III di Nassau-Breda, lo Statolder e Governatore dei Paesi Bassi. I suoi contenuti ed il tono generale dell’opera, per ottime ragioni, hanno suscitato per secoli la discussione dei più esperti critici d’arte. Trattandosi di un trittico, probabilmente concepito come pala d’altare, il dipinto risulta diviso in tre parti, ciascuna dedicata ad una specifica stagione del mondo: a sinistra c’è l’Eden, con un Dio particolarmente giovanile che offre Eva ad Adamo, mentre attorno si affollano creature naturali dalla provenienza più diversa. Il pittore, in questa zona, doveva aver fatto riferimento alle più recenti esplorazioni e scoperte scientifiche nel Nuovo Mondo, con piante esotiche (non sempre puntualmente rappresentate) rapaci, rane, conigli…Alcune creature hanno teste multiple, come i mostri dei bestiari medievali, mentre un intera schiera di loro emerge dall’acqua di un lago per mettere piede su una roccia in qualche modo antropomorfa, quasi ad anticipare l’immagine, culturalmente inconcepibile per l’epoca, della marcia dell’evoluzione. Nel più grande pannello centrale, nel frattempo, si dipana la scena di quello che viene formalmente definito come il vero e proprio Giardino delle Delizie, una visione fantastica di creature inesistenti, vegetali sovradimensionati ed innumerevoli figure di uomini e donne nude che li cavalcano, mangiano a profusione, si dedicano senza traccia di vergogna a gesti peccaminosi di natura sensuale. Raggruppamenti di questi individui si trovano nei vari punti d’interesse di un paesaggio, tra cui le quattro assurde torri dall’aspetto stranamente organico, svettanti verso il cielo a simboleggiare l’arroganza dell’umanità. Alcuni, nelle loro forme misteriose, hanno intravisto delle allegorie che alludono all’alchimia, mentre altrettanto diffuse sono interpretazioni che vedrebbero nei volti dei personaggi quelli di diverse figure celebri coéve a Bosch. In particolare, secondo alcune ipotesi, nella composizione ricorrerebbero i lineamenti e l’iniziale di Machiavelli. E mentre resta difficile comprendere, in effetti, se la parte centrale dell’opera mostri un trionfo della perversione o della spontaneità dei gesti, diventa molto facile comprendere l’esito finale di tali e tante trasgressioni: ci viene mostrato, come molte altre volte nell’opera di Bosch, con una rappresentazione dell’aldilà assolutamente diabolico, che occupa la parte destra di questo trittico in qualche maniera accusatorio verso la moralità dei suoi tempi.
Un luogo punitivo, tuttavia, piuttosto originale, convenzionalmente definito l’Inferno degli strumenti musicali, per la maniera in cui questi ultimi vi ricorrono in maniera sovradimensionata, venendo impiegati spesso come ausili alla tortura. Tra i personaggi dominanti della scena, il colossale uomo albero-cavo, al cui interno risiedono i dannati e sopra la cui testa poggia una chiassosa cornamusa color carne, suonata da un assembramento di bizzarri demoni-animale. Nella parte superiore della scena infuria una terribile battaglia, attorno ad una minacciosa macchina d’assedio, impossibilmente costituita da due gigantesche orecchie umane con coltello incorporato. Nelle profondità, invece, un uccello antropomorfo con un calderone come corona mastica i dannati nel suo becco, provvedendo a defecarli dentro una bolla semi-trasparente e da lì, in una profonda cloaca. Mentre gli uomini e le donne ignude, presenti anche in quest’area del dipinto, non sono più sereni e felici, ma si coprono per la vergogna. Possibile che una simile terrificante allegoria non alluda ad altro, dopo tutto, che al nostro attuale, triste stato delle cose? Se così fosse, si tratterebbe di un’allucinante profezia. Probabilmente destinata a realizzarsi, come tante ancora prima della sua elaborazione, in occasione di un anniversario.
600 anni: una data importante. Segnatela sul calendario. Chissà…Che un viaggio in Olanda, per assistere alla più bizzarra delle parate, non basti ad espiare i nostri innumerevoli Peccati!