Risposta breve: molto. Risposta lunga: davvero molto, ma purtroppo ancora non abbastanza per sconfiggere Russia, Bielorussia, Ucraina e Polonia, il manipolo di paesi che ha fondato nel 2010 questa particolare forma di competizione tra singoli ed a squadre, a partire dalla passione locale per le ricostruzioni storiche che vanno, per così dire, dritte al punto. È una metodologia piuttosto originale di onorare la Storia, questa, che antepone all’accuratezza estrema degli aspetti per così dire, esteriori, così relativamente facile da ottenere purché si abbia la giusta documentazione (e materiali, studiosi, costumisti…) Con un approccio che potrebbe facilmente essere definito “sperimentale”.
La questione è molto semplice, volendo. Sappiamo bene, dalla letteratura coéva, dalla storia dell’arte e dai resoconti delle cronache delle famiglie nobili, che nell’Europa di una buona parte del Medioevo del Rinascimento, diciamo almeno tra il XII ed il XVI secolo, sia esistita la diffusa tradizione (se non vogliamo addirittura definirla “moda”) di far cozzare le proprie armi senza l’intenzione di ferire o uccidere l’avversario, ma sotto lo sguardo appassionato di un nutrito pubblico talvolta addirittura popolare, accorso sugli spalti o presso le pareti dell’arena per tifare i propri beniamini. Che erano, doverosamente, i signori del territorio di residenza, mentre i loro avversari provenienti da fuori dovevano fare affidamento sul proprio seguito di scudieri e servitori, trasformati per l’occasione in una sorta di primordiali cheerleaders, pronti a battere con forza sugli scudi di ferocia e d’entusiasmo. Una situazione, nel complesso, che non pochi sono giunti a definire come antesignana dei moderni sport più seguìti, in cui squadre attentamente definite si combattono inseguendo un qualche tipo di pallone, innalzando metaforicamente il vessillo della propria maglia rigorosamente nazionale. Così noi oggi, sappiamo tutto del torneo. Ma sappiamo veramente TUTTO del torneo? Perché un conto è leggerne sui libri, tutto un’altro, invece, calarsi sulla testa il rigido cimiero, ed avanzare verso la controparte di giornata stando bene pronti a ricevere qualche abbondante dozzina di colpi di mazza, azza, spada e scudo, trasformato per l’occasione nell’equivalenza pratica della proverbiale sedia degli incontri di wrestling, sarebbe a dire, l’arma dell’ultima spiaggia eppure tanto, tanto dolorosa. Perché qui, credo siano in pochi a voler dubitarne, si fanno veramente male, come testimoniato anche dalla presenza di un intero staff medico contemporaneo, appropriatamente tenuto nascosto in una tenda periferica del grande accampamento, ma sempre pronto ad intervenire per far fronte a contusioni, graffi sanguinanti, l’occasionale micro, oppure macro-frattura. Detto questo, veniamo a noi.
O per meglio dire a loro, gli atleti italiani che hanno gloriosamente partecipato alla recente edizione della Battle of Nations 2016, tenutasi durante la prima metà del mese di maggio a Praga, benché sia chiaro che l’evento si sposta ogni anno tra i diversi paesi dell’Est Europa ed in un caso anche in Francia, senza mai restare legato alle tradizioni e modalità di uno specifico territorio. Risultando dunque tanto più internazionale e significativo. La nostra delegazione di 36 guerrieri e guerriere (si, c’è anche la categoria femminile), capeggiata da Antonio De Zio del club di rievocazione di Livorno “La Vergine di Ferro” era tra i più numerosi ai banchi di partenza, con delegazioni e distaccamenti preparate in modo specifico per quasi tutte le categorie: il duello 1vs1, lo scontro 5vs5 e la grande rissa 21vs21. Mancavamo, purtroppo o meno male, unicamente di un partecipante per la categoria degli scontri individuali con le armi lunghe, tra i più pericolosi implementi bellici impiegati nel corso dello sfaccettato evento.
I nostri, anche in forza di una preparazione fisica tutt’altro che indifferente, sono quindi scesi in campo con l’interessante armatura di uno spettacolare azzurro nazionale, impreziosita dai paraspalle ornati con il patrio tricolore. Unico elemento di ulteriore differenziazione tra i diversi guerrieri, oltre all’arma impugnata, diventava quindi l’elmo personale, scelto volta per volta in base alle preferenza personali oppure (mi riesce facile immaginarlo) per analogia con personaggi storici particolarmente apprezzati da ciascun atleta. Era ad ogni modo indubbio, da un rapido confronto, che la squadra fosse tra le meglio abbigliate, al punto che si è vista attribuire con facilità, per quest’anno, il prestigioso premio di Best Authenticity Armour Team, una soddisfazione ulteriore e relativamente inaspettata. Mentre per quanto riguardava la parte più prettamente agonistica, la strada di è rivelata decisamente più in salita, come ci viene dato di comprendere dal breve resoconto scritto su Facebook dall’Associazione Italiana Combattimento Medievale, che vi invito a leggere, seguendo questo link, per una cronaca precisa dell’andamento degli eventi. Nell’interesse della completezza, ad ogni modo, tenterò di riassumerne i punti salienti.
Nelle battute di apertura del grande torneo, che inizia ogni anno con gli scontri individuali, si è subito fatto avanti il nostro Federico Scolari detto Vargas, che stando ad un vecchio articolo reperibile sul sito della BotN, è stato almeno dal 2014 uno dei più forti portatori del nostro vessillo, nonché quarto classificato in un torneo tenutosi quell’anno in Spagna. Purtroppo, il favorito si è subito trovato contro un rappresentante della Polonia, tra i paesi più forti dell’intera lega, trovandosi sconfitto, per poi passare comunque il turno grazie ad un imprevisto doppio ritiro delle controparti del girone. Nel frattempo Thomas Briguglio detto Il Magnifico si scontra con ineccepibili guerrieri provenienti da Ucraina e Moldavia, finendo purtroppo per non passare il turno. Una nota a parte merita la performance dell’altro eliminato Ivano Osella, alla sua prima partecipazione al mondiale, la cui riflessione scritta su Facebook successivamente alle sconfitte contro Finlandia, Moldavia e Polonia ho letto grazie a Google appare di una sportività encomiabile, nonché la base certa di una crescita futura molto significativa. Per quanto concerne la categoria femminile, invece, Sara Novelli dell’associazione Team Feltrio (alias: Tre Lune) passa il turno grazie a una vittoria contro la Repubblica Ceca, benché fosse stata sconfitta dall’Ucraina.
Viene quindi il momento della grande rissa 21vs21, dove la Polonia ci sconfigge in apertura con apparente disinvoltura, mentre con l’Ucraina, nelle parole del comunicato ufficiale “ci risparmiamo un po’ per affrontare le altre nazioni con cui possiamo vincere” (immagino significhi che siamo stati, anche da loro, mazzuolati). Nello scontro successivo, contro l’Ungheria, c’è finalmente una nostra limpida vittoria 2-0. Segue la battaglia decisiva contro la Repubblica Ceca, che purtroppo perdiamo dopo una vittoria nel primo round. A quel punto, la qualifica per il turno era perduta, ed un calo delle aspettative ci fa perdere anche lo scontro “di bandiera” contro la nazionale tedesca. Negli scontri 5vs5, invece, va meglio, con la nostra delegazione che all’inizio viene sconfitta dalla Bielorussia, ma vince subito contro Inghilterra, Messico e Serbia, riuscendo a passare il turno come seconda classificata. A questo punto, si passa alla seconda giornata del torneo.
La seconda parte del racconto dell’associazione diventa più difficile da seguire, con le nostre delegazioni che vengono chiamate in base al numero di riferimento e non più alla specialità. Italy 2, comunque, vince contro la Moldavia ma perde con Polonia e Latvia. Alla fine, come suggello finale, si ritrova ad affrontare la Russia, da sempre grande favorita del torneo. Nella lapidaria descrizione, gli atleti provenienti dal paese più grande del mondo vengono definiti semplicemente come “più forti”. Anche alla squadra Italy 2 non va affatto meglio, soprattutto a causa di un’imprevedibile rottura delle protezioni, che causa il necessario ritiro del team. Torna quindi il momento dei nostri rappresentanti dell’1vs1, che riportano entrambi delle sconfitte decisive ad opera dei russi: nel caso di Vargas, tuttavia, non prima di una gloriosa vittoria 3-0 contro la Repubblica Ceca, mentre anche la Novelli “Tre Lune” si difende piuttosto bene, ma deve lasciare il passo a quella che resterà anche per quest’anno la campionessa in carica della categoria. L’esito finale, dunque, come potremmo definirlo?
Si, l’Italia non ha vinto. Ma come in tutti gli sport, occorre anche definire l’andamento complessivo dell’evento, e gli effettivi fattori di contesto. È indubbio che qui ci troviamo di fronte ad uno sport nuovo, con regolamenti complessi e non propriamente intuitivi. All’occhio di uno spettatore inesperto, in effetti, abituato alle ricostruzioni immaginifiche del cinema o della Tv (pensate alle battaglie negli ultimi episodi de “Il Trono di Spade”) l’effettivo andamento degli scontri della BotN potrebbe sembrare, paradossalmente, poco realistico. I partecipanti all’evento infatti, per ovvie ragioni, smussano tutte le loro armi e non colpiscono mai di punta. Inoltre, essendo l’obiettivo della tenzone quasi sempre quello di gettare a terra l’avversario (secondo la regola dei “tre punti di contatto con il suolo”) diventa fondamentali l’impiego di tecniche di lotta greco-romana e vero e proprio wrestling. Un’aspetto, quest’ultimo, che spiega l’importanza della stazza dei partecipanti, anche per l’assenza di categorie divise in base al peso. Vedere uno di questi scontri, senza una lettura precedente del regolamento, potrebbe quindi restituire un’impressione strana: di persone corazzate, che si colpiscono con insistenza inefficace, più e più volte, e una pervicacia all’apparenza prossima al sadismo. Una, due, tre mazzate sopra l’elmo, quattro colpi sulla spalla, un calcio e uno spintone… Dov’è l’eleganza attesa del quasi poetico combattimento dei romanzi di genere, dove ogni gesto e significativo, ed un singolo errore può costare la vittoria? L’assenza di un tale aspetto, dopo tutto, è forse il merito maggiore dell’intero sport. Perché dimostra, senza ombra di dubbio, che le cose non possono essersi davvero svolte…In quell’impossibile maniera.
Così una verità riscoperta, è anche e sopratutto, nuova. Così non è facile colmare i 10, 20 anni di distanza di una tradizione che comunque è sempre esistita nell’Est Europa contemporaneo, mentre ha raggiunto questi lidi solamente in tempi MOLTO più recenti. Ma l’Italia…Quali e quanti paesi, nell’intero panorama internazionale, possono dire di aver avuto la stessa influenza sulla cultura bellica e marziale del Medioevo? Con le nostre macchine d’assedio, le scuole di scherma, gli strateghi rinomati! Se c’è una mancanza apparente di grandi onori conseguiti ad oggi, è uno stato certamente temporaneo. Non appena i nostri avranno ricostituito il punto di contatto privilegiato con l’Antico della loro Nazione, ritengo, le cose potrebbero cambiare. E i campi di battaglia tremeranno, ancora una volta, al nostro nome…