L’ultima speranza delle api: l’energia del Sole

Thermosolar Hive

Immaginate per il prossimo paragrafo una società perfetta, in cui ciascuno ha il proprio ruolo, ogni bisogno del singolo è risolto dalla collettività, e l’abbondanza permea tutto di un’alone di magnifica serenità. Zero carestie. Un’abitazione sicura, inattaccabile dai predatori. Nessun pericolo dalle intemperie. Si tratterebbe, in effetti, della perfetta realizzazione di un paradiso in Terra, praticamente privo di qualsiasi controindicazione. Tranne quella, del tutto trascurabile, di veder sottratto il proprio miele. È una tassa ragionevole, nevvero? Del resto, se c’è una cosa che amano le api, è lavorare. E ciò che viene tolto, sarà ben presto ricreato. A meno che… Esiste una legge universale in natura, che determina il tendere di ogni creatura verso uno stato d’equilibrio generale. Così accade che il troppo benessere, dovuto alla benevolenza degli umani, le ha rese insetti prosperi, ma anche vulnerabili al destino. Di una catastrofe biologica letteralmente senza precedenti. Il cui nome, come molti già sapranno, è varroa. Varroa destructor, per la precisione. Una cosa molto piccola. E rossastra. Dalle eccessive zampe. L’individuo sovversivo, che penetrato in Paradiso dalle viscere del mondo, lo contamina con la propria presenza. Succhia il sangue e diffonde atroci malattie. Molto lentamente, si moltiplica. Finché al termine, non resta altro che un alveare silenzioso!
L’unica speranza dal loro punto di vista, allora, è arrendersi… Sperare in una morte rapida e indolore… Del resto, è improbabile che un’insetto possa comprendere l’incombenza minacciosa dell’Apocalisse…. Mentre noi, che invece sappiamo addirittura metterla in parole, siamo davvero inermi innanzi all’estinzione delle api? A giudicare da quanto sono qui a proporci, tramite la piattaforma di crowdsourcing INDIEGOGO il Dr. Roman Linhart e Jan Rája, dell’Università di Palacky in Olomouc, Repubblica Ceca, non sarebbe possibile fare un’affermazione più distante dalla verità. Gli strumenti esistono, sono tecnologici ed innovativi. Tutto quello che serve: 20.000 dollari per cominciare. Non a caso già in molti hanno scelto di offrire il proprio contributo. Dopo tutto, in gioco c’è molto di più del solo miele! Il video di accompagnamento del progetto, usato per indurre il grande pubblico a comprare i gadget che sostengono la raccolta fondi, quando non il prodotto stesso con consegna in un imprecisato futuro, esordisce con una celebre affermazione, da sempre tradizionalmente e stranamente attribuita al fisico Albert Einstein: “Se le api dovessero perire, l’intera umanità le seguirebbe entro un periodo massimo di quattro anni.” Una profezia facente riferimento, ovviamente, non tanto al crepacuore per la scomparsa del nostro gustoso miele, quanto per il contraccolpo ecologico dovuto alla scomparsa di queste fondamentali impollinatrici, da sole responsabili per la continuazione ininterrotta di circa un terzo delle specie vegetali adatte alla nostra consumazione. Ed ecco, dunque, il loro piano di salvezza: creare un nuovo tipo di alveare artificiale, per così dire “standard” da sostituire alla classica scatola di legno usata dagli apicultori. Che possa, grazie alle sue particolari caratteristiche progettuali, sterminare letteralmente l’odiato parassita della società ronzante. Grazie a uno strumento ambientale letteralmente gratuito, e da sempre a nostra massima disposizione: l’estremo calore dell’astro solare. È un sistema interessante per affrontare il problema. Basato sull’energia solare. Del resto, fin dai primi anni ’90, i giornali scientifici internazionali avevano pubblicato diverse ricerche, prevalentemente provenienti dal Giappone, mirate a dimostrare come il varroa fosse naturalmente vulnerabile a temperature superiori ai 40°, tollerate invece facilmente dalle loro vittime a noi care. Si era capito, quindi, come un possibile approccio alla rimozione di un’infestazione fosse il surriscaldamento indotto, per periodi a medio termine, tramite l’impiego di appositi dispositivi. Un proposito, tuttavia, decisamente complicato…

Varroa Controller
Rappresentanti dell’azienda tedesca Varroa Controller mostrano il funzionamento dell’omonimo dispositivo, finalizzato al surriscaldamento temporaneo delle celle d’alveare soggette ad infestazione. La metodologia d’impiego è relativamente complessa, e richiede la rimozione fisica dei cassetti con il favo, onde posizionarli nell’apposito marchingegno alimentato ad energia elettrica.

Il fatto è che il varroa, ormai, si trova letteralmente ovunque. Diffusosi a partire dagli anni ’60 nei paesi del Sud-Est Asiatico, quindi in Russia e Giappone, poi America ed Europa, è diventato la condanna imprescindibile di chiunque abbia l’intenzione o il proposito di allevare le api. Come tutti gli esseri piccoli e indesiderati, il parassita è estremamente prolifico e resistente, mentre un’eliminazione sistematica, senza mettere a rischio le api stesse, è diventata ormai sostanzialmente impossibile. Ciò che occorre, quindi, sono soluzioni con facilità d’impiego, pratiche e direzionabili. E possibilmente, non lesive alla fondamentale produzione del miele. Mentre il riscaldamento elettrico di specifiche sezioni dell’alveare, in effetti, è situato all’esatto opposto dello spettro. Come sarebbe possibile alimentare le arnie site in luoghi remoti? E con che prezzo? Credo che a questo punto, non sia difficile immaginare quale sia lo standard dell’industria di settore: l’impiego di sostanze chimiche di vario tipo, tra cui vari tipi di blando insetticida o acido formico, oli minerali, esteri dello zucchero. Tutti ingredienti ESTREMAMENTE indesiderati nel miele ad uso commerciale, che deve dunque essere rimosso prima di ogni trattamento, con un conseguente stress aggiuntivo per gli insetti. E questo senza calcolare come gli incidenti possano pur sempre capitare. E contaminazioni di vario tipo della nostra fornitura alimentare, probabilmente, si siano in passato già verificate. Sarà a questo punto estremamente chiara la desiderabilità di un sistema di altra natura, mirante alla disinfestazione tramite l’impiego di approcci totalmente naturali. E l’impiego del calore del Sole, in questo, potrebbe dimostrarsi straordinariamente funzionale.
Roman Linhart racconta, sul suo sito, dell’accidentale concatenazione di eventi che portarono all’idea dell’alveare termosolare, in qualche maniera paragonabile alla mela che cadde su Isaac Newton, portando alla scoperta della gravità. L’inventore racconta infatti di aver ad un certo punto notato come, nel controsoffitto di una caffetteria vicino l’università, vivesse uno sciame d’ape selvatiche, ancora miracolosamente libero dall’infestazione di varroa. Chiesto quindi alla proprietaria da quanto tempo sussistesse un simile stato di grazia, si sentì rispondere: “Le api? Lassù, ci sono sempre state.” Impossibile, pensò lui, arrivando addirittura a prelevare alcuni degli insetti, per mescolarli alle sue arnie personali, onde scoprire se questi miracolosi volatori avessero una particolare resistenza ai parassiti. Cosa che, purtroppo, si dimostro non vera. Finché qualche tempo dopo, durante una lezione seguìta all’ultimo piano della facoltà, dove il sole battente surriscaldava l’ambiente in modo quasi intollerabile, egli non ebbe l’illuminazione: le api della caffetteria erano state preservate da questo stesso effetto dell’astro del mattino. La sua naturale capacità di surriscaldare il varroa. Possibile che una tale condizione potesse essere ricreata artificialmente?

Varroa Book Scorpion
Contro il principale nemico delle api sono state tentate molte strade. In questo progetto del tedesco Torben Schiffer, la temibile zecca viene fatta attaccare da un’aracnide chelonethide, o pseudoscorpione. Viene tuttavia da chiedersi, chi mai si sognerebbe di scatenare un simile mostro all’interno di un alveare…

Possibilissimo, a quanto pare. L’alveare termosolare incorpora, nelle parole dei suoi creatori, “molti segreti industriali” nella costruzione dei suoi filtri dei raggi UV, posizionati nella parte superiore e nelle finestre trasparenti delle scatole in legno sottostanti. L’apicultore, una volta rilevata l’infestazione, non deve far altro che rimuovere il coperchio superiore, lasciando che i recessi più remoti dell’arnia raggiungano quella temperatura magica dei 40 gradi, perfettamente efficace nell’eliminare ogni esemplare del varroa. Sarà quindi possibile monitorare la situazione, grazie ad un apposito termometro incorporato. Inoltre, le api sono perfettamente in grado di regolare la temperatura della loro residenza, e nel caso in cui questa dovesse salire eccessivamente, si occuperanno spontaneamente di raffreddare l’ambiente, con il battito accelerato delle proprie ali. Il calore aumentato artificialmente, anzi, ci spiega la pagina INDIEGOGO del progetto, si è dimostrato funzionale ad un aumento della produzione di miele! Specie nei mesi ancora freddi della primavera. Alla fine, le zecche rossastre si staccheranno naturalmente dalle api, per cadere nel cassetto rimuovibile sottostante, da cui saranno prontamente scaricate nella spazzatura. Gli unici parassiti a salvarsi, quelli attaccati alle api adulte che si trovavano all’esterno durante il trattamento, una volta raggiunta la maturità infetteranno come da programma la generazione successiva dei nuovi nati. Ma basterà una seconda apertura dell’alveare termosolare, ad una distanza di 7-14 giorni, per completare la loro condanna e definitiva eliminazione. Per la maggiore gloria dell’Esagono, l’emblema di queste creature in grado di sopravvivere come fossero un singolo organismo. Prosperare, soffrire ed in fine, se saranno fortunate, trionfare.
L’estinzione delle api è un male futuro spesso paventato di questi tempi, tra un articolo allarmista e un approfondimento da tabloid. Ed anche se nelle recenti stime effettuate dagli esperti, pare che la popolazione di questi insetti eusociali sia in una fase di leggera risalita, è indubbio che ad oggi siano ancora molti gli alveari che muoiono in maniera inutile e crudele. Per l’effetto degli antiparassitari usati nell’agricoltura, degli organismi geneticamente modificati, dell’inquinamento e della riduzione degli habitat naturali. È una strana condizione, questa, di una creatura utile all’umanità, ma che nonostante ciò, è soggetta alle fisime delle altre vittime della nostra inarrestabile espansione. E se a tutto questo continuerà ad aggiungersi l’effetto letale di un parassita tanto adattabile e pericoloso, la Misteriosa Profezia attribuita ad Einstein non potrà che sembrarci sempre più vicina. Certo, forse non moriremo tutti (mi pare un’ipotesi eccessiva). Ma pure di questo, dico io, dobbiamo preoccuparci!? Facciamo qualcosa per salvarle. Il miele fa bene. Ed è buono!

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