Il Vaticano, la Piazza Rossa, la Casa Bianca. Il Colosseo, la Torre Eiffel. Luoghi tanto iconici e straordinari che nessuno, a questo mondo, potrebbe mai dimenticare a che servivano nell’epoca della loro costruzione. Giusto? Beh, chiedetelo alle piramidi! A Stonehenge! Alla piana coi disegni chilometrici di Nazca, in Perù… Stiamo qui parlando, è fondamentale specificarlo, di monumenti ben più distanti nella linea della storia dell’umanità. Il che non significa, del resto, che tutto ciò che è misterioso venga dal profondo del meccanismo dello spazio e del tempo. O che sia per forza collegato al culto inconoscibile degli alieni, o degli esseri che vivono in prossimità del centro della Terra. Anche se una tale affermazione, dopo tutto… Non appare del tutto priva di giustificazioni. Altrimenti, chi? Chi potrebbe mai essersi svegliato, nella tranquilla cittadina sulla costa inglese di Margate, in un periodo imprecisato del nostro passato, per scavare nel friabile gesso di questi luoghi geologici una galleria alta 2,5 metri e lunga 21, sulle cui pareti perimetrali, il soffitto e ogni altro recesso intermedio far disporre un numero stimato di 4,6 milioni fra gusci di vongole, d’ostriche, patelle e varie altre specie di molluschi bivalvi… E tutto questo con la finalità di costituire la più vicina approssimazione di un luogo di culto segreto, niente affatto dissimile, anche concettualmente, da talune catacombe paleocristiane nascoste sotto il suolo di Roma. Stiamo parlando, dopo tutto, di un ossario. Che poi le spoglie mortali al suo interno, usate dall’ignoto architetto per celebrare la gloria ultramondana di chiunque fosse il suo patrono sovrannaturale, Nettuno o chi per lui, siano i resti di creature semplici, che sopravvivono filtrando l’acqua in prossimità di sabbia e scogli, fa ben poca differenza. La riverenza, nel varcare l’oscura ed arcana soglia, dovrebbe essere praticamente obbligatoria. Così come un preponderante senso di stupore e soggezione: “Entro i prossimi sei mesi…” recita una guida per viaggiatori citata sul sito ufficiale di questo luogo dall’alto potenziale turistico: “…Farete un sogno, ambientato in mezzo a queste mura. A meno che la vostra anima non sia del tutto smunta ed incolore.” Come le conchiglie stesse, aggiungerei.
Negli anni successivi alla scoperta della grotta, risalente al 1835, sono state tentate le più diverse giustificazioni della sua esistenza, a partire da quella maggiormente accreditata dagli storici ed esperti locali, ovvero che si trattasse di una di quelle strutture prevalentemente rinascimentali, o talvolta successive, che i nobili inglesi definivano follies (sing: folly) usate per far sfoggio del proprio gusto atipico e sense of wonder all’interno dei propri spropositati giardini: complessi di statue, piccoli castelli, torri intenzionalmente sbilenche o strane case prive di finestre. Questa stesso concetto del rivestire di conchiglie l’interno della struttura, in effetti, è tutt’altro che unica, e si ritrova anche in altri luoghi d’Inghilterra, come ad esempio la guardiola del castello di Skipton, nello Yorkshire, oppure la dependance estiva dell’Endsleigh Cottage, fatta costruire nel XIX secolo per volere del duca di Bedford. Ma ci sono diversi problemi, nell’attribuire un ruolo simile alla grotta di Margate: in primo luogo, dove mai sarebbe stata la tenuta del signore? Questa bizzarra realtà architettonica, in effetti, esiste in uno stato di completo isolamento, trovandosi collocata sotto quello che era sempre stato e rimane un semplice terreno agricolo, di proprietà privata di rappresentanti del popolo comune da generazioni. Inoltre, edificarla dev’essere stata un’impresa costruttiva assolutamente degna di nota: immaginate il dispiego di manodopera necessario per trasportare tutto l’occorrente per ricoprire di conchiglie una superficie approssimativa di 190 metri quadri (pareti e soffitti inclusi). E com’è possibile, dunque, che le cronache locali non abbiano memoria di un tale titanico sforzo collettivo? Così per questa ed innumerevoli altre ragioni, tuttavia in massima parte appartenenti alla sfera dell’intuito e delle sensazioni, esiste da decadi un gruppo di persone fermamente convinto che la grotta sia il prodotto di un antico culto, di natura assai probabilmente pagana…
Ne parlava con entusiasmo trascinante Eileen Heigl, precedente custode e a quanto pare, anche proprietaria della grotta (fonte: I am Acrylic) durante una sua partecipazione al programma del 1997/99 – The Why Files, durante la quale si trovò a tratteggiare alcune delle allegorie contenute in questo luogo innegabilmente unico al mondo. Tra cui il suo essere suddiviso in tre ambienti ciascuno dei quali dedicato ad un momento della vita umana. Il mosaico di conchiglie della prima stanza, scavata attorno ad una massiccia colonna di gesso e per questo definita la rotonda, contiene infatti dei mosaici di conchiglie raffiguranti immagini di fiori e secondo alcuni, organi riproduttivi umani. Il che dovrebbe, in qualche maniera tutt’altro che sottile, simboleggiare la nostra nascita in questa valle di lacrime. Una volta percorso tale ambiente, in direzione rigorosamente anti-oraria, dato che secondo Mrs. Heigl una figura a parete indicherebbe quella opposta come “diabolica”, ci si ritrova in uno stretto e sinuoso passaggio con una cupola soprastante in grado di lasciar passare la luce del Sole ed immagini vagamente antropomorfe a parete, tra cui quella di uno scheletro e strane creature serpeggianti. Simili figure, nell’opinione di chi ha studiato la grotta davvero molto a lungo, potrebbero raffigurare diverse mistiche divinità. Il cui nome, ahimé, sarebbe andato perso nelle nebbie del tempo. Ma è soltanto al termine della breve camminata, che ci si ritrova nello spazio che maggiormente ha alimentato le più strane teorie sulla catacomba, data la presenza di quello che può essere soltanto definito come un vero e proprio altare a rilievo sul muro, con tanto di arco a sesto acuto in stile gotico perfettamente eseguito.
E non è affatto difficile immaginare, dinnanzi ad un simile elemento di arredo, un ristretto ma affiatato gruppo di fedeli, che inchinato sul suolo umido della grotta partecipa ad un qualche misterioso rituale. Nel frattempo, le conchiglie sulle pareti di quest’area presentano una disposizione principalmente stellare o ad asterisco, richiamandosi ai cieli dove probabilmente aveva sede l’aldilà. O magari, chi può dirlo, il luogo di provenienza degli antichi esseri oggetti di una tale occulta devozione.
La grotta di conchiglie di Margate è un edificio storico di classe 1 iscritto dal 1999 all’elenco delle testimonianze a rischio, ed è stata per questo sottoposta a diversi processi necessari di conservazione, anche tecnologicamente piuttosto avanzati. Nel 1980, infatti, una sfortunata decisione della precedente proprietà aveva portato alla creazione di uno strato di cemento sopra il soffitto del sotterraneo, con il probabile scopo di preservarla da eventuali frane o allagamenti. Ciò causò, tuttavia, un aumento sensibile della già quasi palpabile umidità interna, ulteriormente aggravato dalla vecchia e mai rilevata perdita di un tubo dell’acqua. Quest’ultimo fu quindi immediatamente riparato, mentre il cemento delicatamente rimosso a mano, premurandosi di sostituirlo con alcune colate di pozzolana in appositi fori praticati nel gesso sottostante con la finalità di offrire solidità alla struttura, senza tuttavia privarla della sua necessità di “respirare”. Furono inoltri aggiunti dei canali di scolo, finalizzati a drenare l’acqua filtrante durante le piogge più intense, come quella che allagò parzialmente la grotta nel 2012, evento fortunatamente privo di conseguenze gravi. Si passò quindi alla riparazione dei danni già subiti, in prevalenza lungo il corridoio, dove alcune sezioni del mosaico erano state costituite in origine da vere e proprie piastrelle, lavorate in superficie e soltanto successivamente applicate alle pareti della caverna, mediante l’impiego di un semplice intonaco per muratura. Il quale, tuttavia, si era dimostrato meno che ideale per aderire a quel particolare tipo di gesso naturale, finendo per staccarsi e cadere a terra. Le sezioni quadrate andate perse del mosaico, quindi, furono minuziosamente ricostruite sulla base del materiale ancora presente, dai due restauratori Adrian Powell e Rob Smith, che lavorarono alla grotta per diversi anni a partire dal 2011, ottenendo risultati estremamente positivi. Un’operazione di ripulitura dai residui nerastri delle vecchie lampade a gas, tuttavia, non fu messa in atto, successivamente alla scoperta di come gli antichi colori variopinti delle conchiglie erano ormai andati perduti da tempo, lasciando il posto ad un bianco candido dovuto agli effetti dell’umidità. Effettuare la costosa, e rischiosa operazione, non avrebbe portato quindi altri vantaggi che passare da un colore innaturale ad un altro, pur sempre rigorosamente privo di tonalità.
La grotta, quindi, continua ad esistere. Parzialmente rovinata (addirittura, la parete nord fu distrutta nella sua parte esterna da una bomba della seconda guerra mondiale) e ormai priva di uno scopo, che non sia semplicemente quello di attrarre i turisti. Totalmente ignota, insomma, agli annali e alle memorie degli abitanti di quei luoghi. Per non parlare di noi, che viviamo all’altro capo dell’Europa…. Se soltanto fosse possibile toccare quei muri, per conoscere la vera storia attraverso un qualche tipo di potere psichico transumano! Magari per scoprire, alla fine, l’improbabile, ma pur sempre possibile realtà: che stiamo parlando di nient’altro che l’opera di un singolo individuo. Qualcuno che qui, ci lavorò in segreto per tutta la vita. Perché ne aveva il Desiderio. L’unico vero, intramontabile superpotere.