Grande verità sulla natura: la forma umana tesa verso un obiettivo rappresenta un vertice di perfezione, al quale tendono tutte le cose interessanti di questo universo. Dal che deriva che allontanarsi da una tale sacra essenza, dal nostro punto di vista, non può che diventare un sinonimo di stravaganza e disallineamento. Valori, anch’essi, degni di essere elevati ad oggetto di un meritevole approfondimento. Avete mai sentito un entomologo che parla del suo lavoro? Lo studio approfondito dei dettagli. L’inserimento, grazie a metodologie particolari, nei cataloghi più duraturi della nostra incancellabile memoria. Luoghi come l’archivio del Museo di Storia Naturale dell’Università di Oxford, nel sud-est dell’Inghilterra, dove all’apparenza sembrerebbero esserci più cassetti che mattoni (non mi stupirei se fosse così) ciascuno come un portale verso reami sconosciuti. E basta aprirli, per… Per… Chiedetelo a lui. No, non lui, l’altro. Levon Biss, rinomato artista londinese, che ha fatto della fotografia di genere un linguaggio d’elezione, finendo per collaborare negli anni a più livelli con il mondo variopinto della pubblicità: Puma, Texaco, Adidas, TBWA, HSBC […] Non sono che una minima parte delle aziende multinazionali che hanno scelto, per i loro manifesti, di affidarsi alla sua mano ferma ed il mestiere consumato di un simile valido professionista. Ma un progetto come questo, assai probabilmente, dev’essere del tutto nuovo persino per lui, benché nel video di accompagnamento sia dato ad intendere che lui già fosse possessore di un metodo, e una passione latente, per il campo impenetrabile della macrofotografia. Che poi sarebbe, prendere qualcosa di piccolo, riuscendo in qualche modo a metterlo a fuoco con il proprio strumento, per trasformarlo quindi in un’immagine meravigliosa, il più possibile fuori scala dall’originale. Certo, ci sono limiti a una tale impresa, principalmente determinati dalla dimensione minima dell’oggetto che possa riempire del tutto l’inquadratura, venendo quindi raffigurato senza perdite inopportune di risoluzione. Ed è qui, che entra in gioco la sapienza tecnica e in un certo senso, quasi artigianale, di tutte quelle persone che hanno saputo fare di quest’ambito un presupposto degno d’antologia, funzionale alla dimostrazione di un diverso tipo di bellezza assieme a quella palese, il merito intangibile dell’ingegno.
E tutto ciò per una mostra d’insetti preservati, con durata fissata dal 27 maggio al 30 ottobre 2016, in cui tra i corridoi del già citato museo troverà spazio un originale metodo espositivo, indubbiamente meritevole d’encomio. Per ciascuna teca contenente l’artropode sul suo immancabile spillone, a parete ci sarà un immagine giganteggiante, simile ad un poster con almeno due metri di larghezza, uno e mezzo d’altezza, raffigurante la stessa creatura con proporzioni letteralmente mai viste prima d’ora su questa terra. Se si escludono le proiezioni cinematografiche dei documentari in cui, comunque, non c’era certo un simile livello di minuzie, in grado di far perdere l’occhio umano tra inconcepibili volute. Vi basterà infatti visitare il sito della mostra, anche cliccando semplicemente sull’immagine che si trova poco più avanti in questo articolo, per prendere visione di un catalogo piuttosto ricco dei soggetti della mostra (…chissà poi, quanti altri ce ne sono?) ciascuno dei quali, è un vero tripudio di magnifiche geometrie e colori.
Simili animali, molto probabilmente, non li avevate mai visti così: i riflessi verde brillante della vespa gioiello della California del Sud, creatura con l’abitudine di deporre le sue uova tra quelle di una diversa specie, permettendo quindi ai piccoli di fuoriuscirne e divorare tutto quanto; l’improbabile elmo ricurvo di un membracide (cicalina degli alberi) le cui abilità includono la perforazione del legno mediante l’impiego di una sottile quanto affilata proboscide di ovodeposizione; la mosca-mantide, mimetizzata come un qualcosa di molto più pericoloso di ciò che realmente è; e poi, coleotteri, magnifici gladiatori deambulanti in generosa profusione…Scarabei gioiello, tigre, disco volante. Per non parlare dell’incredibile Platypria melli, un insetto tartaruga (non quello più famoso e dorato) descritto per la prima volta nel 1955, un crisomelide del Sud dell’Asia il cui esoscheletro sembra fuoriuscito da un’illustrazione fantasy, tanto è ricoperto di rostri ed aculei di vario tipo. La colorazione marrone dorato non fa accrescere il suo naturale aspetto eccentrico, strano, intrigante e meraviglioso.
Altrettanto meritevole di trattazione è il video mostrato in apertura, in cui la voce narrante dello stesso Levon Biss, con il suo accento difficilmente definibile da uno straniero, che descrive i vari passaggi che hanno condotto alla realizzazione di questa incredibile serie di fotografie. Tutto ebbe inizio “qualche tempo fa” con lui che chiedeva al museo di Oxford alcuni campioni in prestito, come soggetti per un suo progetto personale. Riportati quindi gli insetti assieme alle immagini risultanti presso il suo contatto all’università, il Dr. James Hogan del dipartimento d’entomologia, l’impressione ricevuta da quest’ultimo fu quella di essere davanti ad una svolta interessante, in grado di offrire un’ottima occasione educativa, nonché visibilità ulteriore per la prestigiosa istituzione. Iniziato quindi un lungo lavoro di ricerca degli esemplari più adatti ad essere fotografati, nonché privi di polvere o altre alterazioni indesiderabili, Hogan chiamò quindi nuovamente il fotografo, fornendogli i notevoli soggetti di quella che sarebbe infine diventata la mostra Microsculpture, con inizio al mese P.V.
Un fatto significativo, nonché relativamente problematico, era che l’opera di realizzazioni delle immagini non poteva svolgersi all’interno del museo, poiché richiedeva le particolari apparecchiature fatte approntare nello studio dell’artista, inclusive di un alloggiamento meccanizzato in grado di far muovere l’obiettivo della macchina fotografica di poche frazioni di millimetro alla volta. Questo perché, con un livello di messa a fuoco tanto ravvicinato, diventava impossibile fotografare l’intero insetto contemporaneamente. Ciascuna immagine, quindi, è in realtà la risultanza di letterali migliaia di fotogrammi rielaborati in massa da un computer e poi composti assieme, al fine di creare il più perfetto ritratto entomologico di questo mondo. Ma sarebbe anche lecito chiedersi, a questo punto: possibile che non ci fosse un modo più semplice di farlo?
Thomas Shahan è il fotografo faunistico, che potreste conoscere indirettamente per alcune delle immagini usate senza autorizzazione per il personaggio web-memetico di Spiderbro, con un suo canale divulgativo sulle tecniche di macrofotografia. Uno dei suoi messaggi fondamentali, esemplificato in questa vera e propria dichiarazione d’intenti, è che non è necessario disporre di macchinari costosissimi per ritrarre il (quasi) eccessivamente piccolo. A volte bastano soluzioni ingegnose, come la predisposizione di un riquadro di stoffa agganciato all’obiettivo per bloccare la luce diretta del sole, prima di fare la foto col flash. E un tale metodo condurrà ad un risultato, forse, non direttamente comparabile a quello delle immagini dell’era spaziale fatte imprimere su carta dall’altrettanto geniale Levon Biss. Ma il fatto che si possa impiegare, dopo tutto, sul campo, senza dover prima uccidere l’artropode, lo definirei un valore aggiunto veramente non da poco.
Belli, bellissimi. Sono, come diceva la famosa pubblicità del gestore telefonico, letteralmente “Tutto attorno a noi!” Eppure siamo talmente abituati a darli per scontati, e scansarli persino, da aver perso il senso innato che avrebbe potuto permetterci di essere come loro. Insetti e ragni, grandi osservatori. Se qualcuno potesse miniaturizzare un essere umano, ed inviarlo in a un formicaio per stringere la mano alla regina, sono certo che le sue fedeli sottoposte lo accoglierebbero con le mascelle aperte. Prima di serrarle con suono sibilante, in una spontanea dimostrazione di accoglienza. Ed… Entusiasmo.
Vedi anche: il sito dell’artista presso cui è possibile acquistare in anticipo versioni più piccole delle stampe della mostra.