Come stampare facilmente una risaia

Rice Paddy Machine

Piccole dita robotiche, un comodo posto a sedere. Persino l’uso di un volante, per sterzare! Siamo, a quanto si desume dai cartelli, in una qualche zona rurale della Corea del Sud. Per assistere al funzionamento di un particolare metodo agricolo, che è al tempo stesso utile, geniale e letteralmente sconosciuto dalle nostre parti. Per il fatto che noi occidentali d’oggi, il riso, molto semplicemente NON lo trapiantiamo. Proprio così. Perché mai “complicarsi” la vita? Feh! All’epoca di Gutenberg, portare a termine la stampa di un volume non poteva prescindere da un certo senso di gravitas e responsabilità. Le rotazioni successive del torchio, sul cui pannello trovavano collocazione i singoli caratteri posizionati attentamente, la concentrazione, lo sforzo fisico e la soddisfazione, al termine, di avere in mano quella bibbia degna di un messale da basilica romana. Oggi, con le nostre “Xerox”, “Epson” e “HP” possiamo ripetere l’impresa alla pressione di un pulsante, o ancora meglio, un’icona priva di sostanza. L’interfaccia tra uomini e prodotto editoriale non fu mai più semplice, né bella o produttiva nella sua fondamentale essenza. Ma non è forse vero che, in questa maniera, abbiamo perso il senso antico di quel gesto estremamente significativo? I treni a vapore di un tempo funzionavano con il carbone, che necessitava di essere spalato a mano. Difficilmente, un tale impegno poteva essere ignorato. E se c’era una strada ferrata fino ad un distante luogo, potete starne certi, si trattava di una meta rilevante! Produrre musica dovrebbe richiedere uno strumento! Non l’impiego di un sintetizzatore per computer con capacità d’automazione… Dov’è finita ad oggi la creatività! Dove sono, il buon gusto ed il coraggio di studiare?
Ogni quindici giorni, un aviatore si sveglia in California. Ben sapendo quale sarà il compito della giornata: di buon ora, recatosi alla pista di decollo, solleva momentaneamente gli occhiali da Sole, per fare un saluto al suo datore di lavoro milionario. Sale quindi a bordo del suo monoposto Piper PA-25, accende il GPS e scalda un po’ il motore. Poi parte e vola fino alla destinazione. Un sofisticato sistema a guida laser, incorporato nel suo meccanismo di rilascio del carico, prende contatto con le guide automatiche posizionate a terra. Tutto quello che costui dovrà riuscire a fare, quindi, sarà transitare sopra il campo parzialmente allagato. Attendendo che la triangolazione dei suoi movimenti, un prodotto dei numeri gestiti dalle macchine, permetta al sistema di capire quando rilasciare i semi. Nel giro di qualche decina di minuti, l’opera sarà compiuta: un intero potenziale raccolto del cereale più completo e nutritivo in assoluto, sarà ben posizionato e pronto a crescere, nell’immediato o prossimo futuro. Parassiti permettendo. Ma è dopo tutto proprio a questo, che servono i pesticidi. E l’alterazione genetica dei semi! Tutto questo, senza neppure la necessità di bagnarsi i pantaloni, WOW. Evviva, evviva la modernità!
Nel frattempo, in terra d’Asia Meridionale, diciamo…Thailandia, Vietnam, Filippine…Un gruppo di lavoratori si ritrovano su appuntamento, presso le proprietà di un imprenditore agricolo locale. Come da prassi lungamente acquisita, sollevano una per una le zolle di terra dell’apposito recesso, in cui erano stati piantate le sementi migliori. Ora cresciute, fino allo stato di piantine verde brillante, finalmente grandi abbastanza da sopravvivere nella risaia vera e propria. Quindi, camminando faticosamente dentro l’acquitrino, costoro le separano una per una dalla massa aggrovigliata, infiggendole nel suolo alla distanza di 30 cm una dall’altra. Sapienze secolari guidano i loro gesti. Al punto che ciascuna potenziale erbaccia o infestazione d’insetti è largamente nota, con tanto nome, cognome e numero di previdenza anti-sociale. E ogni qual volta dovesse sopraggiungere un problema, questo potrà essere estirpato, o sterminato, con le loro stesse esperte mani. La missione: un’impegno quotidiano a stare curvi, dandosi da fare. Il mal di schiena: un vecchio compagno d’avventure. Ora, di sicuro ci sarà una funzionale via di mezzo tra i due estremi fin qui descritti….

Modified Mat Nursery
La preparazione della nursery del riso è un passaggio importante secondo la prassi di coltivazione Estremo Orientale. In un area attentamente definita, le piantine vengono fatte crescere lontano dai pericoli, quindi soltanto dopo spostate a destinazione. Ciò permette di evitare l’impiego di sementi geneticamente modificate, che nell’opinione degli asiatici, darebbero un cereale dal sapore estremamente insoddisfacente.

Certo che c’è: la soluzione esiste e si chiama “trapianta-riso” o 田植機 (taoeki – “macchina piantatrice”) secondo al terminologia dei loro (probabili) inventori giapponesi, o in alternativa 이앙기 (yangki) per usare il termine coreano. È uno di quegli strumenti agricoli che colpiscono per la loro funzionalità ed efficienza, inventato originariamente, secondo le cronache nipponiche, da un certo Heigoro Kono della prefettura di Miyazaki, con un brevetto risalente al 1898. Si trattava, nella sua prima versione, di un carretto a traino in legno dalla conformazione simile a un risciò, che il coltivatore doveva trascinare manualmente nella risaia. È importante notare che nella preparazione del terreno per coltivare il re dei cereali, il primo passo da compiere sia sempre quello di spianare il fondale da inondare successivamente, tradizionalmente tramite l’impiego di un tronco trainato da buoi. Ciò lo distanziava fin da allora, quindi, dalla natura di un semplice acquitrino naturale, garantendone la percorribilità da parte del pesante dispositivo. Heigoro, un rappresentante di quella vecchia scuola di agricoltori sapienti ancora oggi ricordata in modo particolarmente nostalgico dai filologi d’Oriente, era soprattutto un vero e proprio ingegnere, nonché un probabile appassionato dell’arte nobile dei karakuri. Esisteva infatti nel Giappone di quell’epoca, fin dal periodo precedente della lunga Pax Tokugawa (1603-1868) una scuola costruttiva di speciali marionette o bambole, in grado di muoversi spontaneamente o a comando. Noi le avremmo chiamate “automi”. Ora, tra queste era particolarmente famoso il modello, imitato e ricostruito più e più volte attraverso i secoli, del fanciullo che serviva il tè. Il pupazzo veniva caricato, appoggiato a terra e quindi direzionato verso il commensale di giornata, che ogni volta si dimostrava deliziato di ricevere la sua bevanda in una simile maniera stravagante. E affinché un simile miracolo potesse ripetersi, l’oggetto conteneva al suo interno un sistema d’ingranaggi, in grado di tradurre lo spostamento lineare su ruote in quello ciclico del movimento delle gambe, che facevano così su e giù, su e giù. Sono in molti a pensare che simili creazioni siano, ad oggi, la base della passione del Sol Levante per i robot. Ma non divaghiamo. Il punto è che la meccanica dei karakuri, soprattutto una volta connotata con le conoscenze acquisite tramite il contatto con l’Occidente (un ambito definito del rangaku, gli “studi olandesi”) fu alla base d’innumerevoli invenzioni e meraviglie nazionali, tra cui giocattoli, carri allegorici e particolari tipi d’orologi. Nonché, sono certo che sembrerà palese pure a voi, della straordinaria macchina per trapiantare il riso!

Epic Kubota
Ecco un altro ottimo video dimostrativo del processo d’impiego, per di più accompagnato da una colonna sonora degna del miglior cartone animato robotico o sul tema dei supereroi. Chissà se questo sapiente veterano della risaia è stato messo al corrente di una simile interpretazione epica dei suoi abitudinari, semplici gesti.

Il punto chiave di una simile soluzione, è che semplifica e velocizza notevolmente il lavoro. Portandolo alle linee guida imposte dal nostro quotidiano, che pretende una produttività considerevole, prima che si riesca a generare il fondamentale profitto. La colpa? Può essere soltanto dell’industria, che ci ha dimostrato i risultati fantastici che possono essere conseguiti all’interno di un sistema controllato, in cui la produzione di scala permette di disporre di pezzi intercambiabili e procedure chiaramente definite. Ma l’agricoltura non può essere, non sarà mai così. Perché tutto quello che può fare, dopo tutto, il suo praticante, è preparare letteralmente il campo per una buona crescita. Ma sarà sempre la pianta stessa, a doverci mettere del suo. E che dire dell’effetto del clima, del comportamento degli insetti, dei risvolti pratici ed imprevedibili della natura… Occorre, dunque, ritrovare il giusto grado di equilibrio. E lo strumento della macchina trapianta-riso è molto funzionale in questo: perché permette di praticare l’antico metodo agricolo, senza sacrificare l’essenza genuina del vegetale, che viene mantenuto vulnerabile e sincero. Ma protetto nelle prime, fondamentali fasi della sua crescita, attraverso lo strumento della nursery separata. Il fatto che poi, le singole zolle del terreno attentamente predisposto scorrano progressivamente a destinazione sul dispositivo, esattamente come il carrello di una stampante a getto d’inchiostro, è soltanto un bonus ulteriore e inaspettato. Che ci ricorda chi siamo, dove ci troviamo. E l’importanza di stampare secondo i vecchi metodi, se desideriamo imprimere a un qualcosa lo spirito del vero Illuminismo. E una transitoria scheggia di fondamentale Buddhità.

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