Enercon E126: persino il nome è impressionante. Una parola carica d’implicazioni nella quale, se la lettera C fosse sostituita dalla sua versione uncinata (con in questo caso il suono dell’occlusiva velare sonora, comunemente detta G dura) si otterrebbe il preciso nome di quei misteriosi cubi d’energia extraterrestre che determinarono la guerra tra Transformers sul distante pianeta Cybertron, portando ad un conflitto tra giganti meccanici che giunse addirittura fino a noi. Si, certo, nel mondo fantastico dei cartoni animati. Ma tutto quanto state per vedere, nonostante le apparenze, è tutto assolutamente vero. Cifre incluse: 135 metri di distanza dal suolo, fino al punto in cui risiede la gondola o navicella, sopra il panorama di un grandioso bosco mitteleuropeo. 6.000 tonnellate di peso, da trasportare sul posto con estrema cautela e modalità particolari. E ben 126 metri di diametro delle pale da cui appunto il numero del nome, pari al doppio dell’apertura alare di un maestoso Boeing 747, il secondo più grande aereo passeggeri al mondo, soltanto recentemente superato dall’Airbus A380-800 (un destino che condivide con la nostra eroina torreggiante…) Il tutto poggiato su una base dal peso di 2800 tonnellate, ovvero quello medio di un intero edificio residenziale di 10 piani. E non c’è niente di strano, quando si considera quello che deve fare: trattenere a terra l’unico edificio, tra tutti quelli costruiti dall’uomo, che sia stato concepito per girare libero nel vento. Non attraverso l’impiego una sua propria fonte d’energia, bensì per ottenere l’effetto diametralmente opposto, di rubare una delle forze inarrestabili della natura, trasformarla in moto meccanico e quindi immagazzinarla in forma di elettricità, per alimentare i nostri elettrodomestici ed il bene comune. Una missione degna di essere approvata da Optimus Prime, il capo degli eroici Autobot.
Installato per la prima volta nel 2007 ad Emden in Germania, l’aerogeneratore in questione può produrre fino a 7 MW di potenza per singola turbina, benché sia importante considerare come, inevitabilmente nell’eolico, tale valore vada condizionato dalle effettive condizioni climatiche della regione di utilizzo. Considerato questo dato, appare chiaro come si tratti di una soluzione concepita per ridurre l’ampiezza complessiva di una cosiddetta windfarm, ovvero il parco eolico, l’area del paesaggio che deve essere deputata, o in qualche maniera sacrificata, alla messa in opera di questo tipo di soluzione tecnica per la produzione di energia rinnovabile. Un’installazione in Belgio con soltanto 11 di queste Enercon E126, situata presso la città di Estinnes nella provincia vallona dell’Hainaut, riesce a rispondere da sola al fabbisogno energetico di 55.000 abitazioni. Senza alcun tipo di emissione, consumo o danno ambientale rilevante, se si esclude la potenziale ostruzione al volo degli uccelli; ed anche quello, è stato dimostrato, è un problema molto relativo. In primo luogo perché una rotazione completa delle pale di una turbina di queste dimensioni richiede ben 5 secondi, dando tutto il tempo alla maggior parte dei volatili di togliersi dal suo passaggio prima di esserne colpiti. È in effetti molto più probabile, quindi, che vadano a sbatterci contro. Ma ciò vale anche per qualsiasi altro edificio messo in piedi dagli umani. La vera problematica di questo approccio futuribile al fabbisogno d’elettricità, è di tutt’altro tipo: la complessità ed il costo d’implementazione. La spesa da sobbarcarsi per la costruzione di una singola turbina di questa classe si aggira infatti sui 14 milioni di dollari, montaggio in loco escluso, il che va ben oltre la semplice questione finanziaria. L’effettiva costruzione dei componenti prefabbricati e il loro trasporto fino al luogo d’interesse, infatti, presuppongono un consumo di energia fossile e carburante talmente ingente, che soltanto dopo molto tempo la turbina stessa potrà dirsi averlo recuperato, iniziando a produrre elettricità pulita in attivo. Una vera fonte di energia completamente ecologica, dunque, ad oggi non esiste. Ma grazie a strutture come queste, sembra avvicinarsi progressivamente all’orizzonte, un po’ come i giganti visti dal picaresco Don Chisciotte della Mancia nella rotazione dei mulini a vento, da lui caricati coraggiosamente grazie a una speranza labile per il futuro.
Ecco, sostituite al cavaliere in armatura la moderna civiltà industrializzata, in bilico verso l’esaurimento dell’ultima goccia nera di speranza petrolchimica. Ed avrete un’idea piuttosto chiara della situazione in cui noi siamo, qui ed ora. Raccolti all’ombra sempre più vasta del secondo più grande anti-ventilatore al mondo…
Nei casi di turbine dalle dimensioni convenzionali, molto spesso, tutto ciò che devono fare i costruttori è trasportare sul posto circa una decina di segmenti prefabbricati, più le pale e la gondola, prima di assemblarli attentamente grazie all’uso di una gru ed un certo numero di giganteschi bulloni. Raramente l’intero montaggio richiede più di due o tre settimane. Nel caso del video di apertura, pubblicato l’estate scorsa presso il canale Extreme World and Engineering, viene invece mostrato il processo di edificazione di un qualcosa che sarebbe stato semplicemente troppo vasto e significativo, per poter progredire ad una simile velocità. Tutto inizia, dunque, con la deposizione delle già citate fondamenta, che prendono l’aspetto di un vero e proprio plinto che, una volta ricoperto da uno strato di terra, potrà vantare una capacità di tenuta paragonabile a quella di un preistorico baobab. L’impiego della forma circolare, in questo caso, serve a garantire un’idonea resistenza a sollecitazioni provenienti da qualsiasi lato, visto come la turbina soprastante dovrà, ovviamente, ri-orientarsi per seguire l’andamento del vento. Sopra tale blocco, quindi, verrà edificata la torre, composta da un ingente numero di elementi di cemento ad anello, ciascuno dei quali fatto combaciare con il suo fratello sottostante. L’altezza raggiunta dal sostegno della gondola, pari a quella di un edificio di 30 piani (una misura, per intenderci, pressoché identica a quella del grattacielo Pirelli di Milano) è motivata dal raggiungimento di un punto ideale all’immagazzinamento dell’energia: il vento infatti, per sua implicita natura, soffia più velocemente a quote elevate. L’impiego di un sistema di queste dimensioni, e costi, non può dunque prescindere da una massimizzazione della sua efficienza prossima e futura. Per quanto concerne le pale stesse invece, della lunghezza di oltre 75 metri ciascuna, l’Enercon E-126 ne ha tre, rientrando nella classe di aerogeneratori più impiegata al giorno d’oggi, per le prestazioni e la silenziosità superiori, benché ad un costo certamente maggiore di quello dei sistemi mono e bi-pala. Ma l’intero sistema, in questa configurazione, è certamente più stabile, minimizzando anche il rischio futuro di incidenti.
Per ridurre ulteriormente l’impatto ambientale, è inoltre possibile configurare la pala per riorientarsi in maniera da minimizzare ulteriormente il rumore prodotto dal dispositivo, benché perdendo una parte del suo output energetico e riducendone quindi l’utilità. Come in tutte le cose, occorre trovare il giusto equilibrio. L’umanità, ad oggi, non può sopravvivere senza avere un certo impatto sull’ambiente. E gli uccelli, come dicevamo, possono pur sempre volarsene via! Nella… Maggior parte dei casi.
Una soluzione pratica, quindi. Imponente, straordinariamente produttiva. Ma non si tratta, in ultima analisi, della turbina eolica più grande né la più potente al mondo. Primati che spettano entrambi ad un altro apparato, prodotto invece dalla compagnia Danese Vestas, denominato il V164-8MW. Dove ovviamente, l’ultima parte della dicitura fa riferimento ai megawatt di energia erogata, superiori di ben 1 a quello del mostro tedesco di cui abbiamo parlato fino a questo punto. Potenza ulteriore risultante da una grandezza ancor più impressionante, con 220 metri d’altezza per 164 di diametro del rotore, concepito per l’uso esclusivo offshore (in mare). Soltanto in un luogo tanto aperto, infatti, i venti avrebbero soffiato ad una potenza tale da giustificare l’impiego di un generatore tanto vasto, da assicurare al fondale tramite l’impiego di sistemi affini ai Geopiers, elementi verticali inseriti a pressione nel suolo, che velocizzano e semplificano la disposizione delle fondamenta. In un simile contesto, l’impiego di ordini di grandezza tanto elevati, con conseguente riduzione del numero complessivo delle turbine, ha anche la valenza di ridurre i costi di mantenimento, una problematica tutt’altro che trascurabile dovendo trasportare il personale, ed i materiali, tra le onde.
Il che ci riporta alla questione di cui sopra: a questo mondo, non esiste niente di gratuito. E anche un’energia di tipo rinnovabile, come l’eolico, necessita allo stato attuale delle cose di carburanti fossili per essere implementata nella fabbricazione dei suoi componenti, trasportata in posizione e mantenuta in corretto stato di funzionamento. Il che non significa, ovviamente, che tali problematiche siano sostanzialmente insuperabili da qui al domani. Verrà un giorno in cui il petrolio, il carbone, il gas e le sostanze minerali alla base del nucleare (che non sono, neppure loro, infinite) verranno custodite come l’ultimo tesoro a disposizione, da impiegarsi unicamente per facilitare l’occasionale implementazione di nuovi pannelli solari, turbine o impianti di sfruttamento del moto delle maree. E forse, prima o poi, neppure quello, con l’avvenuta trasformazione della razza umana nel primo tipo di parassita benevolo, in grado di sfruttare a pieno le risorse inesauribili di questa Terra. E la sua Stella. Verrà. Un giorno…