Mantenuti dalle macchine all’interno di una realtà parziale, siamo naturalmente diffidenti di quanto ci viene presentato come “nuova tecnologia”. Montaggio ad arte, effetti digitali realizzati al computer, i pannelli monocromatici del chroma key: non sono questi altro che i tre pilastri di un intero edificio di potenziali bugie, dondolante ma solido nel vento delle valide occasioni. Chances di far notizia, generare un clamoroso impatto, cavalcare lo tsunami di una situazione dalle munifiche opportunità di guadagnare. Il che non significa, necessariamente, che quanto quest’azienda, di proprietà del campione di moto d’acqua (Personal Water Craft) Franky Zapata, ci sta mostrando fieramente fin dall’altro giorno sia frutto esclusivo di finzione scenica e una pura faccia tosta. Dopo tutto, stiamo qui parlando dei produttori del popolarissimo Flyboard, un dispositivo che permette di fluttuare sopra l’acqua ad un’altezza di 15 metri, grazie al motore di una PWC collegata ad un lungo tubo ed un ugello a reazione direzionabile. Il tutto controllato da un dispositivo wireless rigorosamente impermeabile. Sistema dall’alto valore d’intrattenimento, che vende nelle sue diverse versioni svariate migliaia di pezzi l’anno, generando un fatturato probabilmente assai considerevole. E perché mai costui dovrebbe rischiare online la sua credibilità latente, mostrando al pubblico un qualcosa di totalmente falso e creato attraverso artifici grafici di vario tipo? Non avrebbe letteralmente, nulla e poi nulla da guadagnarci.
Eppure, qualcosa di strano in questa presentazione di un ipotetico prodotto futuro, c’è. Innanzi tutto, la mancanza d’informazioni fornite al pubblico o inquadrature eccessivamente rivelatorie, scelte comunque giustificabili dal bisogno di non mostrare anticipatamente i propri segreti ai potenziali competitors di settore. Ma soprattutto le tre specifiche prestazionali dichiarate nella descrizione. Con il nuovo Flyboard “Air” (la continuità nei nomi, ci insegna Apple, è un valido strumento dei brand) che sarebbe in grado di raggiungere i 10.000 piedi d’altitudine (3000 metri) fare i 150 Km/h e restare in volo per fino a 10 minuti. Dei quali tre punti, i primi due sono teoricamente anche possibili per quanto concerne il dispositivo stesso, ma difficilmente immaginabili nella configurazione che prevede una persona posta in equilibrio sulla sua sommità, a gambe lievemente divaricate come il cattivo dei fumetti Green Goblin. Ma è proprio il terzo dei valori, in definitiva, ad aver suscitato le maggiori critiche nelle migliaia di commenti postati negli ultimi giorni sul web: secondo la maggior parte delle persone, sarebbe semplicemente impossibile restare in aria tanto a lungo con un dispositivo così piccolo. In effetti, basta considerare la maggior parte dei dispositivi di volo individuale costruiti fino ai tempi più recenti, per trovare un tempo di volo misurabile in semplici secondi piuttosto che minuti, e in definitiva, sicuramente meno estesi. Vediamo, quindi, la questione in maggior dettaglio.
Affinché un simile arnese possa restare in aria per un periodo relativamente prolungato sostenendo il peso di una persona, l’unico metodo di propulsione attualmente probabile è quello di una specifica classe di turbine per aeromodellismo, le P200-RX, che hanno un consumo dichiarato di 0,7 litri al minuto. Ora, il dispositivo di Zapata mostra in una delle ultime inquadrature del video esattamente quattro ugelli nella sua parte inferiore. E questo senza contare le due micro-turbine di colore rosso ai lati che dovrebbe teoricamente impiegare, secondo la teoria più accreditata, come metodo principale di spinta lungo l’asse orizzontale. Stiamo quindi parlando, nella migliore delle ipotesi, di circa 28-30 litri di combustibile (0,7 litri x4 motori x10 minuti). E se nella piattaforma, poco più grande di uno zainetto, ci sono i motori, dovrebbe potrebbe mai trovarsi un simile quibus sine-qua-non? C’è una sola residua possibilità: nello zainetto portato dal pilota, che per l’appunto risulta collegato alla piattaforma da un grosso tubo, il cui impiego a questo punto, sarà più che mai chiaro. Per intenderci, 28 litri corrispondono alla capienza di un forno a microonde di dimensioni medie. Ed è quindi difficile, ma non certamente impossibile, che Zapata disponesse di riserve sufficienti per i tre effettivi minuti del suo primo test. Versioni successive del velivolo potrebbero, teoricamente, vedere l’impiego di borse più grandi… Chi lo sa. Tale aspetto, ad ogni modo, non è insuperabile. Ciò che invece agita il mio senso della credulità, è un altro aspetto del dispositivo in questione: ovvero in quale misterioso modo, colui che si trova a cavalcarlo, possa riuscire a tenersi in equilibrio perfettamente verticale. Specie considerato come, in tale condizione, una semplice svista possa portare ad una morte sicura ed estremamente rapida…
Ciò che ci viene effettivamente dato ad intendere in merito al nuovo dispositivo, è che il sistema di controllo sia totalmente equivalente a quello dei classici dispositivi a getto della Zapata Racing, risultando a tutti gli effetti conforme ad affrontare lo stesso ventaglio di situazioni. Se così fosse realmente, la sicurezza di volo del Flyboard Air sarebbe davvero ridotta. Perché c’è un’enorme differenza, inutile dirlo, tra il trovarsi sollevati a qualche metro da terra al di sopra una vasta colonna d’acqua, che tende naturalmente a spingere verso il basso per l’effetto dell’interazione delle forze in gioco, con l’affidarsi a degli ugelli direzionabili a turbina di un vero e proprio aeromobile compatto, in grado di capovolgersi nel giro di un mezzo secondo. Perciò un dispositivo come questo, sostanzialmente, non potrebbe mai esistere senza un qualche sistema in grado di mantenerlo in volo livellato. Si tratterebbe, essenzialmente, di qualcosa di simile a quanto visto sul jet a decollo verticale Harrier, che grazie ai suoi ugelli multipli riesce a compensare ogni principio di instabilità. Ma con motori tanto più piccoli e ravvicinati, come per l’appunto quelli del nuovo hoverboard, la gestione del pericolo diventerebbe estremamente complessa e molto al di là di quanto un pilota comune, per quanto abile, possa riuscire a gestire manualmente. Soprattutto impiegando un singolo joystick manuale, con un controllo della velocità gestito soltanto dal pollice sul pulsante! Si, certo: è sempre possibile affidarsi a giroscopi ed accelerometri per svolgere una simile mansione. Ma i droni, lo si sa bene, precipitano di continuo…
Questi, dunque, gli aspetti tecnici della questione per così dire, scettica. Ma ce ne sono degli altri: il video della Zapata è per sua sfortuna, o per un furbesco doppio gioco da parte degli autori, improntato all’effetto scenografico piuttosto che alla dimostrazione pratica del dispositivo. La piattaforma non viene quindi mostrata nel momento del decollo, né quasi mai ripresa da vicina. Il suo utilizzatore si staglia per la maggior parte del tempo contro il cielo (ovvio) superficie uniforme su cui una qualsiasi elaborazione video sarebbe più che mai facile da realizzare. Cosa ancora peggiore, verso il minuto e quaranta c’è una breve sequenza ad alta quota ripresa “in prima persona” girata tramite GoPro, che è molto probabilmente girata da un drone multi-elica, per la rapidità con cui gira su stessa e si ferma, in modo innaturalmente repentino e preciso. Simili movenze, con un peso come quello teorico del Flyboard completo di pilota, sarebbero decisamente improbabili e niente meno che fantascientifiche. A costituire la vera ciliegina della torta, c’è un effetto di distorsione dell’aria evidentemente causato dalle turbine rivolte verso il basso, che in qualche maniera compromettono e rendono sfocata la visibilità del fondale. C’è un fugace momento, a 1:50 del video, in cui la piattaforma passa davanti a dei cavi della luce. E fili di quest’ultimo, letteralmente, paiono sparire magicamente nell’aria. Quasi come se qualcuno, operando in post-produzione, avesse rimosso rapidamente il getto d’acqua presente sotto un’ipotetica nuova versione del classico Flyboard a getto!
Tutto è perduto, dunque? Non proprio. Preoccupati per le critiche rilevate online, alcuni sostenitori del progetto hanno diffuso dapprima su Facebook, quindi usando YouTube, un secondo video realizzato da una persona che avrebbe assistito casualmente al test, Nel quale si può osservare, da una posizione fissa, Zapata che vola agilmente di fronte a fondali più variegati, incluse le colline attorno al lago di prova, ed infine atterra su un molo in maniera decisamente convincente. Non viene tuttavia mostrato, neppure in questo caso, il decollo. E realizzare in modo fittizio una simile scena sarebbe stato decisamente più complesso. Ma tutt’altro che impossibile, sia chiaro.
Ed in definitiva, siamo di fronte ad una questione dal marcato dualismo, necessariamente infuso di una certa dose di furbizia. Perché se questo dispositivo realmente esiste, quest’uomo è un genio del marketing. Riuscendo a sollevare un simile vespaio di critiche e discussioni prima ancora del rilascio, gli è sostanzialmente riuscito non soltanto di far conoscere la sua ultima creazione, ma di abbinarla ad un’opinione diffusa del “troppo bello per essere vero”. Quando alla fine, dunque, egli rivelerà al mondo prove inconfutabili dell’esistenza del suo tangibile e favoloso hoverboard, lo farà dall’alto di un senso di stupore collettivo assolutamente senza precedenti. Mentre nel caso opposto, di una vera e propria bufala costruita ad arte, gli sarà comunque riuscito di far parlare di se. La quale cosa, come affermava già Oscar Wilde, è pur sempre una condizione da invidiare. Nonché, una piattaforma di lancio verso nuove, incredibili avventure.