E tutto quello che serve, per costruirlo, non è nient’altro che un copertone d’automobile? Più o meno. Ci sono degli altri elementi: un tubo in PVC dotato di rubinetto, del silicone, qualche ritaglio di carta sufficientemente resistente all’acqua. E poi, ovviamente, un po’ del prezioso fluido trasparente che fuoriesce dai nostri comuni rubinetti, possibilmente mescolato ad una speciale soluzione a base di latte. Ma poco, pochissimo e facoltativo, ad un tal punto che il nuovo approccio è stato originariamente implementato dal Dr. Gerardo Ulibarri della Laurentian University in Ontario, Canada, con la finalità principale di portare assistenza a tutti quei paesi in via di sviluppo, in cui i servizi moderni del vivere civile, per non parlare delle spedizioni logistiche con la finalità di distribuire del materiale, sono ancora dei lussi ben lontani dall’essere a disposizione della collettività. Sia chiaro, a questo punto, che non c’è un singolo motivo per cui l’utile risorsa delle ovillantas, tale il nome dell’oggetto di cui stiamo parlando, non possa portare un qualche tipo di sollievo anche alle nostre notti primaverili ed estive, contribuendo ad eliminare almeno in parte quel sinistro ronzio, segno rivelatore di alcune delle più fastidiose ed ansiogene creature parassite a questo mondo. Nonché soprattutto, prolifiche. Ed è proprio attaccandole in prossimità di questo loro aspetto, che ci stiamo qui prefigurando di giungere ad un mondo, forse…Meno biologicamente vario. Eppur di certo, migliore, più sicuro! soprattutto per bambini, anziani ed altri esponenti di categorie a rischio, che a seguito di un episodio di attacco dell’insetto succhia-sangue per definizione, potrebbero dover temere ben più che un semplice prurito verso l’ora del risveglio. Insomma, è un dato certo è dimostrato: le zanzariere salvano le vite. Però ancora meglio, sarebbe non averne neanche la necessità.
Il termine usato per definire l’innovazione tecnica in questione, questa strana parola ovillanta, è in realtà la combinazione di due vocaboli: oviposition, termine inglese usato per riferirsi alla metodologia riproduttiva di tutte le appartenenti alla famiglia delle Culicidae (dalla nostra odiata Culex domestica, fino alla temuta Aedes aegypti, portatrice della febbre gialla e del virus Zika) e l’espressione spagnola llanta, che significa semplicemente copertone. La scelta di questa seconda lingua deriva dalla collaborazione intercorsa tra il team canadese di Ulibarri e il Dipartimento della Salute Pubblica Messicano, nel corso di un periodo di prova del metodo in una regione particolarmente disagiata del Guatemala centroamericano, abitata da circa 15.000 persone. Impiego sistematico durante il quale 84 di queste trappole, assieme ad un corso intensivo fatto alla popolazione sul loro utilizzo, hanno portato all’eliminazione di 180.000 uova di zanzara contro le 27.000 normalmente distrutte tramite l’impiego di metodi convenzionali. È stato inoltre verificato un evidente calo dei casi di patologie legate alla loro presenza, in un periodo dell’anno in cui di solito i malati si aggirano sulle due o tre dozzine. Il risultato della ricerca, dunque, pubblicato giusto il 7 aprile sul sito Internet divulgativo F1000 Research, sta già avendo una risonanza e visibilità notevole sui molti canali del web.
Il fatto stesso che una semplice figura retorica come il portmanteau (unione di parole) riesca già a spiegare in buona parte di cosa stiamo parlando, è la dimostrazione acclarata della semplicità di realizzazione e d’impiego del sistema. Tanto che se avrete visto il video soprastante, di certo ne avrete già acquisito i princìpi operativi di base. Passiamo, dunque, ad una descrizione maggiormente approfondita.
Una ovillanta si presenta come un apparato che si attacca a parete, che può avere o meno la forma di una bocca realizzata con due dei quarti della tipica gomma per autoveicoli. In questo specifico caso, il suo aspetto complessivo assume un fascino utilitaristico non del tutto trascurabile, giungendo a costituire un’oggetto tollerabile nei nostri terrazzi o giardini. Soprattutto, ovviamente, in funzione di quello che fa. Nel primo video creato dall’equipe del Dr. Ulibarri, si comincia la sua creazione da una semplice croce disegnata su un piano di lavoro, che offra le linee guida per suddividere lo pneumatico nel modo più corretto. Si impiegano dei gessi per tracciare la figura, quindi si appoggia l’oggetto della propria attenzione avendo cura che sia correttamente allineato, prima di procedere al sezionamento tramite l’impiego di un frullino manuale con disco da taglio. Nel caso in cui quest’ultimo non sia disponibile, eventualità tutt’altro che improbabile nei paesi per l’impiego designato della soluzione, un altro metodo consigliato è quello di un coltello, o ancora meglio, una roncola, particolarmente affilati e molto olio di gomito: passare attraverso diversi centimetri di gomma vulcanizzata non è facile. Ma può e deve essere fatto in tali luoghi, soprattutto quando può migliorare le proprie chance di restare in salute. Ottenuti i proprio quattro quarti di ruota, quindi, si disporrà delle materie prime per costruire non una, bensì due trappole.
Il passaggio successivo è la realizzazione di un foro centrale in uno dei segmenti del copertone, attentamente a misura per un corto tubo in materiale plastico, che la squadra del progetto dell’università aveva fornito ai beneficiari dell’esperimento in uno speciale kit, inclusivo di tutto il necessario per iniziare una guerra a lungo termine contro le più temute nemiche dell’umanità. A questo elemento, quindi, se ne abbinava un secondo più lungo e dotato di rubinetto (il video lo chiama sespol) che funga da valvola di svuotamento dell’intero meccanismo, che verrà di lì a poco riempito con dell’acqua, possibilmente piovana. Nella versione ideale della trappola, oltre a questa si aggiunge una soluzione chimica speciale a base di latte, che attira le zanzare a deporre la prima generazione di uova nella ovillanta. nMa tale sostanza non è assolutamente necessaria, e la ragione è presto detta…
Perché è ciò che avviene a seguire da quel particolare momento, ad essere risolutivo. Nella stagione secca, soprattutto in prossimità delle aree tropicali e sub-tropicali, le zanzare non hanno un numero illimitato di pozze stagnanti a disposizione. Ogni occasione di far prosperare le loro larve, notoriamente acquatiche, viene dunque accolta con insettile entusiasmo. Questo elemento del copertone poi, in particolare, è percepito da loro come un vero e proprio paradiso, perché si trova in ombra (grazie al secondo quarto di ruota usato per coprirlo) è più caldo della temperatura ambientale circostante e contiene la giusta quantità d’acqua, sufficiente per le larve, difficilmente territorio di caccia di pericolosi predatori. Una volta che la zanzara ha punto la sua vittima umana, quindi, si dirigerà senza falla verso la ovillanta, deponendo immediatamente la sua zattera da 100 a 300 uova, a seconda della specie. Evento che porta alla liberazione, inoltre, di un particolare feromone, che attira altri esemplari presso il particolare luogo da lei selezionato, con le loro centinaia di ulteriori figli, trasformandolo immediatamente in una nursery a lungo termine ed alto livello di praticità. Secondo la strategia riproduttiva di questi esseri, naturalmente, non tutte le uova si sarebbero schiuse. Ma grazie al particolare sistema della trappola-copertone, a patto che si segua la sua operatività corretta, non lo farà neanche una.
Ogni tre giorni, il proprietario dello pneumatico dovrà infatti fargli visita, ed effettuare una specifica serie di gesti. In primo luogo, si procurerà un barattolo o un altro recipiente, e della carta da impiegare come filtro. In alcune versioni dell’apparato, altra carta si trova già all’interno della trappola stessa. Il rubinetto del tubo in plastica verrà quindi temporaneamente aperto, e l’acqua fatta passare attraverso il filtro affinché le uova di zanzara vi restino attaccate, mentre il prezioso fluido, arricchito del profumo feromonico in grado di attrarre ulteriori aspiranti madri di succhia-sangue, sia di nuovo limpido e pronto a ritornare nella sua attraente sede. La carta, invece, verrà bruciata: non si sa mai.
Dengue, la temuta febbre gialla. La malaria. Il virus Chikungunya ed il più recente e temutissimo Zika, dichiarato addirittura una pandemia internazionale. Non c’è limite ai malanni che simili creature possano portare all’organismo umano, essendo giunte a riconfermarsi, più volte attraverso i secoli, come il singolo animale più pericoloso della Terra. Gli insetti fanno molti figli, che spesso riescono a sopravvivere nelle situazioni più ostili. La rapidità delle loro generazioni, inoltre, gli permette di essere geneticamente adattabili all’inverosimile, sviluppando immunità persino ai più terribili veleni. L’impiego diffuso di pesticidi, inoltre, porta a conseguenze spesso gravi e indesiderate.
Per contrastare la loro avanzata, sono stati dunque tentati molti approcci, non ultimo quello dell’impiego del Bacillus Thuringiensis Israelensis, un micro-organismo che attacca soltanto le larve della zanzara tigre. Ma la sua integrazione in sistemi ad alta disponibilità è complessa. Un metodo come questo, dunque, privo di condizioni complesse ma basato sull’ecologia stessa dell’insetto, appare estremamente pratico e potenzialmente risolutivo. Il fatto che permetta inoltre di riciclare un alto numero di copertoni, destinati altrimenti a costituire dal materiale inquinante ed inutile all’umanità, costituisce un ulteriore valore aggiunto. Il che, inutile dirlo: non fa mai male.