Uno scenario interessante: state camminando lungo le pendici di un avvallamento boschivo, nel Tennesse, nell’Alabama, nella Georgia o nella Florida settentrionale. Magari per portare a spasso il cane, o in forza di un’occasionale passeggiata. Ad ogni modo, siete rilassati. Ed attenti a cogliere i dettagli della natura. Così all’improvviso, in prossimità del vostro piede destro, vi capita di scorgere qualcosa di parecchio insolito. Come un movimento lieve, e ingiustificato, di quello che potrebbe essere descritto unicamente come…Un minuscolo disco di terra. Proprio così. Qualcosa di fabbricato artificialmente, se ben capite cosa intendo. Colti dall’improvvisa ispirazione di approfondimento, vi inchinate sul terreno carico di foglie e di sterpaglie, per guardare meglio quella strana cosa. Quindi, avvicinando la vostra mano dominante, sollevate lo strano oggetto, per tentare di comprendere chi l’abbia costruito. Sotto ad esso, appare un buco. Ma quello che sussiste al suo interno, piuttosto che chiarire le circostanze, non fa che rendere la storia ancor più misteriosa. La luce del primo pomeriggio, per necessità di trama, cade in senso perpendicolare verso terra. E penetrando nella fessurina, finisce per illuminare un qualcosa di profondamente inaspettato. Come un disco, perfettamente circolare, dal diametro di una moneta da 10 centesimi. Ricoperto di scanalature a rilievo, che si diramano a raggiera da una figura indistinta, simile a ciò che avrebbe potuto disegnare un’artista per rendere l’idea di un teschio alieno. La mistica visione pare approssimarsi a un talismano, oppure a un qualche tipo di medaglietta da collezione. A questo punto, cosa fate? Lo raccogliete? Difficile resistere. Ma persino il più coraggioso tra gli umani, successivamente a un tale gesto, potrebbe avere una reazione istantanea di disgusto e spavento. Perché una volta preso in mano, quell’oggetto inizierà a muoversi. E con un rapido ribaltarsi della situazione, potrebbe pungervi coi suoi cheliceri, grondanti veleno. Un’esperienza estremamente dolorosa, anche se priva di rischi a lungo termine. Almeno stando a quanto è riportato sul web.
Dicono che ne siano rimasti molto pochi, a questo mondo. O in alternativa, che ce ne siano stati sempre meno di quanti se ne potrebbe pensare, soprattutto considerata la celebre prolificità degli aracnidi, comparabile a quella di taluni insetti infestanti. Eppure persino lo IUCN, l’Indice Rosso delle Specie a Rischio d’Estinzione, si limita a classificarli come DD (Data Deficient) per assenza di nozioni certe sulla loro distribuzione, lo stile di vita e l’effettiva degradazione dell’habitat di residenza. Non siamo neppure certi di quale sia, per dire, tale luogo eletto ad essere uno dei terreni di caccia maggiormente inusuali noti alla scienza. E questo perché ciascun membro delle sette specie appartenenti al genere dei Cyclocosmia, è costretto a vivere perennemente sotto terra, per sfuggire ad un pericolo ronzante. Quello della vespa Pompilide, che non chiederebbe nulla di meglio dalla sua giornata, che trovare un aracnide da infiocinare, con l’acuminato ovopositore, per deporvi dentro le sue uova, le quali, schiudendosi, lo riempiranno di mostruosi parassiti carnivori, destinati a loro volta a diventare dei feroci volatori. Ora, essere divorati dall’interno dev’essere un’esperienza decisamente… Spiacevole. Ma pensate che un simile destino è toccato in sorte a così tanti di questi ragni, nei secoli e millenni, che la selezione naturale ha finito per cambiarne in modo significativo il codice genetico, dandogli abitudini e un aspetto totalmente differente dai loro consimili delle preziose ragnatele. Al punto da non farli più sembrare quello che realmente sono. Ma un oggetto abbandonato, ai confini della civiltà e del tempo.
Orribile. Mostruoso. Sconvolgente. Nei racconti più distopici di un futuro soggetto alla crudeltà degli esseri di fantasia, l’umanità è costretta spesso a sopravvivere nel sottosuolo, all’interno di rifugi totalmente segregati dalla superficie. Ora immaginate di dover quotidianamente temere l’assalto di una morte volante dal cielo, e neanche disporre di una serratura funzionante. Neanche voi avreste il piacere di lasciare l’uscio della vostra casa, soltanto per trascorrere, magari, qualche ora tra gli incubi di un sonno passeggero. Così questi ragni hanno compiuto il passo successivo, e sono diventati loro stessi, guarda caso, la porta. È una questione veramente affascinante…
Anche una volta usciti dalla loro buca questi ragni potrebbero sembrare, ad una persona non informata, incredibilmente troncati a metà. Siamo in effetti abituati ad aspettarci certe forme, dagli animali, che non variano più di tanto. Così un aracnide di questo tipo, normalmente, tra tutte le sue zampe più o meno pelose, presenta due segmenti molto noti, nella forma se non nel nome: il carapace (o prosoma) che ospita gli occhi, gli artigli e la bocca, e l’addome (opisthosoma) dalla caratteristica forma arrotondata simile ad un uovo. Soltanto che, nei ragni appartenenti al genere dei Cyclocosmia, tale struttura anatomica finisce improvvisamente al culmine della sua curva, con una superficie piatta e perpendicolare. Sembra quasi che la povera creatura sia stata schiacciata con una scarpa Nike, per ritrovarsi impressi in via indelebile i solchi fantasiosi della sua stravagante suola. Ma non c’è nulla di più lontano, in effetti, dalla verità. Questo perché il ragno nasce già così, e deve necessariamente contare su una simile risorsa, per sopravvivere fino all’età della riproduzione. È un vita difficile, di un mondo ancora più complicato. L’insolita bestiolina, che misura all’incirca 30 millimetri di lunghezza se è femmina, poco più della metà se è maschio, dovrà scavare la sua buca in verticale, non appena raggiunta l’età adulta, prima di essere scorto da uno dei suoi molti predatori, tra cui uccelli, millepiedi, scorpioni o roditori. Tale pertugio, a seconda dei casi, può misurare fino a 15 cm di profondità, saldamente compattati e tenuti assieme dall’apposita tela intessuta dal ragno, che servirà a dargli solidità e isolarlo dalle infiltrazioni d’acqua. Lo stesso sistema, quindi, verrà usato per creare un coperchio a misura, saldamente attaccato al resto della costruzione con un cardine, fatto sempre della secrezione appiccicosa del ragno. Proprio così: questo aracnide conosce il segreto per costruire una vera e propria botola mimetizzata. Chi l’avrebbe mai detto!
Ma la vespa Pompilide, il suo antagonista più tenace, è tutt’altro che stupida o insicura. E per il tramite di un qualche senso a noi largamente ignoto, riesce senza falla a scovare questi sofisticati rifugi, usando con efferato entusiasmo le sue acuminate appendici boccali per squarciare il coperchietto ed insinuarsi giù nel cunicolo, ansiosa di liberarsi delle suo pesanti uova. Ma è a questo punto, nella maggior parte dei casi, che entra in gioco lo stratagemma del ragno.
Non importa che ci si trovi negli Stati Uniti, in Messico, in Cina o in Thailandia: tutte le buche del ragno dal sedere a moneta presentano una strettoia dopo i primi 30-40 millimetri di profondità, da un diametro appositamente a misura del suo eccezionale posteriore. Questo affinché, nel momento in cui la creatura subisce l’attacco della temuta vespa, essa possa voltarsi verso le profondità, usando la parte del suo corpo più rigida per far da tappo alla tana. Tale parte anatomica è infatti tanto resistente, ed apparentemente inanimata (pare quasi un doppio fondo) da scoraggiare spesso l’imenottero assassino. Ma basta una minima fessura, per quanto invisibile all’occhio umano, perché la predatrice riesca a far penetrare l’ovopositore, depositando le crudeli larve in sul suo corpo in posizione tale da impedirne la facile rimozione. In quel caso, nonostante tutto, il ragno è condannato. E dato che ci sono ancora vespe a questo mondo, è facile immaginare quanto spesso questo si verifichi, ahimé…
Questi ragni appartengono alla famiglia degli Ctenizidae, dello stesso infraordine dei Mygalomorphae, tutte le tarantole e gli altri aracnidi per così dire primitivi, ovvero derivanti da antenati comuni di epoche di molto antecedenti alla nostra preistoria. Sono quindi caratterizzati, come i loro vicini genetici, da cheliceri (zanne) rivolti verso il basso, piuttosto che chiudersi in orizzontale, polmoni a libro e ben due seritteri nel proprio opisthosoma, gli organi simili a dei tubi che usano per produrre la propria tela. Mancano invece del sistema definito in lingua inglese degli spigots sulle zampe o artigli, presente negli Araneomorphae di evoluzione più recente, finalizzato al perfezionamento della ragnatela in fibre ancora più sottili e resistenti.
L’acquisto di ragni della botola come animali domestici è piuttosto diffuso, anche perché è molto difficile procurarseli da se e la specie, come dicevamo, non è tutt’ora protetta. L’aracnide può vivere fino a 10-15 anni, con la caratteristica longevità dei Mygalomorphae. La maggior parte dei quali, tuttavia, trascorsi sotto terra, del tutto invisibile al suo padrone tranne che nel momento dell’atteso pasto. Che si presenterà ogni due settimane circa. Va da se quindi, che si tratti un tipo di compagno decisamente poco invadente, che richiede unicamente un sostrato abbastanza profondo per scavare la sua buca, da cui non uscirà mai più. Dandovi una soddisfazione, per così dire, meramente occasionale.
Non è impossibile, quindi, che molti degli ospiti che dovessero passare per la vostra casa restino convinti che in effetti quello non sia un terrario, ma una semplice ciotola piena di terra. E che una cosa incredibile come il ragno dalla coda tronca, decorato alla maniera del sigillo a cera degli antichi Imperatori, dopo tutto… Sia soltanto un frutto della vostra fervida immaginazione.
Ho trovato nel mio terreno questa strana cosa in metallo pare che sia bronzo e uguale alla figura sembra una moneta ha il buco al centro riporta tutte le scanalature ma sembra che solo in un lato raffiguri una figura
Interessante, mi piacerebbe vederla!