Potrebbe capitare. Voglio dire, cioé, non è impossibile. Che un giorno in viaggio verso mete interessanti, come Sidney o le Hawaii, il nostro aereo precipiti nel mezzo del Pacifico, trasformando uomini e donne moderne in naufraghi, del tutto privi di comodità. Come l’impianto di riscaldamento, la presa elettrica per caricare il cellulare o i vestiti (quest’ultimo punto, evidenziato con particolare enfasi dai reality televisivi, chissà poi perché!) Magari trovando successivamente nella stiva dei bagagli, con un sommo senso di dislocamento spazio-temporale, un’intera cassetta di pregiati agrumi di Sorrento, assieme a una fornita collezione di ciò che potremmo definire unicamente “simpatica chincaglieria”. Come? Non siamo nel regno del probabile? Ma il mondo è pieno di sorprese: le clips decorative in rame esistono, così come il filo elettrico, la lana ferrosa ed i chiodi zincati. Qualche volta, si trovano persino in un raggio di poche decine di metri uno dall’altro! Il che alla fine, da il principio di un’idea potenzialmente utile, di quelle che già in precedenza abbiamo avuto modo di trovare su YouTube. Fare il fuoco senza l’accendino. Né il cerino, la lente d’ingrandimento, i bastoncini da strofinare, un lanciafiamme della seconda guerra mondiale. Una missione apparentemente impossibile, ma che come molte altre, può essere risolta con l’intelligenza. Ed un particolare tipo di esperienza pregressa.
Che per inciso, il qui presente genio della sopravvivenza dal nome d’arte North Survival, non avrà acquisito in un contesto meramente accademico, giacché questo particolare tipo di esperimento, per quanto sia utile a dimostrare il principio della batteria di Alessandro Volta, è praticato assiduamente solo nelle scuole americane. Mentre nella sua nativa Svezia d’Europa, come qui da noi del resto, si preferisce apprendere simili nozioni scientifiche solamente grazie alla teoria. Con eterna gratitudine di rane e vermi, salvati dal destino didattico di un poco invidiabile sezionamento. E che dire invece, di cinghiali, scimmie, creepers esplosivi, orsi, lupi, falchi d’acciaio e squali di terra, soltanto alcune delle possibili creature tropicali, che con l’uomo non hanno alcun tipo di familiarità, né mai vorrebbero acquisirla…Ma che uno spuntino, dopo tutto, non potrebbero mai rifiutarlo? L’unica speranza: impugnare l’arma di cui Prometeo ebbe l’ardire di fornirci, accettando di pagare il più tremendo prezzo. Evocandone lo spirito, per quanto possibile, attraverso gli strumenti di cui disponiamo. Ah! McGyver ne sarebbe molto fiero. Perché l’ingegno nasce, in ogni situazione, dalla capacità di creare connessioni, partendo se possibile a ritroso. Che è poi il principio di un qualsiasi tipo di creatività. Postulato: devo fare luce nella notte, prima che l’oscurità nasconda il mondo agli occhi della mia disperazione. Per produrlo, occorre una scintilla. Per fare quest’ultima, che c’è di meglio, “Eureka!” Che impiegare l’elettricità? Ora, non lo nego: probabilmente voi ed io, in mezzo alla natura incontaminata, non evocheremmo simili pensieri neanche in via ipotetica, figuriamoci poi mettersi ad agire in conseguenza! Eppure, l’essere documentati aiuta. E chi può davvero dire, dove potrebbe trasportarci la memoria, nel momento del bisogno più terribile e opprimente? Come ad esempio, a questo giorno di marzo, in cui vedemmo questo giovane infiggere con forza i suoi chiodini e clips oltre la scorza dell’asprissimo esocarpo, collegandoli quindi in serie con il filo fatto in materiale conduttivo. Onde generare, senza neanche un’attimo di esitazione, una corrente elettrica di circa un volt, che poi sarebbe a dire, un rapido spostarsi di elettroni, da un capo all’altro dell’intero meccanismo. Ora, se fossimo stati alla fiera scolastica di scienze di Springfield, a questo punto ai fili si sarebbe collegato un piccolo orologio, oppure una lucina al LED. Per dimostrare l’efficacia delle fisica, nella risoluzione dei problemi! Ma poiché qui ci troviamo, devo forse ricordarvelo? Nel bel mezzo del “selvaggio nulla”, l’exploit conduce a una risoluzione totalmente differente: i due fili scoperti, posti a contatto con la lana di ferro, generano un piccolo, ma efficace corto circuito. E sfrigolando, danno fuoco a…
“Sono salvo! Sono vivo!” Con questa fiamma, cuocerò enfaticamente i giorni che mi restano da trascorrere in completa solitudine, siano questi i tropici o le lande irraggiungibili del freddo Nord.”Ma che devo fare,” mi sembra quasi di sentirvi: “Se sul mio aereo non c’erano limoni, né chiodi zincati di alcun tipo?” Beh, siete fr… No, tutt’altro. La realtà, così ben esemplificata dagli esperimenti simili a quello d’apertura, è che l’elettricità non è una cosa rara, né puramente artificiale. Il nostro stesso pianeta, in effetti, è racchiuso in una bolla di elettromagnetismo, la ionosfera, che caricata dai raggi solari, lo circonda e crea un’impressionante scia. Così come il fulmine di Zeus, colpito il primo albero al princìpio della civiltà, donò ai suoi servitori e discendenti la sovrana conoscenza della combustione, di nuovo l’esperienza può essere ridefinita, su scala più ridotta e personale. Purché si abbiano le giuste informazioni. Vedi per l’appunto, quelle offerte da DaveHax, un altro produttore di contenuti su YouTube, che non potremmo fare a meno di definire “folgoranti”. Siamo di nuovo nel reame degli esperimenti scientifici, benché stavolta di un tipo potenzialmente più utile, anche al di fuori della semplice sopravvivenza. Una batteria a monete, essenzialmente, non è che una diversa applicazione dello stesso principio del limone di apertura, benché fondato su un diverso tipo di tesoro del quotidiano: invece che il cibo, il denaro. Nella patria d’Oltreoceano, si prende un certo numero di monetine da un centesimo, che la zecca americana ha forgiato per molti anni a partire dallo zinco, mediante il processo della galvanizzazione. Nel frattempo invece qui da noi, almeno stando a Wikipedia, la soluzione ideale potrebbe trovarsi nelle monetine da 10 centesimi di Euro, benché la loro massa estremamente ridotta, purtroppo, sia destinata a fornire un voltaggio anche minore. Tra ciascuna coppia di tali pezzi d’insignificante conio, quindi, si dispongono due cose: un ritaglio nella carta argentata a base d’alluminio, che crei un gradiente di tensione elettrica tra due metalli, ovvero la stessa forza usata nell’esperimento del limone. Il cui fluido di attivazione, in questo caso, non essendo già fornito dall’acido citrico del frutto, dovrà essere aggiunto mediante alcuni dischetti di cartone ritagliato, imbevuti in una sostanza dal pH estremamente basso, come l’aceto. Tripudio, esaltazione, un attimo di gioia ed entusiasmo: eccola, ci siamo, è dunque giunta l’elettricità. È importante notare come, in questo caso come in quello precedente dell’agrume, la fonte dell’energia elettrica non siano gli elettroliti, ovvero l’aceto (viz. il succo di limone) ma il metallo stesso, che immerso in essi va incontro ad un processo di ossidazione. Scatenando, quindi, l’energia accumulata durante il suo processo di produzione, e tendendo a degradarsi col trascorrere del tempo. La risultanza di una simile trasformazione, io credo, la conoscete molto bene: si tratta della ruggine. L’elettrolisi spontanea e indesiderata è un problema possibile, incidentalmente, in tutte le strutture costituite da due o più metalli diversi, come la Statua della Libertà. Può infatti succedere, a seguito d’infiltrazioni d’acqua accidentali, che in esse prenda a generarsi una lieve corrente elettrica, con la conseguenza deleteria di cui sopra. Su scala ridotta, la situazione non migliora. Può persino bastare una semplice padella lasciata nel forno, piena di un cibo umido come una lasagna e ricoperta con la carta argentata a generare la corrosione di quest’ultimo elemento. E gli ioni sciolti di metallo, si sa, non sono un condimento particolarmente salutare…
La portata della piccola batteria è questa volta maggiormente significativa, nonché infinitamente variabile. Grazie al particolare sistema impiegato, che può essere allungato in serie senza limiti di sorta (mentre un limone, come sappiamo, è tondo e non poi così grande) la batteria a monete può moltiplicare gli appena 0,8 volt prodotti da ciascuna cella (moneta+carta argentata+cartone acetato) per la quantità di volte ritenuta desiderabile, fino all’ottenimento di una prestanza elettrica che potrebbe dimostrarsi persino sufficiente a caricare un cellulare. Basterebbe, ipoteticamente, disporre un’intera scatola di scarpe in monetine. Oppure due. Nessuno aveva detto che fosse SEMPLICE…
Finché non ti accorgi, verso il sopraggiungere del pomeriggio, che neppure tutte le monete di cui disponevi, e quattro batterie a limone sono bastate a fare il fuoco delle avulse circostanze. C’è soltanto un ultima speranza, dunque, per salvarti: ricorrere alla Earth Battery, sarebbe a dire, la favoleggiata batteria di terra. Oppure, tanto per essere un filino più allegorici, della Terra stessa, ridotta nelle dimensioni per servire maggiormente allo scopo. Questo tipo di batteria sperimentale, questa volta difficilmente riconducibile alla pila di Volta, si basa nuovamente su due elettrodi metallici, il ferro o lo zinco galvanizzato di bulloni Vs. generalmente dei fili rame, posti a contatto con una sostanza elettrolitica. Che stavolta, è del tipo più comune immaginabile: il semplice suolo, raccolto e deposto in una serie di vaschette (ad esempio di quelle per il ghiaccio) usate per delimitare ciascuna singola cella della batteria. Ciò che succede nuovamente, in questo caso, è che una corrente ionizzata si trovi spontaneamente a circolare tra i fili, tendendo ad accrescere se stessa fino alla potenza di quattro, cinque volt. Se neppure questi vi bastano a generare il fuoco da un corto circuito, beh, che devo dirvi… Lasciate stare la sopravvivenza, che chiaramente non fa per voi!
Nel finale del video, il dimostratore desertsun02 mostra quindi, quasi casualmente e soltanto per alcuni secondi, quello che potrebbe definirsi l’esperimento più interessante di tutta la serie. Egli realizza, infatti, l’unica vera batteria di terra, infiggendo un lungo chiodo di zinco galvanizzato ed un tubo di rame nel terreno stesso, poi collegandoli tra loro. È un qualcosa di simile a quanto teorizzato inizialmente nel XVI e XVII secolo dagli scienziati Friedrich Gauss e Carl August von Steinheil, venendo quindi brevettato attorno ai primi del ‘900 dall’americano Daniel Drawbaugh, che lo sfruttò per far funzionare alcuni inarrestabili orologi. Il nostro suolo è infatti percorso da correnti elettriche, che nel corso della storia hanno avuto molti nomi. Il serpente delle profondità, il grande drago cosmico, la prototipica ley line, percepita istintivamente dagli antichi che tendevano a poggiarci i loro menhir. Una spina dorsale del mondo stesso, che non si cura di essere a noi nota. Ma pur sempre esiste, persiste ed offre a noi i suoi frutti senza tempo. Siano questi commestibili, oppure gustosamente elettrificati. E i lupi non rispettano niente e nessuno. Tranne il fuoco.