Che cosa magnifica, il Fair Use! La norma legale, vigente negli Stati Uniti, secondo cui personaggi, concetti o creazioni di proprietà di un’azienda anche straniera possono essere impiegate da creativi terzi, con la finalità di mettere assieme un qualcosa di sostanzialmente originale, utile o davvero interessante. Sarebbe infatti questa, fra i tanti, uno dei pilastri più importanti del web. Ovvero il fatto che il copyright, pur restando sacrosanto, possa talvolta essere piegato o reso collaterale, all’accrescere il patrimonio cognitivo della collettività. Perché resta fondamentalmente vero il fatto che nell’attimo del click selvaggio, quando una persona è in cerca disperatamente d’intrattenimento, il suo browser tenda a muoversi come il proverbiale mulo che conosce già la strada. Se io dicessi: guarda, il nuovo video dei Dark Pixel! Quanti saprebbero di cosa sto parlando? Mentre prova tu, a presentare l’opera come l’insieme di tre parole chiave: “Super”, “Mario” e “Parkour” per assicurarti una visibilità di certo assai maggiore, nonché la ripubblicazione del tuo materiale presso l’esercito dei siti di settore, o canali tematici quali YouTube Games. È una semplice realtà dell’era digitale, quella secondo cui ottiene il successo unicamente il volto noto. Mentre tutti seguono, belando, l’impronta fantasmagorica del brand. Mentre storicamente non tutti gli executive d’azienda, all’altro capo della filiera produttiva, si sono dimostrati in grado di capirlo. La stessa pluri-ventennale Nintendo, ad esempio, ha alle sue spalle dei lunghi periodi di diffidenza verso l’uso non direttamente autorizzato dei propri beneamati personaggi, con ordini di rimozione o vari tipi di lettere inviate dai legali, finalizzate alla rimozione di questa o quella re-interpretazione. Benché si giunga eventualmente ad un momento, particolarmente significativo, in cui la quantità, e talvolta addirittura qualità, di quanto viene prodotto dalla moltitudine dei fan tecnicamente competenti, finisce per superare quella degli spin-off per così dire, ufficiali. Ed a quel punto, che fermarli diventa contro-producente, sia dal punto di vista pratico, che dell’immagine internazionale. È una sorta di applicazione digitale, gioiosa e coloratissima, del principio della vecchia vita di frontiera. Chiamiamolo, se vogliamo, una sorta di Fair West.
Gente che comprende l’immaginazione. Persone che, acquisita l’abilità di impiegare il computer per creare ogni sorta di mondo fantastico, sono rimasti con i piedi bene saldi a terra, riuscendo a intravedere, dietro semplici muretti o vari tipi di arredo stradale, dei portali verso gli infiniti regni del divertimento. Sono quattro persone, volendo ridursi al nucleo degli autori fissi, ciascuna con un ruolo chiaramente definito. Landon Sperry, grafico degli effetti speciali. Suo fratello Casey, regista e addetto al montaggio. Mike Brown, musicista. Matt Morrel, specialista del compositing (l’amalgama dei diversi elementi visivi). Già gli autori di innumerevoli cortometraggi dedicati al mondo del cinema e dei videogiochi, liberamente disponibili sul loro vasto canale di YouTube, i Dark Pixel non sono soliti ripetersi, né reimpiegare vecchie idee. Ma hanno recentemente deciso di fare un’eccezione, con questo secondo episodio di quella che potrebbe a questo punto diventare anche una serie, visti gli alti valori di produzione e stilistici, finalizzati a mostrare due dei personaggi più famosi di questa generazione, il rosso e il verde idraulico del Regno dei Funghi, alle prese coi consueti pericoli più o meno semoventi, ma per una volta in un contesto niente affatto virtuale: i due campus delle Università dello Utah e della Utah Valley, entrambi siti nello stato di provenienza del fenomenale gruppo di filmmakers, senza comunque rinunciare alla partecipazione di due attori d’eccezione. Entrambi figure degne di nota all’interno dello sport in questione, che a sua volta, non sarebbe stato di certo sconosciuto ai grandi salvatori in tuta delle principesse rosa in difficoltà.
Sono Ronnie Shalvis, nel ruolo di Luigi (canale: Ronnie Street Stunts) e Calen Chan, in quello di Mario (The Chinese Lion Tamer) che già avevano collaborato in occasione del precedente episodio di Mario Parkour. Ma che già si erano fatti un nome anche singolarmente, tramite la produzione personale di scenografiche esibizioni, più o meno efficaci nel catturare la fantasia del grande pubblico, secondo le specifiche modalità di cui parlavo in apertura. Vedi ad esempio il grande successo pregresso dell’atleta che interpreta Luigi, un video di un’anno fa con oltre 10 milioni di visualizzazioni, in cui egli non faceva altro che indossare una famosa calzamaglia, presentandosi come l’emulo estremamente entusiasta del pluri-celebrato Spider-Man, uno che di salti, capriole e arrampicate se ne intende per definizione. Una creatura del fantastico, alla pari di unicorni, draghi o grifoni, ma notevolmente più moderna, e dotata della capacità di permettere l’immedesimazione collettiva. Che è poi quello che serve, in ultima analisi, per il successo di un qualsiasi video di Parkour! Comparabilmente, il nostro Mario/Chan è ancora agli inizi, con meno di 3.000 iscritti nonostante le pur validissime prospettive. Il fatto è che lui ha evidentemente preferito, almeno fino ad oggi, mantenere l’immagine di quando venne al mondo, quella di un essere umano al 100% che si è allenato, ha corso, ha saltato e infine ha scelto, senza grandi guadagni personali, di trasmettere le sue capacità dentro le case degli alacri cliccatori. Roba che non vende. Peccato. Per sfondare in quel settore, ai nostri giorni, credere nell’omni-comprensiva legge del Fair West.
La genesi del nuovo Super Mario Parkour, nel frattempo, risulta anch’essa alquanto interessante. Il video nasce infatti dall’esigenza, già sperimentata dai Dark Pixel, di ottimizzare i tempi di produzione. È infatti successo di nuovo in questi mesi, che la mole di lavoro dimostratisi necessaria alla creazione di un video (l’immediatamente precedente Star Kart) fosse stata tanto notevole, ed estesa nel tempo, da poter portare ad un’interruzione della pubblicazione di nuovo materiale sul web. Una circostanza particolarmente indesiderabile, per chi punta sulla celebrità continuamente riconfermata. Così gli epici quattro hanno deciso, in questo caso, di affidarsi per la realizzazione degli effetti speciali ad un altro gruppo della cinematografia dei corti del web, i King Bob Videos, una realtà ancora nascente ma già ricca di spunti certamente interessanti. La cui abilità creativa, mostrata a pieno nel presente video, lascia ben sperare in un futuro di accrescimento esponenziale di like, iscrizioni e perché no, introiti pubblicitari dal marketing affiliato di YouTube. Ma a questo punto verrebbe anche da chiedersi, che COSA esattamente, stavano facendo i Dark Pixel, di tanto complesso e sfaccettato, da dover cercare aiuto esternamente, per la prima volta nella storia della loro piccola compagnia? La risposta, nonostante tutto, potrebbe superare l’immaginazione:
Visionando i cosiddetti fan videos costruiti attorno a questa o quella serie celebre, ci si trova a contatto con produzioni di ogni livello qualitativo. Ma resta estremamente raro, nonostante tutto, che gli appassionati riescano a raggiungere il livello qualitativo di quanto stanno utilizzando a sostegno della loro immagine, per come era stato definito dall’azienda originaria, dotata di finanziamenti e know-how notevolmente superiori. Il che giustificava, almeno in parte, i trascorsi gesti mirati a far rimuovere questa o quella rappresentazione non autorizzata, considerata indegna del proprio costoso materiale. Capita tuttavia, una volta ogni diversi anni, di vedere una creazione così straordinaria, impeccabile, perfettamente curata, da far esclamare: “Magari lo facessero davvero, questo videogame!” Si tratta, molto spesso, di un cross-over. Perché è proprio in tale tipologia situazionale, che l’applicazione del Fair Use trova il suo principale punto di forza: laddove le major, agili e manovrabili più o meno quanto un transatlantico in corsa, vengono aggirate da rapide pilotine, le imbarcazioni della gioia e della fantasia. Unendo cose, che giammai, prima di allora, erano state reputate compatibili. Come Guerre Stellari e Mario Kart. Niente male, vero? L’improbabile cortometraggio dei Dark Pixel, in questo caso realizzato interamente al computer, che dura 3 minuti e mezzo ma pare estendersi molto più a lungo, tanto è vario e ben curato. In cui le macchinine tipiche della sub-serie di guida sono state sostituite, senza troppe remore, con le astronavicelle di uno dei più grandi classici della storia del cinema. Soprassedendo sui diversi seguiti realizzati a distanza di generazioni, tristemente ritenuti insufficienti a tenere alta la torcia del buon nome di una serie tanto significativa.
E invece Mario, quanto a lungo ancora sopravviverà? È indubbio che l’idraulico, col suo ricco bagaglio di veterano dei giochi di salti e tubi teletrasportanti, sia stato negli ultimi anni sovra-sfruttato, con una produzione di titoli a cadenza più che annuale, tra l’altro, non sempre oggettivamente conformi all’antico livello sopraffino delle sue avventure. Siamo ad un punto di svolta, ormai: e se Nintendo sia destinata a ritornare ai fasti dei suoi anni d’oro, grazie al lancio dell’imminente, quanto ancora misteriosa console NX, sarà in massima parte grazie all’opera dei suoi sapienti fan e produttori di contenuti, su YouTube, Twitch e tutti gli altri innumerevoli portali. Per ogni video fatto rimuovere a priori, in nome di una sacralità dei personaggi ormai in realtà da tempo compromessa, una stellina dell’invincibilità rimbalza dentro ad un fossato senza fondo. Eternamente perduta allo scrolling dell’immagine di gioco. È principalmente dall’accettazione di uno stato di fatto comunque reale, nonché dell’esistenza e del funzionamento del moderno web, che un transatlantico di vecchia data può restare a galla, raggiungendo nuove mete e possibilità. L’iceberg dell’indifferenza, nel frattempo, resta pericolosamente in agguato.