La questione dell’allungamento delle navi da crociera

Braemar jumboing

Può sembrare incredibile ma è in realtà una chiara legge di natura: così come le cose grandi tendono a rimpicciolirsi, per effetto dell’erosione, del consumo, dell’invecchiamento e l’entropia, tutto quello che è piccolo, da un giorno all’altro, può all’improvviso crescere in maniera impressionante. Specie se stiamo parlando di una risorsa utile, in qualche maniera, al suo creatore uomo. Col cappello. Con la giacca. Con la pipa: un vero lupo di mare. E tali canidi riconoscono l’utilità dei vasti spazi, finché mantengono il contatto con terre selvagge ed incontaminate, lande vaste di pianure o valli trasparenti, soggette a mutamenti fluidi e al moto ciclico delle maree. Così può capitare, ed è successo più spesso di quanto potreste forse tendere a pensare, che una nave non sia più considerata economicamente produttiva. Ma i suoi proprietari, partendo da un’attenta analisi dei presupposti, decidano contestualmente d’esclamare: “Può ancora esserci utile, perché gettarla via?” Prima ipotesi. Oppure addirittura, che un armatore coscienzioso, riconoscendo i limiti dei suoi mezzi finanziari, sotto-dimensioni volutamente il suo primo valido vascello, limitando la spesa per lanciare la sua compagnia. Già tenendo a mente, in un momento successivo, di acquisire i mezzi per “concluderne” la costruzione. Dopo averla già impiegata, quella troppo-corta nave, per anni, ed anni e mesi e settimane. Perché è di questo, fondamentalmente, che stiamo parlando: prendere uno scafo già fatto e finito, separarlo in due distinte parti, poi allontanarle grazie ad appositi meccanismi su ruote in un bacino di carenaggio, l’una dall’altra, creando un grande vuoto. Nel quale verrà subito inserito, con macchinari appositi, una vera e propria fetta trasversale della stessa cosa. Che sarebbe a dire, una sezione del corpo della nave. Quindi, compiuto l’epico passo, si concluderà il puzzle riallacciando la cavetteria ed i tubi, per procedere immediatamente con i saldatori a rendere di nuovo unito, ciò che un lo era da princìpio. Con una singola, importante differenza: da quel fatidico giorno, il vascello potrà portare molti passeggeri in più. Oppure merci, oppure chi lo sa…
Sembrerebbe un’improbabile invenzione di un autore di romanzi, questa ipotesi difficilmente immaginabile dalla comodità di casa propria, se non ci fosse a disposizione su Internet la vasta serie di video di riferimento relativi, tra cui questo recentemente pubblicato dalla MKtimelapse con immagini acquisite nel 2008. Nel quale ci viene mostrato, attraverso la tecnica della ripresa accelerata, un simile processo presso i cantieri di Amburgo della Blohm+Voss, finalizzato ad estendere di 30 metri la Ms Braemar, nave di proprietà della compagnia battente bandiera norvegese Fred. Olsen. Una missione apparentemente impossibile, che richiese invece soltanto due mesi di lavoro, ovvero molto meno del tempo necessario a costruire un vascello totalmente nuovo. Andando, soprattutto, incontro a costi notevolmente inferiori. La pratica, in realtà, pur restando relativamente inusuale, è tutt’altro che avveniristica. Questo metodo per l’allungamento, che in gergo anglofono viene definito talvolta jumboising, risale al 1865, l’anno del varo della SS Agamemnon, la prima nave inglese dotata di motore a vapore ad espansione multipla, in cui l’energia termica, fatta passare attraverso successive camere di combustione, veniva potenziata più volte per ottenere una spinta molto più efficace. Il mercantile, che avrebbe collegato le isole della Gran Bretagna con le distanti terre della Cina, fece un’enorme impressione nel suo settore, al punto che i principali armatori coévi decisero che avrebbero dotato le loro navi già esistenti di un sistema simile di propulsione. Se non che, c’era un problema: questa tipologia di meccanismo si presentava, per sua stessa implicita natura, come considerevolmente più ingombrante delle alternative precedenti. Ponendo gli speranzosi committenti innanzi ad un dilemma: conveniva ridurre i tempi delle traversate, al costo della riduzione della capacità di carico di ciascun singolo vascello potenziato? Si pensò molto a lungo alle possibili soluzioni. Finché a qualcuno, non venne l’idea. Che fu messa in atto su larga scala, per la prima volta, dalla Allan Line, una grande compagnia trasportatrice di posta, merci e persone con la sua sede principale a Glasgow, in Scozia. La quale nel giro di tre anni, a partire dal 1871, fece allungare ben sei delle sue navi più importanti, vedendo un considerevole aumento dei profitti. A quel punto, la via per il futuro apparve estremamente chiara…

Balmoral jumboing
Un altro allungamento portato a termine in tempi da record dagli esperti della Blohm+Voss, sempre nei confronti di una nave di proprietà della Fred. Olsen, la MV Balmoral. L’operazione fu portata a termine nel 2007, portando la nave ad un totale di 929 passeggeri.

La prima reazione che alcuni potrebbero avere, messi a confronto con l’intera questione, è di un’istintiva diffidenza. Siamo in effetti abituati a considerare gli strumenti complessi o precari come un tutto indivisibile, e di certo ci sono ben poche cose, a questo mondo, a poter essere definite più spaventose di una nave. Mi pare quasi di sentire l’ipotetica persona: “Salire a bordo di una cosa che è stata tagliata a metà, quindi riattaccata assieme? Preferirei viaggiare a nuoto.” E in effetti, sarebbe difficile negarlo, raramente l’allungamento di una nave viene pubblicizzato a vantaggio del pubblico finale, benché costituisca spesso il vanto di tutte le compagnie coinvolte, sia dal punto di vista ingegneristico, che per i vantaggi finanziari che immancabilmente porta ad acquisire, con un aumento dell’efficienza produttiva di ciascun vascello sottoposto a tale procedura. Che per inciso, non ha nulla d’insicuro, né assomiglia in alcun modo alla creazione del mostro di Frankenstein, con tutte le sue implicazioni potenzialmente disastrose. Anzi, considerate pure questo esempio pratico: la seconda delle navi qui mostrate, la MV Balmoral che prende il nome dal famoso castello scozzese, fu famosamente coinvolta, nel 21 gennaio del 2009, in una grave tempesta nella baia di Biscay. Con onde alte 15 metri e venti di fino a 97 Km/h, condizioni tali da causare l’infortunio di due passeggeri, che furono immediatamente trasportati in elicottero presso l’ospedale di Coruña, in Spagna. Mentre la nave stessa, allungata soltanto due anni prima, non riportò alcun tipo di danno, dimostrando ancora una volta l’efficienza tecnologica di ciò che deve stare a galla. E per lungo tempo, ivi rimarrà. Errore umano, oppure scogli, permettendo.
Considerate, dopo tutto, quanto segue: tutte le navi moderne nascono dall’assemblamento di pezzi ben distinti tra di loro. Non sarebbe certamente possibile concepire un oggetto artificiale, dal peso di diverse decine di migliaia di tonnellate, che viene letteralmente ricavato dal singolo più grande blocco d’acciaio al mondo. E persino le specifiche componenti ritenute più resistenti e indivisibili, quali ad esempio la chiglia, sono la risultanza di più componenti saldati assieme, in un tutto apparentemente unico, che tuttavia potrà essere diviso soltanto con grande fatica, ed attrezzi specifici, successivamente all’ordine di smantellamento della nave. Perché tutto muore, prima o poi. Ma certe cose, possono farlo solamente grazie all’ordine dei loro utilizzatori. E qualche volta, invece, diventano più grandi.

How it's made limo
Il processo di allungamento delle navi appare simile a quello per la produzione delle tipiche stretch limousine, un veicolo estremamente amato dagli americani. In quel caso, si prende un’auto di serie e la si allunga con un pezzo di carrozzeria centrale. Ma si tratta di una mansione assolvibile soltanto con metodologie particolari, pena la pericolosa compromissione della solidità del mezzo.

Il successo ottenuto tanti anni fa dalla Allan Line, con le sue navi sottoposte a jumboising, portò ad un immediata imitazione da parte dei suoi concorrenti. Il rapido avanzamento dei metodi progettuali per i transatlantici e le altre navi dell’inizio del ‘900, tuttavia, sembrarono aver reso il processo pressoché obsoleto: praticamente ogni anno, infatti, venivano introdotte innovazioni tecnologiche talmente significative da rendere il rinnovamento delle vecchie navi economicamente poco pratico. Così ritroviamo questa prassi applicata su larga scala solamente in tempi più recenti, e soprattutto in due campi: quello militare e delle navi da crociera. Ovvero dove l’incremento delle infrastrutture di bordo a disposizione, o della capacità di carico della singola nave, può essere in determinati casi più utile, che la mera costruzione di un ulteriore vascello, dai consumi, tempi di messa in opera e costi operativi tutt’altro che trascurabili. Tra le altre compagnie che sono ricorse all’allungamento dei propri vascelli, oltre alla Fred. Olsen, troviamo la Royal Caribbean negli anni ’70 (navi: Song of America, Song of Norway) la Holland America nel 1988 (Westerdam, soltanto due anni dopo il suo varo) ed anche la nostrana Costa, con le tre C. Allegra, C. Classica e C. Marina, ciascuna delle quali aveva iniziato la propria carriera attorno agli anni ’90 con una stazza, e portata, notevolmente inferiori a quella che oggi possa definirsi una nave da crociera pienamente funzionale. Poco male, come si dice: la soluzione è sempre dietro l’angolo, basta procedere per gradi. E il processo di jumboising, come dicevamo, è sempre implicitamente sicuro, purché condotto con i giusti crismi operativi.
Resta, tuttavia, una potenziale problematica. Quella relativa a cosa, effettivamente, sia contenuto nella nuova sezione della nave “allungata” ovvero se si tratti unicamente di cabine, infrastrutture, o una commistione delle due cose. Perché è qui, effettivamente, che si potrà capire un’eventuale ricerca di profitto eccessiva da parte della compagnia committente: una nave in cui si passi da 1.220 a 1.788 passeggeri, tanto per fare un esempio ipotetico, renderà molto di più. Pur essendo dotata dello stesso numero di ristoranti, sale da ballo, piano bar e così via… L’eccessivo affollamento, è cosa nota, non aiuta in alcun modo nel godersi una vacanza. Il viaggiatore che non ami le sorprese, prima di partire, farebbe bene a considerare la questione. Analizzando, magari su Internet, la storia della propria nave.

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