Giorno dopo giorno, con la pioggia e con il sole, lavori duramente. Ci provi. Più per la passione personale d’inventare, mettendo assieme parti di metallo verso un tutto superiore ai componenti, rispetto al fine ininfluente di ottenere un qualche tipo di ritorno, in fama, prestigio e/o denaro. Finché un giorno, all’improvviso, non avviene la fortuita cosa: che qualche grande testata, dapprima di settore, inizi a scrivere de “Il folle inventore”, soltanto per essere poi ripresa, come spesso capita, dalla stampa generalista locale. Infine, quella internazionale segue a ruota. Ed a quel punto: “Cosa fare?” Dev’essersi chiesto Alexei Garagashyan, il meccanico di San Pietroburgo che pilota il mostro nel presente video, recentemente assurto alle cronache dell’Internet russa e del mondo per la prima versione commerciale del suo celebre Cheburator DIF-1, ribattezzato per l’occasione con il più stringato appellativo SHERP. “…Se non cavalcare l’onda, e aspettare gli ordini, che di certo arriveranno di qui a poco!” È chiaro che non poteva essere diversamente. Quando l’ultimo figlio tecnologico della tua mente è tanto originale, immediatamente divertente, nonché potenzialmente utile, la gente danarosa si appassiona. E cosa vuoi che siano, 65 o 70.000 dollari (versione standard oppure KUNG) rispetto all’opportunità di vivere il mondo selvaggio come fosse il retro del giardino della propria stessa casa di campagna!
È veloce, più o meno, è agile, molto e sopratutto non si ferma innanzi a nulla. Meno che mai, il più grande pericolo conosciuto alle 4×4 che scelgano di avventurarsi in mezzo a simili paesaggi: il ghiaccio molto, troppo sottile. Nel video diventato famoso verso la metà della settimana scorsa, come anche in questo qui mostrato del prototipo veicolare, si può osservare il gesto di un autista apparentemente folle; il quale si avventura, senza un’attimo di esitazione, nel bel mezzo di un lago reso percorribile dal grande inverno. Senza preoccuparsi di effettuare studi di fattibilità, ovvero per lo meno, controllare lo spessore di quel velo trasparente che dovrà condurlo all’altro lato dell’abisso. E tutto sembrava andare per il meglio, finché all’improvviso, com’era purtroppo prevedibile, la membrana non si trasforma in voragine, ed inizia quel temuto affondamento che…Si è già fermato. Proprio così: per chi non lo sapesse, la SHERP è un mezzo anfibio, in grado di navigare grazie all’uso dei generosi intagli sui suoi sproporzionati pneumatici a bassa pressione, che finiscono per agire come le pale di un vecchio battello fluviale. Il che significa, incindentalmente, che essa può passare senza soluzione di continuità dal suolo solido, al ghiaccio, all’acqua e viceversa, grazie al metro virgola 6 di gomma e quattro camere d’aria simili a canotti. Una soluzione ingegneristica che ha il rovescio della medaglia di far lievitare notevolmente il prezzo, fino alle cifre su citate, per il semplice fatto che simili meraviglie nerastre dovranno essere prodotte interamente su misura, assieme all’intero impianto della struttura, la scocca e alcune componenti della trasmissione. Le caratteristiche fuori dal comune di questo insolito veicolo, lungo in totale poco meno di tre metri e mezzo, non si fermano infatti qui, tutt’altro: un’altro punto forte della SHERP è infatti il suo essere del tutto priva di uno sterzo. Proprio così, avete capito bene. Questa macchina è più rigida, dal punto di vista della convergenza, di quanto potrebbe dirsi il tipico treno merci. Ma come fa allora, a curvare? Ah, questa è bella ed anche un po’ scontata, visto che dopo tutto siamo in Russia, la patria delle soluzioni iper-moderne che guardano all’antico. Alexei Garagashyan, in conferenza con microfono alla mano: “Curva, esattamente (grosso modo) come un carro armato.”
Naturalmente, la risposta è a disposizione di chiunque salga a bordo e scelga di sedersi davanti, lato passeggero oppure guidatore: a far pendant con l’assenza di metodi di convenzionali di direzionamento, infatti, il curioso fuoristrada non poteva che essere del tutto privo di volante. Presentando, piuttosto, due leve parallele, rispettivamente incaricate di portare a regime le due ruote sul lato destro e sinistro del veicolo, in un senso oppure l’altro. Ciò che ne risulta, sostanzialmente, è un angolo di sterzata che più che minimo si può tranquillamente definire nullo: la SHERP, qualora venga ritenuto necessario, può facilmente girare su stessa. Un’abilità tutt’altro che superflua nel caso di utilizzo in luoghi remoti, tra il fitto sottobosco o il suolo accidentato della tundra, ad esempio con il fine di portare, ad esempio, dei rifornimenti ad una stazione scientifica di sorveglianza. Nonché quello, certamente più usuale, di condurre una scampagnata con gli amici, facendo sfoggio del proprio ultimo acquisto totalmente immotivato. Le principali differenze tra i due allestimenti del veicolo, standard o KUNG (5.000 dollari di differenza) sono la presenza di un tettuccio solido invece che di stoffa, con sportello frontale ammortizzato ed interni migliorati, mentre restano comunque degli optional l’impianto di riscaldamento, i fari potenziati e dei serbatoi addizionali, nascosti nei cerchioni delle ruote. Le quali, aspetto estremamente interessante, possono essere gonfiate o sgonfiate direttamente da un comando situato in cabina, attraverso un particolare sistema brevettato ed esclusivo.
Ma veniamo, a questo punto, al cruccio fondamentale: il motore. L’automobile di Garagashyan, nelle sue due versioni più evolute, è dotata di un Kubota giapponese da 1498 di cilindrata in grado di sviluppare 44,3 cavalli di potenza, una cifra tutt’altro che vertiginosa ma sufficiente a spingere il veicolo a una velocità massima di 45 Km/h su strada e appena 6 sull’acqua, dimostrando come i citati presupposti anfibi siano ad ogni modo secondari rispetto a quello di attraversare il percorso di terra più accidentato che sia possibile da immaginare. Il foglio tecnico del sito ufficiale, infatti, fissa l’altezza massima degli ostacoli scavalcabili in corso di marcia ad un impressionante 100 cm, con inclinazioni possibili del mezzo di fino a 35 gradi. Cifre in grado di gettare nello sconforto anche la meno accessoriata delle Land Rover & co, di macchine ormai condotte a perdizione dall’ossessione collettiva per il concetto non-pratico del SUV. Un autoveicolo che sia in grado di uscire dalle strade, talvolta e in casi eccezionali, ma soprattutto comodo e alla moda. Mentre soltanto questo brutalismo così evidentemente russo per definizione, che antepone la funzionalità alla forma, poteva creare una simile bestia feroce, scevra da limitazioni concettuali di utilizzo.
Si usa dire che la passione per l’off-road tipica del paese più grande al mondo nasca da una semplice esigenza della sua popolazione: è infatti decisamente complesso, in territori tanto selvaggi, vasti ed ostili, poter disporre di una rete stradale realmente consona all’impiego da parte di veicoli convenzionali. Tanto meglio, quindi, per il trasporto di merci via camion come per ogni altra esigenza, poter disporre di veicoli che sono essi stessi in grado di crearsi le adeguate occasioni di transito, raggiungendo facilmente una qualsiasi meta deputata. E Alexei Garagashyan, come desumibile dal suo sito ufficiale (grazie, Google Translate!) Questa cosa l’aveva capita già da lungo tempo. Fin da quando, ancora un ragazzo, costruiva moto da cross personalizzate, affini a quella del 1996 che compare in un altro video del suo canale, dal peso inferiore ai 90 Kg. Per poi essere assunto verso l’inizio degli anni 2000 dal pilota Sergey Savenko, con la finalità di allestire un fuoristrada da rally per la competizione in stile Baja del Russian ATV Trophy Raid Championship, tenuto generalmente nella regione di Leningrado. Le informazioni approfondite latitano, benché la vittoria del duo sia comprovata dalla testimonianza del paragrafo di riferimento. Ma il vero capolavoro di Garagashyan doveva ancora arrivare: un veicolo compatto, versatile, dal nome di un personaggio di fantasia.
Cheburashka, infatti, era la creatura protagonista e del tutto “sconosciuta alla scienza” (da analisi fotografica, la definirei una specie di scimmietta) di una serie di film in stop-motion prodotti da Roman Kachanov all’inizio degli anni ’70, che trasportata accidentalmente a Mosca dentro una cassa di arance, finiva per vivere una serie di avventure nel contesto a lei sconosciuto della vasta città. Quale miglior modo di ricordarla attraverso le proprie passioni, dunque, che vivere l’esperienza esattamente speculare. A bordo di un veicolo che pur essendo totalmente nuovo, potrebbe definirsi il concetto della city car, applicato alla tundra, alla taiga e alla palude. Perché gli orsi non parcheggiano. Ma apprezzano comunque la tecnologia. E chi si ferma, molto spesso, affonderà.
Prossimamente: la compagnia SHERP sarà presente in parallelo, con la sua versione del veicolo di Garagashyan, alla 39° Esposizione di Caccia e Pesca di Russia a Mosca (24/28 febbraio) ed all’expo ABSOLUT ALLRAD di Salisburgo (25/28 febbraio). L’acquisto dall’Italia è sempre possibile, ma con trasporto, presumibilmente, a carico dell’acquirente.
1 commento su “Passato e futuro della Smart transiberiana”