Ci sono sempre almeno due versioni di ogni storia. Guarda qui, ad esempio: Mike Stinnet, intagliatore oregoniano, che scolpisce da un ramo di pino l’ennesima versione della sua specialità d’artista, un magnifico bastone da passeggio attorno a cui si attorciglia l’essere scaglioso, uno strisciante, dragonesco diamantino americano. In quegli occhi di crotalo, che osservano lo spettatore di rimando, non si può fare a meno di percepire la passione di quell’uomo per la natura, la sua capacità di osservazione, l’ineccepibile abilità manuale e pazienza che hanno portato, di concerto, alla creazione di un tale oggetto senza pari. Ma osservando quella cosa da un’angolazione trasversale, che la metta in controluce contro lo splendore della tradizione, sarebbe difficile non tornare con la mente a un mito ancestrale, che costituisce poi la base di moltissime tra le dottrine religiose del presente. Si narrava infatti, già da un epoca lontana, che di un dì fatale lo stregone camminasse lungo il Grande Fiume dell’Egitto senza tempo, il sacro Nilo. E che in prossimità di una radura, d’un tratto, egli scorgesse due serpenti che lottavano tra loro, offuscati dall’ira insensata di una folle situazione. Decise allora, Ermete Trismegisto (ebbene si, lo chiamavano “Il tre volte grande”) di frapporre la propria verga del comando tra le bestie, e pronunciare un incantesimo mirato ad acquietare i loro piccoli cervelli rettiliani, che d’un tratto acquisirono la conoscenza. E assieme a quella, la riconoscenza, per decidere di entrare permanentemente nella vita del benefattore umano, facendosi tutt’uno con il suo strumento in grado di modificare il regno naturale. Un bastone, due serpenti: ciò che nacque, in tale situazione, fu il principio e l’omega di ogni attrezzo apotropaico, ovvero l’equivalenza non-violenta della spada del soldato, della lancia della guardia o della mazza del bandito. L’oggetto mistico che un giorno si sarebbe trasformato nel bastone delle cerimonie più solenni, il pastorale di ogni vescovo e del papa.
Eppure nel frattempo, poiché come dicevamo a questo mondo ogni vicenda può essere voltata su se stessa, alcuni spostano la storia in Grecia, e allo stregone preferiscono sostituire una divinità. Il figlio di Zeus (ma tu guarda!) e della pleiade del monte Cillene, detta Maia per gli amici. E definita, invece, “mamma” da costui, Ermes il messaggero, che l’iconografia voleva ben fornito di apparecchiature: sandali alati, per fluttuare fino alla distante meta, l’elmo di Ade per farsi invisibile, il quale fu donato poi a Perseo per l’argonautica missione, assieme al falcetto di Zeus, invero un’arma degna di un eroe. Ma in aggiunta a tali cose, e certamente ancora più importante, c’era questa verga asserpentata e simbolo dei messaggeri, dotata del potere di far spalancare pressoché qualunque porta. Non tanto in funzione di un potere magico (che comunque, certamente, aveva) ma per la sua valenza simbolica riassumibile nel fondamentale concetto: “Come queste serpi, che cessarono l’ostilità reciproca, io non porto qui il princìpio di aggressione. Ergo, fatemi passare.” E in forza del Caduceo, così fu.
A questo punto, sarebbe certamente lecito notare la fondamentale discrepanza: “Ma questi bastoni,” Esclamereste: “Hanno un singolo serpente, non due!” Ecco…Si tratta di una storia alquanto interessante, tra l’altro collegata ad un fraintendimento molto antico, che elesse a simbolo della medicina, guarda caso, il bastone sbagliato! Perché successe successivamente, attorno al terzo/quarto secolo a.C, che un altro figlio di Zeus decidesse di essere al pari del proprio sommo genitore. Corteggiando e conquistando, senza un minimo di sforzo, niente meno che la figlia di re Flegias, la principessa Coronide della Tessaglia. E che da essa, senza falla, avesse un figlio detto Asclepio/Esculapio, per gli amici: il solo ed unico dio della guarigione. E fu proprio costui, crescendo, ad acquisire una seconda verga, del tutto simile a quella costruito dall’americano Stinnet, cioé dotata di una SINGOLA serpe attorcigliata. La quale aveva un piccolo, insignificante potere: resuscitare i morti, ah. Ah.
È un caso estremamente tipico di Internet: un artigiano esperto, con un’indubbia esperienza decennale alle spalle, perfeziona fino all’assoluto l’esecuzione di un particolare gesto, mirato a rendere intellettualmente omaggio a ciò che lui considera importante. Per anni, il suo lavoro resta personale, finché qualcuno dei suoi conoscenti non lo consiglia, e forse assiste, nel costruirsi un’immagine digitale attraverso gli strumenti di una pagina web, qualche profilo social, magari un video o due. Ciò che segue, pressoché immediatamente, è un’ottima occasione di guadagno, e da lì la fama imperitura. Ciò che era quasi un segreto, l’insolita prerogativa di un contesto familiare, diventa così non soltanto di dominio pubblico, ma risuona nella descrizione che ne fanno spettatori da ogni angolo del globo. Non che sia facile, ovvio. Ci vogliono un’idea di fondo, e/o capacità notevoli, oltre all’approccio giusto per farne una chiara cognizione pubblica, grazie all’eloquenza descrittiva. Ed è indubbio che a tal fine, non ci sia niente di meglio che un resoconto procedurale, in cui vengano mostrati a tutti alcuni dei passaggi necessari per crear l’oggetto di una simile passione.
Nel caso specifico, si tratta di un’ensemble di due tecniche, naturalmente inclini a combinarsi: la prima è l’intaglio con attrezzi elettrici, piccole seghe circolari e ceselli a percussione; la seconda, la pirografia. Che merita una descrizione a parte. Si tratta infatti di quell’arte, risalente almeno all’epoca degli Egizi del Trismegisto, che consisteva in origine nel prendere un pezzo di metallo, riscaldato fino all’incandescenza sopra il fuoco, e poi con quello imprimere dei segni sul più duraturo dei materiali potenzialmente combustibili, ovvero il legno. Gli impieghi di una simile tecnica di base, che sono molteplici, possono variare dalla creazione di immagini bidimensionali all’ausilio nel campo della scultura, soprattutto tramite l’impiego di soluzioni tecnologiche contemporanee, affini allo strumento usato dal presente artista americano. Un pirografo che, in buona sostanza, non è così distante dal principio di un saldatore, ma dispone di punte intercambiabili o “pennini” tra cui quello preferito nella ritrattistica delle serpi, con la vaga forma di una foglia. O per essere maggiormente specifici: una delle 3.000 e più scaglie che si sovrappongono lungo l’intero corpo della sinuosa creatura. Da imprimere, l’una dopo l’altra, con pazienza certosina…
Segue quindi la fase di colorazione, nel corso della quale Stinnet stende prima uno strato di vernice bianca, quindi ricoperta con i marroni e grigi che costituiscono la livrea a rombi del suo soggetto preferito, il serpente a sonagli. L’effetto finale, soprattutto visto da lontano, è assolutamente convincente e realistico, tanto che non mi sorprenderebbe affatto se, negli anni, i suoi bastoni avessero spaventato più di uno spettatore accidentale, lungo i sentieri rurali del suo Oregon natìo. Questione interessante sono le varianti creative, tutte variazioni su di un singolo tema, che vedono talvolta il serpente attorcigliato a spirale attorno a ciò che resta del bastone originario, oppure quest’ultimo integrato nella forma stessa della creatura scolpita, creando l’illusione che ci si appoggi per camminare al rettile stesso, irrigidito come per magia. In certi casi, addirittura, ad esso si affiancano altri animali, quali la lucertola del video soprastante. Nell’ultima opera, ancora incompleta ma già annunciata sul blog ufficiale dell’autore, sarà presente oltre al crotalo la figura di un colubride reale, serpente californiano notoriamente propenso a dare la caccia e divorare i serpenti a sonagli, intento ad inseguirlo verso l’inconsapevole mano dell’utilizzatore del magnifico accessorio. L’artista, che vende occasionalmente le sue opere migliori su Etsy, assieme a numerose stampe delle sue creazioni pittoriche (per lo più paesaggistiche, in uno stile tipico degli autori contemporanei statunitensi) impiega per uno solo di questi bastoni a partire dalle 40/50 ore, ed ha chiesto in passato, stando al racconto di alcuni utenti di Reddit, un prezzo di base di 800 dollari e si sta parlando, sia chiaro, delle sue creazioni meno complicate. E non sarebbe esagerato immaginare, per i suoi pezzi migliori e più elaborati, una cifra facilmente raddoppiata: dopo tutto chi altri, in tutto il mondo, realizza correntemente oggetti tanto particolari ed affascinanti… Per il momento?!
Venuto a conoscenza del potere di Esculapio, che per via del suo altruismo stava interrompendo il flusso delle anime verso l’aldilà, il dio Ade si lamentò della situazione presso l’Augusto Zeus. Il quale, dopo qualche minuto passato a ponderare la complessa situazione, decise di folgorare il nipote oltre qualsiasi proposito di resuscitazione, trasformandolo nella costellazione dell’Ofiuco, talvolta detto “il serpentario”. Stranamente, o forse niente affatto, il figlio del Sommo e padre del malcapitato, Apollo, scelse la via della prudenza, rinunciando così a salvare il suo figliolo. Ma l’eredità della miracolosa verga, secondo una particolare tradizione, sarebbe continuata nei secoli a venire, attraverso la pratica medica, assai diffusa nel mondo classico, necessaria all’estirpazione del “verme della Guinea” (Dracunculus medinensis) un parassita che s’insinuava sotto la pelle delle persone. E che necessitava di essere estratto facendolo arrotolare delicatamente attorno a un’asticella, avendo cura che il suo corpo non si spezzasse a metà. Due mezzi-vermi infatti, questo è noto, sono l’assoluta equivalenza di due interi-vermi, totalmente in salute e allegramente pronti a riprodursi nuovamente. E a voler giudicare l’intera questione, dalle insegne delle farmacie moderne, degli ospedali, e dalla grafica sulla confezione delle medicine, per lo meno dal punto di vista meramente iconografico, una simile bizzarra affermazione sembrerebbe vera pure per le Storie.