“Kakatte koi!” Fatti avanti, Ryu. O come ti chiamano da quando porti l’oscuro karate-gi nero, “Evil” R. Ma forse è per tutto un insieme di fattori, tra cui (incidentalmente) gli occhi illuminati di un sovrannaturale alone color del sangue, o magari la tua aura fiammeggiante d’energia, che si espande all’impatto di ciascun calcio, oppure pugno micidiale all’indirizzo di qualcuno. Illuso. Tu non conosci la vera malvagità. Non a caso, ti manca quella D all’inizio del tuo soprannome, che fa seguito all’equivalenza riammodernata della tua presenza in pixel sovrapposti, realizzata in tempi più recenti nella prefigurazione di colui che hai lì davanti, e che ti chiama col suo intento di assoluto annientamento. Guardalo, molto bene. Forse non riconoscerai, nei lineamenti e per la folta barba però niente affatto a punta, la figura temibile di Kazuya Mishima, l’uomo che ha rinunciato a tutto, incluso allearsi con il proprio stesso figlio contro il grande nonno Heihachi, sulla strada per diventare il combattente più formidabile del mondo. E di certo non vedrai le ali membranose da pipistrello oppure Diavolo, che assieme alla carnagione violacea, gli artigli a mani e piedi, la lunga coda appuntita, valsero a costui l’appellativo (vagamente Dantesco) di Devil, o per meglio dire “lu” demonio. Però non c’è nulla di strano in tutto questo: perché punto primo, se fosse giunto sulla scena già completamente trasformato, dove sarebbe stata la sorpresa? E punto secondo: qui siamo in realtà all’interno spazio fisico, della palestra pienamente accessoriata in cui si muovono persone veramente vive, tra cui niente meno che lo stuntman Eric Jacobus, uno stuntman/combattente versato in molte arti marziali differenti. Nonché un creativo, e un attore dalle doti tutt’altro che trascurabili, i cui principali ispiratori dichiarati sulla pagina di Facebook sono “Jackie Chan” e “Charlie Chaplin”. Una combinazione che sarebbe riduttivo definire…Scoppiettante.
La passione per il cinema e quella per le tecniche di offesa disarmate s’incontrano piuttosto raramente, soprattutto qui da noi in Occidente, ma è indubbio che ogni qualvolta ciò avvenga, il mondo si colori di una vera supernova in miniatura, non dissimile da quelle che fioriscono all’impatto di ogni colpo del presente video, con diciture funzionali come HIGH o LOW, virtualizzate sul modello del preciso luogo di provenienza delle due figure principali: Ryu di Street Fighter, che fa atto di presenza immobile e agisce come un manichino bidimensionale, e Kazuya di Tekken, più in forma e tangibile che mai. I protagonisti delle rispettive serie di videogiochi, nonché probabilmente i più celebri rappresentanti del genere ludico/interattivo dei picchiaduro 1-vs-1. E “Non è la prima volta che si scambiano mazzate!” Verrebbe da esclamare, ricordando il videogame crossover (ingiustamente criticato) che uscì nel 2012 su tutti principali sistemi in grado di ricevere l’input di un joystick, e persino oltre, con una curiosa riduzione touch per gli smartphone della Apple. Benché qui, è evidente, la situazione si presenti con dei presupposti e finalità del tutto differenti. Perché siamo di fronte, in effetti, alla più originale dimostrazione di arti marziali. Mr Jacobus, basandosi sullo studio approfondito e “sul campo” di un probabile schermo fuori dall’inquadratura, con la sequenza ciclica delle diverse movenze o “combo” di Kazuya usate da riferimento, pedissequamente riprodotte a beneficio degli spettatori. È un’iniziativa divertente e originale, che risulta utile a dimostrare come molte delle mosse ritenute impossibili fossero in effetti niente altro che la riproposizione su schermo di una probabile sessione di motion capture, quindi derivanti dalle effettive capacità di una persona in carne ed ossa, esattamente come l’unico personaggio reale di questo insolito show. E del resto sul finale pirotecnico, quando le cose iniziano a farsi davvero concitate, c’è sempre la post-produzione che può dimostrarsi in grado di darti una mano…Gatto permettendo.
Ad oggi, non è facile per nessuno emergere dal mare dei video virali internettiani, in cui l’abilità nell’esecuzione del proprio QUALCOSA appare talvolta subordinata alla fitta rete di rapporti stretta con i blog più celebri o i power users dei diversi social network, nei cui cataloghi qualcosa di nuovo, e ineccepibile, si mischia spesso con l’ennesimo buffo animale domestico, o banale candid camera sul tema sul sociale. Ci vuole dunque un’idea che colpisca la fantasia sull’immediato, ben oltre quanto possa fare un semplice combattimento coreografato con elementi di Hapkido e Taekwondo classici (le specializzazioni di Jacobus) per apprezzare pienamente il quale si richiedono nozioni di settore e/o una pregressa cinematografia di genere. Così costui ha ideato la presente divertente serie di exploit, in cui gli ultimi videogiochi dell’eterna serie di Tekken vengono mostrati in parallelo a lui che ne riprende le movenze, dimostrando nel contempo il realismo funzionale di questi ultimi e le sue capacità fisiche d’eccezione. Da principio, con l’unica controparte di un equivalente del tipico uomo di legno o Muk Yan Chong, il manichino-bersaglio usato durante l’addestramento in numerose discipline di contatto provenienti dall’Oriente, per poi passare a questo arricchimento ulteriore, della sagoma in due dimensioni posta in sovraimpressione, grazie al probabile aiuto in fase di montaggio gentilmente offerto da uno dei membri della sua crew fondata nel 2001, gli Stunt People della California.
Una serie che vanta, oltre ai due recenti video già mostrati, degli altri due con protagonisti i combattenti coreani Hwoarang e Baek, entrambi praticanti delle tecniche più affini alla preparazione accademica più di vecchia data dello stesso Jacobus. Per non parlare poi di quelli dedicati ai due personaggi che erano più direttamente ispirati al suo idolo Jackie Chan, ovvero Lei Wulong e il corpulento poliziotto Bob, benché non si capisca perché in questo caso non gli sia stata preferita la sua versione “a dieta” di Tekken Tag 2, certamente più rassomigliante all’esecutore dai due fondamentali punti di vista, di sagoma e fisicità. Del resto, da alcune risposte date nei commenti ai video, si capisce che lo stuntman non sia un grandissimo fan dei videogiochi da lui tanto efficacemente riprodotti, visto come si ritrovi a chiedere conferma addirittura per l’identità di Lars Alexandersson, niente meno che il fratellastro di Kazuya e protagonista del recente Tekken 6.
E se ne può capire, anche piuttosto facilmente, il perché. Come per il cucchiaio piegato con la forza della mente nel primo (ed UNICO *Ahem!) film della serie Matrix, si potrebbe dire che l’assoluto predominio di un settore dello scibile, richieda la sua pressoché totale cancellazione dall’hard-disk della mente, per il raggiungimento di uno stato di assoluta cognizione istintuale che potrebbe definirsi il Satori delle stoviglie da minestra, ovvero il Nirvana del joystick privo di sostanza. Perché soltanto ciò che non ha forma, può realmente dirsi dotato di margini precisi nello spazio e nel tempo, grazie alla pressione sequenziale di una serie di pulsanti. Siano questi messi in fila sulla plancia in compensato di un coin-op, posti attorno alla sofisticata manopola direzionale ad onde radio che noi definiamo PAD, o ancora collocati sulla convergenza metaforica di un lungo e faticoso processo di auto-addestramento.
A voi videogiocatori che aspettate la new-wave del virtuale in arrivo per la metà dell’anno, con prodotti pionieristici e prezzati sulla base del più deleterio ottimismo, nella speranza di poter vivere finalmente esperienze irrinunciabili come combattere col proprio stesso nonno sopra il ciglio di un vulcano (ricacciando nel frattempo indietro il cromosoma del Demonio) consiglierei di seguire per qualche tempo la via segnata da Jacobus, grazie all’uso del suo ispiratore Kazuya. Unendo la dura pratica di discipline d’indubbia efficacia, alla vostra FANTASIA. Potreste anche stupirvi di quanto possa talvolta dimostrarsi realistica, l’immaginazione.
Un altro video di Jacobus assolutamente da vedere: Rope a Dope, in cui un comune uomo della strada deve rivivere lo stesso combattimento contro i bulli del fast-food per un infinito numero di volte, finché non riuscirà, attraverso una lunga pratica e dure tribolazioni, a trionfare. Strane suggestioni dal Giorno della Marmotta con Bill Murray (Ricomincio da capo – 1993) incontrano un vago simbolismo orientaleggiante, decisamente affine alle discipline filosofiche del Tao.