Come in un sogno, in cui le ansie di difficili giornate possono svanire nell’abbraccio tenue di Morfeo, così è l’incontro con quella creatura tipica di molte fiabe, che dopo aver vagato alla ricerca di cibarie in mezzo agli alberi della foresta, ritornava finalmente a casa, nella sua caverna o dentro l’antro di un ennesimo letargo. Certo, quando giunge la notte, si dorme. Finché si è bambini, normalmente, assieme all’orso. Ma è pur vero che nelle oscure notti di luna piena, come ben sapevano gli antichi, qualsiasi creazione della fantasia tende ad animarsi e può persino, raramente, parlare? “Cosa devo fare, padrone? Mi dai da mangiare?” Grossi guai! Per tutti coloro che dovessero dimenticarsi di nutrire…Il peluche! Soprattutto, in un’ipotesi speciale, ancor più rara e degna di essere onorata col rispetto dell’accordo primigenio. Perché quando è notte, c’è la luna piena, e addirittura si verifica l’allineamento tra Mercurio e Marte in prossimità della costellazione dell’Orsa Maggiore, non soltanto la vita torna a visitare quei pacifici pupazzi, ma esattamente come la zucca di Biancaneve questi potranno assumere una proporzione ben più grande, o nello specifico, a dimensione NATURALE. Il che per un orso, è tutto dire: guarda qui che roba. Un vero disastro…
In un cortile assai chiaramente russo, perché il video ha molti titoli e quasi tutti in quell’idioma, un uomo dall’aspetto amichevole è alle prese con una particolare, straordinaria contingenza: il suo cane gioca amichevolmente assieme a lui, strofinando il grosso muso sulla sua testa, slinguazzandolo con espressione sciocca, alzando allegramente le corpose zampe che poi appoggia sopra le sue spalle, come la creatura straordinariamente affettuosa che, senza ombra di dubbio, è. Soltanto che a un’analisi più approfondita…Forse questo non è propriamente un pastore tedesco. Non è un levriero. Non è uno spinone, ne un boxer o un labrador. Ma qualcosa di radicalmente differente….L’URSOS ARCTOS, per essere tipologicamente precisi, ovvero l’imponente specie il cui areale giunge ad estendersi per una buona parte del continente Nordamericano dove riceve spesso il nome comune di Grizzly, e poi nell’Eurasia, dalle propaggini occidentali della Russia fino alla remota terra di Siberia, dove spalanca la sua grossa bocca e poi saluta con gli artigli i pochi avventurosi viaggiatori in moto o in auto, rigorosamente fuoristrada. Qui in Italia, ancora oggi ne permane una sempre più scarsa popolazione, di non più di 30-40 esemplari, tra l’Abruzzo e le montagne del Morrone. Che talvolta riesce ancora a procurare dei problemi all’uomo. Eppure non c’è nulla di selvatico, in questo allegro svago del momento presente, il tipico rilassamento di chi sa che il piatto è ben fornito, la carne è chiusa lì nel frigo e dunque non c’è una singola, valida ragione per stringere lievemente le zampe anteriori, stritolando l’adorabile “padrone”. E allora il sentimento che un tale scena ispira nella mente degli osservatori, in molti casi soggettivi, non può essere che invidia.
Guarda quel testone, la cui portata cranica raddoppia per diametro la fragile apparenza della controparte. Il pelo lucido e probabilmente morbidissimo, in forza di una dieta di alta qualità. La sua presenza immane ma bonaria, come quella di un drago del fantastico, o un leocorno, o un candido grifone, reso docile dalla presenza di un qualcosa di meraviglioso, vedi la prototipica e splendente dama (rigorosamente vergine) in attesa del suo cavaliere di rincorsa, con la lancia ed il vessillo sfavillante. Per non parlar di Jaime Lannister nel telefilm di Game of Thrones, malefico e spietato, che dinnanzi al pericolo di un orso diventava il salvatore della Sua… Ma che poi, serviva veramente, quello lì? Alla fine, gli animali sono esattamente come noi. Trattali con rispetto e considerazione, loro ti daranno – TUTTO. Benché questo non significhi, in considerazione delle circostanze di contesto, che gestire un orso sia una cosa – FACILE. Ciò denuncia, l’evidenza! Per non parlar dell’esperienza, di quei pochi che osarono percorrere la strada, prima ancora di questo signore russo, il cui nome resta ignoto al vasto web.
Le prime scene mediatiche collegate all’interazione diretta tra uomini ed orsi provennero dagli Stati Uniti, negli ormai remoti anni ’80 e ’90, per il fantastico lavoro di un singolo addestratore (se così possiamo chiamarlo) assieme al suo corposo beniamino, un orso kodiak dell’Alaska (Ursus arctos middendorffi). Stiamo parlando, per chi ancora non li avesse già riconosciuti, di Doug Seus e del suo Bart, un bestione in grado di raggiungere i 680 Kg e 2 metri e 90 di altezza, che a partire dal suo prelevamento in età giovanissima dallo zoo di Baltimora, che attraverso la sua lunga e articolata carriera ebbe modo di lavorare con attori del calibro di Robert Redford, Brad Pitt, Morgan Freeman, Anthony Hopkins ed innumerevoli altri. Diciamo semplicemente che ogni qual volta Hollywood necessitò di un orso, dal 1980 al 2000, c’era un solo nome sulla sua agenda, e quel nome cominciava con la lettera D. Il suo più grande successo fu senza ombra di dubbio il film francese a tema naturale di The Bear (Jean-Jacques Annaud – 1988) che dimostrandosi in grado di incassare 100 milioni di dollari su scala globale, portò secondo la leggenda ad un’iniziale nomina per l’Oscar di miglior attore all’orso stesso, che tuttavia venne annullata quando si scoprì che il regolamento dell’Academy proibiva agli animali di ritirare il premio. E viene da chiedersi se la norma non fosse stata scritta appositamente per evitare una scena di panico in studio, al cui confronto le solite scenate imprevedibili di Jim Carrey agli Awards sarebbero sembrate una roba da nulla, tipici scherzetti da scolari.
Paura del tutto ingiustificata, s’intende. Giacché questo particolare esperto di orsi, con oltre trent’anni di esperienza nel settore, ha sempre dimostrato di avere la capacità non soltanto di guadagnarsi la fiducia dell’animale, ma di insegnare a quest’ultimo, tramite metodi di sua esclusiva concezione, ad avere esso stesso dimestichezza con gli umani. Vederlo all’opera è una vera meraviglia, considerata la disinvoltura con cui giunge a mettere le mani o la testa nella bocca dei suoi orsi, consapevole del fatto che MAI e poi MAI, uno dei suoi amati cuccioloni potrebbe, per nessuna ragione al mondo, nuocergli con intenzione. Purtroppo, nel 2000 Bart I si ammalò di cancro e morì di lì a breve, all’età relativamente avanzata di 23 anni (in natura, questi orsi ne vivono in media attorno ai 25). Ma lungi dal decidere di cambiare mestiere, l’uomo rimasto solo ben presto riuscì a procurarsi una coppia di orsacchiotti, il maschio Bart II e la femmina Honey Bump, a cui presto affiancò Tank, l’orso che potreste ricordare come il co-protagonista parlante ed insicuro del film con Eddie Murphy, Il dottor DoLittle 2 (Steve Carr – 2001). Una completa filmografia di ciascun animale, ad ogni modo, è disponibile sull’affascinante sito ufficiale dell’impresa di Mr. Seus.
Ed è una storia rara, meravigliosa e coinvolgente, la loro. Di un uomo che riuscì, nonostante le problematiche di fondo, ad accaparrarsi l’affetto e la fiducia dei giganti, per ridurli ai termini di una convivenza certamente adatta al mondo civile, persino proficua ed artistica, dal punto di vista degli umani. E che dire, allora…Degli orsi? Io non credo che lavorare nel cinema, per queste creature, sia poi così terribile. Generalmente il tipo di partecipazione loro richiesta risulterà infatti così specifica, tanto breve e circoscritta, che l’addestramento all’esecuzione non richiederà che qualche breve prova pratica, ovviamente coadiuvata dagli anni di costruzione del rapporto amichevole tra uomo e il plantigrado di turno. Tutt’altra storia che la situazione di un orso circense che dovrà vedere rinforzata nella sua mente, giorno dopo giorno, le routine dello spettacolo da eseguire dinnanzi al pubblico dell’alto tendone. Girare il mondo. Conoscere persone famose. Giocare tutto il giorno con il padrone umano e poi alla fine, ritirarsi nella grande gabbia con la sicurezza di una pancia piena, anche per il giorno e il resto della vita ancora da venire. Certo, si potrebbe dire che un animale nato e cresciuto nel selvatico, che abbia sviluppato al massimo il suo istinto e sappia sopravvivere completamente da solo, sia più “orso” di questi qui, ma ad un analisi più approfondita…Ha davvero senso fare simili distinzioni? Tutti gli orsi sono belli: alti, bassi, grassi o di peluche. L’unica necessità di fondo, per comprenderlo dal fondo della propria essenza, è concedergli lo stesso che loro fanno con noi. La nostra piena attenzione, niente più. Escluso il “piccolo dettaglio” di qualche quintale di carne e/o pesce alla settimana. Ma in fondo, che vuoi che sia…