La fame mineraria delle macchine più grandi al mondo

Bagger 258

Vita e morte ovvero, per le macchine: manutenzione, seguita dal disuso. Ma neppure Internet può conoscere sempre tutta la storia. Così qualcuno scrisse articoli, in un momento imprecisato degli ultimi anni, che collocavano la numero 258 presso “un campo desolato di Germania” ove la verniciatura un tempo azzurro cielo, ormai scrostata e derelitta, già iniziava a cedere dinnanzi al fuoco della ruggine, che corrode e distrugge ogni metallo.  Eppure, ecce horror. Quando le nubi trasportano una pioggia strana. E le nebbie diradandosi, tra i picchi dei paesaggi montani indistinti, mostrano la sagoma di cose inaudite. Veri e propri Leviatani, tra cui questo mostro alto 50 metri, dalla testa rotante dotata con soltanto 10 denti, ma grandissimi, e una coda tenuta sempre in alto alla maniera di un tirannosauro. Delle braccia, altrettanto inesistenti. Ma soprattutto, caratterizzato dalla strana predisposizione a tagliar via la cima dei monti di Renania, possibilmente lì, vicino alla miniera a cielo aperto definita di Garzweiler, dal nome di un villaggio ormai scomparso da generazioni. Anch’esso, divorato dalla belva…In un certo senso. Diciamo solo che quando arriva una schaufelradbagger (letteralmente: macchina scavatrice con ruota di secchi) tutto quello che resta da fare sono armi e bagagli, per recarsi in luoghi più felici. Silenziosi. Meno carichi di polveri sottili, che costituiscono la deiezione inevitabile del suo nutrirsi. Cosa che le bagger, come è largamente risaputo, non smettono praticamente mai di fare. Ed è proprio questa, la natura ingegneristica di una tale creazione; un dispositivo, concettualmente non dissimile dalle vecchie gru scavatrici di tipo dragline, che tuttavia può funzionare grazie all’opera di una manciata di persone, per un tempo ininterrotto di 24 ore al giorno. Le sue ore preferite, anzi, sono proprio quelle del profondo della notte, quando un costo più ridotto per singolo kilowatt permettono all’azienda di gestione di aumentare il proprio costo di guadagno. Il che è in un certo senso, ironico. Perché la stessa centrale elettrica che può produrre quell’indispensabile risorsa, l’elettricità, non potrebbe esistere senza il lavoro della bagger. E viceversa, in un ciclo ininterrotto di simbiotica correlazione.
Io non credo, fondamentalmente, che quando si dice che le risorse utili del mondo “si stanno esaurendo” in molti comprendano davvero a che velocità. Ma forse non v’è prova esemplificatrice più innegabile e chiara, dell’intera problematica questione, che un’analisi concettuale di questi giganti, che ormai da due decenni procedono a supporto del compito di estrarre la lignite, o carbone marrone, una fondamentale risorsa energetica dell’intera Europa Centro-Orientale. Perché non siamo qui  a parlare, come più spesso capita in merito alla questione, di un recesso derelitto e remoto, come le pianure innevate d’Alaska o le zone maggiormente inaccessibili della Siberia, ma di luoghi un tempo ameni e verdeggianti, siti a pochi chilometri da Dortmund, Düsseldorf o in alternativa all’altro lato della Germania, nella zona pesantemente sfruttata circostante la città di Dresda, in Sassonia. In un paese relativamente piccolo nonostante l’importanza geografica ed economica, come soltanto quelli d’Europa sanno essere, in cui sussistono un numero molto limitato di montagne, colline, giacimenti di carbone. Cosa succederà nel giorno, tutt’altro che lontano, in cui le bagger non riusciranno più a trovare da mangiare? Verranno stretti nuovi accordi con Francia, Polonia e Russia, forse, e si costruiranno nuovi e più capaci cavi per portare l’elettricità oltre gli arbitrari confini stabiliti dalla Storia, assai probabilmente. E i grandi dinosauri meccanici, compiuta l’opera distruttiva della loro precedente sussistenza, rimarranno lì a fissarci, come fu auspicato precedentemente per la numero 258, costruita nel 1958 dalla TAKRAF (acronimo in lingua tedesca per “compagnia per macchinari minerari di superficie, gru e nastri trasportatori ) una società che risale addirittura all’epoca della Germania Est. E fu questa, la seconda delle bagger, del peso di appena 3850 tonnellate, addirittura 2000 meno della sua sorella maggiore, anch’essa attualmente ancora operativa, presso la miniera di Inden. Ecco, avete visto la scena del video soprastante, in cui una persona appare simile ad una formica, in prossimità dei cingoli spropositati del gigante? Questa, in effetti, è la MINORE delle principali bagger tedesche. E sarebbe a questo punto lecito porsi la domanda di quale sia la più moderna e grande delle scavatrici con ruota di secchi. La risposta può sfidare l’immaginazione…

Big Muskie
Prima delle bagger, le cose si facevano in maniera molto differente. Questa è la Big Muskie dell’Ohio americano, che operò ininterrottamente dal 1969 al ’91, rimuovendo con la colossale benna l’overburden (scorie superflue) che copriva la lignite statunitense, ormai resa desueta dall’energia nucleare. Come nel caso delle bagger, l’effettiva estrazione del materiali maggiormente interessanti veniva poi effettuata da macchine più piccole e specializzate.

Il termine bagger, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, non è un marchio registrato appartenente a una specifica compagnia, ma la contrazione di un’espressione tedesca appartenente alla collettività. Così ha potuto costituire, da sempre, l’antonomasia stessa di questa classe di veicoli semoventi, sia che venissero prodotti della vecchia Kombinat della sfera sovietica, che da altre società. In particolare, il singolo scavatore più famoso della serie, probabilmente in funzione dello spettacolare spostamento che effettuò nel 2001 tra le miniere di Hambach e Garzweiler, percorrendo a passo d’uomo strade per 22 Km, è la Bagger 288 della ThyssenKrupp di Essen, prestigiosa azienda produttrice di tecnologie e armamenti fin dall’epoca del primo ‘800. La vista di una simile mostruosità, pesante 13.500 tonnellate, lunga 220 metri e alta 96, che arrancava faticosamente sul prezioso asfalto della Renania, deve aver costituito una vista apocalittica di rara entità. Navigando, come un transatlantico, in senso puramente letterale. Ciò perché la superficie dei cingoli era tanto ampia, come del resto l’intera macchina stessa, da riuscire a distribuire il suo peso su di un’area sufficientemente ampia da non arrecare danni permanenti alla viabilità.
Ed ancora oggi, in funzione di una tale impresa nonché di alcuni celebri video memetici online, sono in molti a ritenere tale macchina come la il più grande dispositivo semovente di terra al mondo. Il che, in ultima analisi, non è più vero almeno dal 1995; perché Internet, come dicevamo, non può sempre conoscere tutta la storia e…

Bagger 293
Carcame, affila queste lame. Bailamme, un drago sputa-fiamme! Mentre le mele spariscono dai rami più bassi, le braccia crescono per estensione. Ma nessun albero, si sa, è infinito.

Si sarebbe potuto pensare che col progressivo esaurirsi della lignite tedesca, tale da costringere a pianificare i primi, costosissimi e complessi, spostamenti delle colossali bagger da un giacimento esaurito a quello successivo, la dimensione delle stesse fosse destinata a diminuire progressivamente, un po’ come è successo negli Stati Uniti, anche in funzione del progressivo abbandono di questa risorsa elettrica estremamente superata ed inquinante. Si sarebbe potuto. Perché ecco qui chiaramente presentata, all’entusiasta e pubblico ludibrio, l’entità titanica della bagger numero 293, l’ultimo prodotto della già citata TAKRAF, ad oggi iscritto nel Guinness dei Primati presso quella voce che era stata dell’insigne predecessore esseniano. Attualmente di stanza presso quella stessa miniera di Hambach che la 288 aveva abbandonato, e probabilmente tanto grande e con specifiche migliorate proprio per sfruttarne a fondo le aree più difficilmente raggiungibili in precedenza, la nuova scavatrice misura gli stessi 96 metri d’altezza, ma cinque in più di lunghezza (rispetto ai 220 dell’altra) e pesa ben 14.200 tonnellate, una differenza, questa, decisamente significativa. La sua capacità di muovere 240.000 metri cubici di sabbia e pietrisco nel corso di una sola giornata di lavoro, nell’intera area raggiungibile dalle rotazioni e il sollevamento verticale del suo braccio di lavoro, gli hanno permesso di continuare a fornire la quantità di lignite richiesta per l’elettricità di milioni di persone, alimentando inoltre, praticamente da sola, una percentuale significativa della rinomata capacità industriale tedesca. C’è poi un aspetto estremamente interessante, inerente alla natura stessa delle bagger, sostanzialmente nient’altro che delle gigantesche gru, e che in quanto tali possono essere fatte funzionare da un’equipaggio di sole cinque persone. Il che significa, moltiplicato per tre turni diurni e notturni (come dicevamo, simili estrattori non si fermano mai) che attualmente esistono esattamente 15 operai, che potrebbero facilmente dirsi le singole persone più importanti d’Europa. Più dei maggiori capi di stato. Più dei celeberrimi capitalisti ed industriali. Immaginate per un attimo cosa succederebbe, se un giorno costoro decidessero di scioperare…

F 90 Moving Bridge
Tecnicamente, neanche la bagger 293 è il veicolo più grande del mondo PER ESTENSIONE. Un primato che appartiene, invece, al ponte mobile trasportatore F60, operativo nella principale miniera della Lusazia. Talvolta definito, per i suoi 502 metri di lunghezza, la “Torre Eiffel orizzontale”.

Quindi la metafora che viene quasi istintiva in merito a simili meravigliose macchine, del mostro-dinosauro meccanico, suggerisce un senso di potenza inesprimibile o smisurato. Credo che saremmo in molti, a definire simili meccanismi come alcuni dei massimi successi dell’ingegneria umana e della nostra capacità di adattamento, finalizzata a prosperare in condizioni avverse o di carenza di risorse adeguate al sempre maggiore fabbisogno della modernità. Creazioni così grandi ed efficienti, da resistere persino all’usura, operando ininterrottamente per un tempo superiore a quello della vita di qualsivoglia opera d’arte…Benché a differenza di quest’ultimo, incapaci di esistere, senza operare.
Una bagger, sostanzialmente, è la personificazione su scala titanica del perfetto consumatore. Che non può, letteralmente, fallire o smettere di fare il suo mestiere, neanche per un singolo minuto. Perché se questo succedesse, nessuno, credo, potrebbe mai tornare in carica allo status quo.

Lascia un commento