C’è una tipica e arcinota rappresentazione degli alieni, che vorrebbe vederli come grossi mostri letteralmente ricoperti d’occhi, per scrutarci meglio da lontano. È una visione strana e innaturale, questa, che ritroviamo negli Shoggoth del mito Lovecraftiano, nei Beholder di Dungeons & Dragons…Il che è piuttosto singolare, visto come nell’intero regno degli esseri viventi potenzialmente dotati del senso della vista, ovvero gli animali, non esista un singolo caso di superflua declinazione di pupilla e cristallino, per ciascun centimetro a disposizione sulla forma fisica di una creatura. Eppure, possibile che ci sia un qualcosa di vero in questo stereotipo spaziale? Forse, quando si considera come un qualcosa di simile appartenga chiaramente al terzo regno, quello minerale. Guardate qui: ce lo sta orgogliosamente mostrando il baffuto Marvin Killgore del Laboratorio Meteoritico del Southwest dell’Arizona, tenendo ben alta sulla testa una sottile lastra, del peso approssimativo di 10 Kg, il cui valore complessivo potrebbe collocarsi intorno a qualche centinaio di migliaia di dollari, se non di più. Tanto è rara la traslucida e preziosa questa pallasite, costituita per il primo 50% di un miscuglio tra ferro e nickel, nella restante parte da un’infinita serie di olivine preziose o veri e propri peridoti, pietre spesso usate in gioielleria. L’uomo, con una notevole dimostrazione di senso del pathos, ha dunque scelto di piazzarsi in controluce, frapponendo nella foto il super-sasso alla più preponderante fonte di luce di un dì privo di nuvole, l’astro solare. Adesso come l’altro ieri, finalmente, questa roccia ultramondana sembra ritornare VIVA e in qualche modo…Attenta. Dunque appare lecita la risultante domanda, del quando, esattamente, fosse “l’altro ieri”…
All’incirca 4,6 miliardi di anni fa, qualche tempo prima di Windows 3.1 e dell’invenzione della Coca-Cola, l’intero Sistema non era altro che un ammasso di materia indistinta, che le fluttuazioni caotiche del vasto nulla avevano portato ad aggregarsi in ciò che la scienza definisce una gigantesca nube molecolare, o proto-nebulosa. Non c’erano ovviamente, asteroidi o pianeti, né la grande massa rossastra di Giove, né lo splendore verdolino del malsano Venere o l’alone rosseggiante dell’antico e polveroso suolo marziano. E neppure, questo resta l’aspetto maggiormente significativo, l’astro del Sole che ci donò la prima, e infine fornirà l’ultima alba. Ovunque e al di sopra di ogni cosa, sussisteva unicamente il Caos. Luci distanti, di stelle o galassie ormai dimenticate, illuminavano la scena dell’ammasso eterno e oscuro, nell’estetica appagante della prototìpica armonia. Finché ad un certo punto, per ragioni largamente ignote, non si verificò l’Evento: un possente urto gravitazionale, come una folata di vento cosmico e spropositato, che giunse ad urtare l’antica amenità, mettendo in moto un infernale meccanismo. La relativa equidistanza degli atomi indistinti, dei metalli e i silicati, dell’acqua e del metano venne compromessa, assieme all’equilibrio della loro separata coesistenza. La teoria maggiormente accreditata, esposta per la prima volta dal filosofo tedesco Immanuel Kant (1724 – 1804) non può che attribuire l’origine di questa interferenza al più catastrofico evento cosmico di proporzioni note, ovvero l’esplosivo collasso stellare di una supernova. Quella non-morte di uno dei nostri attuali astri notturni, che lungi dall’eliminarlo totalmente, lo vede conflagrare in un pauroso scoppio, pari a quello di 2.000 miliardi di miliardi di miliardi di bombe atomiche, seguito dalla compressione inevitabile della (relativamente) poca materia rimanente, in un’iper-pesante nana grigia, o ancora meglio, un misterioso buco nero. Ma poiché il cosmo è un come un enorme flipper tridimensionale, in cui nulla può essere lanciato all’indirizzo di un qualcosa senza influenzare qualche respingente sulla via, ciò che conta non è quel che resta, ma piuttosto tutto ciò che va. E fu proprio il risultante ammasso di materia tormentata, il residuo dell’ipotetica antica stella così defunta, a colpire quello che sarebbe diventato “noi”. Per non parlare poi di “lui” l’augusto meteorite di Fukang.
A un tale punto, apoteosi: poiché compromesso l’equilibrio delle particelle, per l’imprescindibile tendenza della materia solida ad attrarre se stessa (si, qualcuno è abituato a definirla “gravità”) la prima cosa che riuscì a formarsi fu una concrezione a forma di globo, progressivamente sempre più vasto, fino al punto di sviluppare una continua e inarrestabile fusione dell’idrogeno al suo interno. Da subito fu chiaro come quella cosa, guardandola in prospettiva, fosse destinata a diventare il Sole. Nonché il perno e il mozzo dell’intera questione. Perché nulla si crea in condizione di stasi, e quando un qualcosa di tanto enorme e caldo inizia a prendere forma, per quanto ne sappiamo, è propenso ad assumere un immediato moto rotativo. Così immaginate, questa sfera che carambola fra il maelstrom della vera singola “tempesta perfetta” mentre tutto attorno il resto della nube viene trascinata, trasformandosi per effetto della forza centrifuga in un disco largo e sottile. Dal quale lentamente, inesorabilmente, nascono gli ammassi. Ma non tutti uguali, nossignore. Giacché il caso deve sempre metterci del suo, e talvolta ciò che giunge a conformarsi è tanto grande da chiamarsi pianeta, qualche altra, addirittura, si trasforma nella co-protagonista di un sistema stellare binario (qualcuno ritiene che Saturno e Giove ci fossero andati parecchio vicini). La maggior parte delle volte, invece, ciò che nasce non è altro che una pietra, pesante appena un paio di migliaia di tonnellate e per questo ancor più erratica nei movimenti, una vera e propria mina vagante. Per usare un singolo binomio, un planetoide selvaggio. Finché anch’essa non si scontrerà, per…
Ed è da un simile corpo ipotetico alle origini del nostro Sistema Solare, oggi si ritiene, che potrebbe aver trovato la sua genesi questo meraviglioso ritrovamento, largamente considerato il meteorite più importante del suo secolo fino ad oggi. Il che, considerato come fu scoperto in Cina nel preciso anno 2000, potrebbe sembrare molto significativo dal punto di vista meramente cronologico, oppure niente affatto, visto che siamo soltanto al 15° dei successivi 100 anni. Eppure nessuno potrebbe negare, dopo aver preso coscienza del suo variopinto splendore, la notevole presenza estetica del meteorite di Fukang, o almeno l’importanza che potrebbe avere da un punto di vista più prettamente culturale, stimolando le nuove generazioni di scienziati a conoscere e comprendere la sua remota provenienza.
Si tratta, essenzialmente, di una Pallasite, ovvero un minerale esclusivamente meteoritico che prende il nome dal naturalista tedesco Peter Pallas (1741–1811) che per primo ne descrisse un esemplare ritrovato presso Krasnoyarsk, tra i monti della Siberia. Nella storia registrata, sono stati avvistati solo quattro eventi di caduta di una di queste pietre dalle remote regioni del cosmo, di cui una nel 1826, in Sicilia. I fortunati ritrovamenti di esemplari caduti in epoche remote, tuttavia, salgono fino a 9, con casi attestati in diverse regioni del mondo, talvolta per rocce dalla grandezza alquanto significativa. Quella da cui è tratta la lastra mostrata in apertura, ad esempio, con i suoi 1.003 Kg complessivi, non ha visto attribuirsi neanche il record mondiale del singolo ammasso più imponente. Che appartiene piuttosto a quello ritrovato nel 1937 presso la Huckitta Cattle Station, nei Territori del Nord dell’Australia, con i suoi megalitici 1.400 Kg. Un altro ritrovamento degno di nota si colloca invece in Kansas, dove nel 1890 furono ritrovate oltre 20 masse con un peso totale di 1.000 Kg attorno al cratere Haviland, un luogo particolarmente ricercato dai cacciatori di meteoriti. Ciascuno dei casi citati, appartenenti al cosiddetto gruppo mineralogico principale delle pallasiti (PMG) splendeva e riluceva esattamente come il tesoro di Marvin Killgore, risultando tanto concettualmente simile alla mitica pentola d’oro dei leprecauni d’Irlanda.
L’origine di queste meraviglie naturali, ad ogni modo, resta tutt’ora relativamente poco chiara. L’ipotesi più probabile, da me tratteggiata fino ad ora, fa riferimento allo scontro accidentale tra particolari corpi proto-asteroidali, caratterizzati da una suddivisione tra crosta e mantello del tutto conforme a quella di un vero e proprio pianeta. Ciò significa che dovevano presentare, al momento del reciproco impatto, uno strato superficiale di silicati e occasionali gemme, con al centro un nucleo ben compatto, costituito in massima parte di metalli pesanti, come il ferro e il nickel. Allo svilupparsi delle altissime temperature dovute a un tale evento reciprocamente distruttivo, quindi, i diversi strati si sono fusi, creando un ammasso destinato a perdersi nel vuoto dello spazio. Per poi raffreddarsi con estrema lentezza, portando a tutta quella serie di fenomeni di cristallizzazione i quali, si ritiene, furono alla base della formazione della pallasite.
Nonostante la sua evidente importanza, il beneamato meteorite di Fukang, a partire dal suo ufficiale ritrovamento nell’anno 2000, riuscì a passare per lungo tempo inosservato ed ha alle spalle anche la storia di un rifiuto clamoroso. Considerate, innanzi tutto, come la parte esterna della roccia fosse stata inevitabilmente fusa all’ingresso nell’atmosfera terrestre, rendendola del tutto simile a un comune masso: non soltanto le meravigliose gemme, dunque, ma anche la superficie lucida della parte metallica del meteorite si trovavano ben nascoste, al suo interno. Finché un escursionista nativo della regione dello Xinjiang non decise, per ragioni largamente ignote, di tagliarne un pezzettino, scoprendo la meravigliosa verità. Questo minerale, quindi, fu portato per alterne vie fino al Tucson Gem and Mineral Show, un evento per appassionati dove Dante Lauretta, dell’Università dell’Arizona, ne riconobbe subito l’origine spaziale. A quel punto, la caccia era aperta, e un team di americani, formato tra gli altri dallo stesso Marvin Killgore, lavorò per acquisire con finalità dichiaratamente scientifiche l’ammasso principale del meteorite, che fu ben presto rimosso, per finire nel repertorio privato di un collezionista tutt’ora rimasto anonimo, per ragioni probabilmente fin troppo chiare. Il meteorite quindi scomparve dalle cronache, finché nel 2008, con una notizia che fece molto clamore nel settore rilevante, un pezzo di ben 420 Kg definito “l’ammasso principale” non venne messo all’asta dalla prestigiosa casa Bonhams di New York, con dei profitti potenziali stimati attorno ai 2 milioni di dollari. Se non che, incredibilmente, la pietra finì per restare invenduta, tra l’altro a differenza di alcune coproliti (*escrementi fossilizzati di dinosauro) di “appena” 130 milioni di anni, che furono acquistate telefonicamente per oltre 960 dollari sopra il valore stimato.
Fu forse questo l’unico caso nella storia dell’uomo, in cui la defecatio di un qualche defunto animale fu anteposta a splendide e scintillanti gemmae provenienti dal cosmo infinito. È probabile che in seguito ad un tale clamoroso fallimento il meteorite sia stato scorporato in mille pezzi ancor più piccoli, facilitando la vendita, oltre ad aumentare assurdamente il suo valore. E chissà che non sia approdato già da tempo, sotto innumerevoli nomi, tra le aste anonime di eBay!