Nell’oscurità della notte americana, un solo nome: Allen, Allen. Allen che mette in fila un trio di palloncini bianchi, con stampato il brutto grugno di altrettanti soldati un tempo corazzati dell’Impero, per poi forarli, l’uno dopo l’altro e grazie all’uso di quell’arma tubolare e sopraffina. Allen che appende al suo cancello la tremenda effigie, del singolo personaggio comico più odiato nella storia del cinema fantastico, per fondere ed accartocciare le sue lunghe orecchie in stile cocker, il muso cammelliforme e gli sporgenti occhi da rana. Allen con la giacca nera, i jeans neri, i capelli anch’essi neri. O magari, la ragione di una simile scurezza, andrà ricercata nel fatto che è buio? Beh, fino a un certo punto. Visto quello che Allen sta impugnando nelle sue possenti mani: prendete voi, Excalibur. Fatela ruotare lungo l’asse longitudinale, quindi cristallizzate la sua proiezione risultante, poi fate passare all’interno di quest’ultima del fuoco vivo. Cosa state stringendo nella mano a questo punto? Cosa, se non…
Che gli originali tre film di Guerre Stellari avessero goduto di una traduzione verso la nostra lingua non del tutto ineccepibile è una cosa nota, del resto anche piuttosto comprensibile. Nel vocabolario italiano, a differenza di quello anglosassone, semplicemente non esistevano molti dei termini necessari a riferirsi a concetti e nozioni indubbiamente innovative, ciò senza contare come, all’epoca, ancora vigesse da noi l’usanza di tradurre per quanto possibile i termini stranieri perché altrimenti, si riteneva, non avrebbero coinvolto la fantasia popolare. Chi non ricorda, ad esempio, l’assurda locuzione usata da Obi Wan/il doppiatore di Alec Guinness durante la topica rimembranza in apertura sul misterioso “padre di Luke” definito per l’occasione “il miglior stello-pilota della galassia” o ancora le armi a proiettili definite “fulminatori”, senza che l’energia elettrica entrasse in alcun modo dentro all’equazione. Ma forse un fraintendimento maggiormente significativo, e soprattutto in grado di raggiungere diverse branche dello scibile attraverso vie indirette, non poteva sussistere altrove che nell’ormai accettato binomio della cosiddetta spada laser, un oggetto che la logica ci dimostra non essere una spada, né tantomeno, un laser. Un’invenzione di scena ispirata al genere chanbara (i film di samurai) giapponese, di cui Lucas era dichiaratamente un grande fan, definita in origine lightsaber (sciabola di luce, riferendosi più che altro al tipo di gesti compiuti dall’utilizzatore) e che avrebbe costituito per anni l’antonomasia del concetto stesso della rule of cool, quella ricerca estetica del mondo post-moderno che si protende verso tutto ciò che “pare bello”, “suona giusto” o più in generale rimane memorabile al primo ed ancor più al secondo sguardo. Risultando nel contempo così fortemente associata a quella particolare proprietà cinematografica, forse proprio questo il cardine fondamentale del problema, da non comparire letteralmente da nessuna altra parte in Occidente, mentre giusto in un paio d’anime d’Oriente… Vedi Gundam coi suoi robottoni, a volte lo Star Wars nipponico. Si, non ci sono dubbi: l’elegante “arma di un’epoca più civile” è del tutto indivisibile da Star Wars, esattamente come l’acconciatura cornetto-rotativa della principessa Leia o le versioni antropomorfizzate quanto vocalmente disinibite degli spettinati cani Komondor. Non c’è quindi molto da sorprendersi, di questi tempi in cui quella galassia distante sta tornando prepotentemente in auge, se i fan dal piglio maggiormente ingegneristico tentino l’approccio della riduzione materialistica di un tale sogno marziale, costruendo degli oggetti in cui l’estetica surclassi naturalmente la praticità o sicurezza d’impiego. Impugnature tangibili, di fiamme che ustionano la notte delle lucciole in letargo.
E ne abbiamo visti tanti su Internet, perché naturalmente lo spettro della rule of… Aleggia costantemente sull’opera creativa di chi desidera attirare l’attenzione altrui. Chemical Kevy detto “Lo scienziato da cortile”, tanto per citarne uno, aveva costruito qualcosa di concettualmente simile l’estate scorsa, con la finalità dichiarata di mettere alla prova la sua nuova telecamera ad alte prestazioni. Ma forse nessuno, prima d’ora, né aveva reso l’idea tanto efficacemente, di questo Allen dall’etnia evidentemente asiatica che sembra aver scoperto pubblicamente, negli ultimi tre mesi, di avere la passione per la costruzione pratica di armi o effetti speciali del mondo del fantastico, da lui ridotti a termini effettivamente adatti all’utilizzo umano. Ma in fondo, quale miglior modo di onorare una saga come quella di Guerre Stellari, un tempo ed ora nuovamente legata ad un’estetica raccogliticcia e di frontiera, che attraverso il fai-da-te!
La soluzione scelta per l’occasione è semplice quanto naturalmente interessante: all’interno di un’impugnatura probabilmente ricavata da un gadget ufficiale dei film, poi modificata tramite l’impiego della stampa tridimensionale, l’autore ha nascosto un piccolo serbatoio, un altoparlante, l’elettronica di bordo e un filamento elettro-termico di chromo-nickel, il tipico sistema di accensione per i razzi degli hobbisty. Nello spazio deputato al carburante, ha quindi introdotto un mix di butano liquido (carburante per gli accendini) e gas propano, unicamente finalizzato ad incrementare la pressione complessiva. L’idea di fondo, ci viene spiegato nella descrizione del video, veniva da un thread purtroppo non più accessibile del portale 4HV, ma fortunatamente citato con tanto di prova pratica sul sito del gruppo Tesla Down Under, un gruppo di performers musico-elettrostatici giunti addirittura sul palco di Australia’s Got Talent nel 2011. Grazie ad alcuni paragrafi e qualche foto, si riesce ben presto a comprenderne il funzionamento, che consisteva nell’impiego di una siringa piena di carburante come base per un piccolo lanciafiamme portatile, in cui un’ulteriore stringimento del foro di uscita, attraverso la piegatura e successivo taglio dell’ago ipodermico, consentiva l’ottenimento di un getto estremamente lungo e sottile. Il quale, una volta incendiato e tenuto ben lontano dal volto, dava luogo ad un qualcosa di esteticamente simile a una spada. Dovrai soltanto aggiungere, come fatto da Allen, il rilevante quanto irrinunciabile effetto sonoro, per trovarti davvero molto vicino all’obiettivo designato…Soltanto, non agitarla. E non puntarla dritta sopra la tua testa, come nella famosa locandina cinematografica del 1977: sia mai che un po’ di carburante, sfuggito alla consueta gassificazione, ritorni all’improvviso attratto dalla forza gravitazionale….
Proprio costui dopo tutto, è impossibile negarlo, aveva dimostrato in precedenza una certa abilità nel cogliere e reinterpretare il nesso principale delle armi poste al centro del moderno leggendario reinterpretato. Estremamente celebre era stato, all’inizio dello scorso ottobre, il suo video su Mjolnir, il martello di Thor (quello dei fumetti, inutile specificare) che notoriamente non poteva essere sollevato da nessuno tranne il suo solenne proprietario. Un effetto ottenuto, nel presente caso, grazie all’impiego di un potente elettromagnete, collegato alla più bizantina ed assurdista sequela di parti tecnologiche di prototipazione, incluso l’irrinunciabile kit Arduino, e niente meno che uno scanner delle impronte digitali. Così lui, in quel formato eternamente popolare della candid camera, andava in giro a far vedere a grandi e piccini con quanta facilità lo staccasse dal “suolo” (costituito guarda caso sempre una metallica copertura fognaria) mentre la vittima di turno mancava inevitabilmente di riuscirci, accanendosi veementemente. Una prassi tutt’altro che priva di un costo, come ci viene spiegato nel completo ed interessante making of del dispositivo, visto come il manico dell’arma, tratto in effetti da quello di una racchetta da tennis, tendesse regolarmente ad essere disintegrato dopo ciascuna singola sessione di fallimentare sollevamento. Davvero, certa gente non sa moderarsi, quando gli si dice per gioco di “far forza”!
Quindi meno male, che per la nuova spada fiammeggiante sia stato piuttosto selezionato il metodo divulgativo di uno show notturno e in solitaria, trattandosi in questo caso di un dispositivo decisamente più pericoloso del precedente. Molto dell’effetto scenografico della lama dritta e sottile, tra l’altro, deriva dagli stessi movimenti lenti e cadenzati effettuati da colui che impugna il lanciafiamme, rendendone letteralmente impossibile l’impiego all’interno di una qualsivoglia coreografia di combattimento. Però, paradossalmente, non siamo poi così lontani dall’ipotetico concetto di una vera lightsaber. Che molto difficilmente avrebbe potuto impiegare, come implicato dalla traduzione italiana del termine, un fascio di luce laser, per il semplice fatto che la luce non ha massa, ne una portata corta e circostanziata. Osservate, ad esempio, la torcia usata dal collega Styro-Pyro nel suo video sull’argomento: l’inquadratura risulta sempre tagliata, per il semplice fatto che altrimenti, si vedrebbe la “spada” procedere fino alla recondita valle antistante. I moderni scienziati nerd, in effetti, oggi guardano con maggiore interesse verso le tecnologie basate sul plasma ionizzato, ovvero la suddivisione dei nuclei degli atomi dai loro elettroni. Un processo utile alla creazione, per l’appunto, di una fiamma molto calda e stabile, ipoteticamente controllata grazie all’uso di un campo magnetico posto nell’impugnatura dell’arma. Ma nemmeno questo spiega, in effetti, come facessero i reciproci raggi a cozzare rumorosamente tra di loro…
ATTENZIONE: gli esperimenti qui mostrati sono condotti da persone chiaramente informate ed abili nella gestione del rischio. Come sapete il fuoco brucia, i laser accecano e i martelli di Thor, se lanciati all’indirizzo di qualcuno, tendono a tornare indietro. Si prega di non imitare.