Dove vanno a finire le biciclette d’Olanda

Fishing Bikes

Nel frattempo ad Amsterdam… Stof tot stof: polvere alla polvere. As tot as: cenere alla cenere. Pneumatico alla gomma vulcanizzata. Telaio al blocco d’alluminio. Da ferro speso, ormai coperto dalla rugine del tempo, a materiale pronto da forgiare per nuove creazioni, ritornate finalmente utili alla scopo. Ciò che eri, tornerai di nuovo, morbido sellino. E così tuo fratello, il rigido manubrio. Però consideriamo, prima, le ragioni di contesto. Chiunque abbia mai tenuto il passo di un timone, navigando tra le onde degli oceani senza vie ciclabili, avrà percepito il segno e il peso dell’antichità: sulla sabbia e tra gli scogli, centinaia, migliaia di decine di imponenti imbarcazioni, un tempo la ragione dell’orgoglio di marine di ogni nazionalità, ormai ridotte a luridi rottami, sprofondati per le cause sfortunate di tempeste, manovre improvvise, la semplice usura che deriva dall’aver dimenticato il punto dell’approdo, a seguito di un cambio della dinastia. Eppure mai nessuno le avrebbe volutamente abbandonate, simili miniere d’oro pronte a quel riciclo, cui alludevo poco sopra, che può dare la ragione d’esistenza all’ennesima generazione dei natanti, nuovamente pronta a visitare coste dei paesi più remoti. Con l’occhio del più vero cercatore di tesori, soprattutto ciò che è spento e rovinato, scrostato e al tempo stesso ricoperto di telline, può meritare di essere salvato, per tornare nuovamente dentro al ciclo di utilizzo degli umani. E… Una bicicletta. Cos’è il tipico veicolo che impiega la potenza muscolare, se non l’imbarcazione di chi naviga nel quotidiano, rifiutando orpelli motoristici e costosi! Splendido, fiammante ammasso di risorse e funzionalità, nel giorno dell’acquisto ormai remoto, progressivamente destinato a sprofondare, come tutto, verso gli abissi impercettibili dell’entropia. Ovvero la discarica, nella MAGGIOR parte dei casi. Esatto, un destino ben più banale di questa metafora marittima della domenica mattina. Non c’è tomba liquida nell’esìzio di un veicolo a pedali. A meno di trovarsi, nel preciso attimo presente,  presso la città talvolta definita “Venezia del Nord” (dell’Europa, non semplice cima dello stivale) un altro luogo in cui acque e case coesistono felicemente, senza che le prime erodano le fondamenta delle seconde. Il che già è un tutto dire. Mentre non è insolito, come potrete immaginare, che il canale si trasformi in disponibile, accogliente discarica, per tutto ciò che ha terminato la stagione della sua esistenza. A torto o a ragione, visto come quasi ogni cosa, dopo tutto, possa dare luogo all’utile processo del riciclo.
Si potrebbe descrivere, volendo, come una sorta di pesca miracolosa. Gli operatori della Waternet, agenzia di stato olandese che si occupa, tra le altre cose, di effettuare la manutenzione delle vie acquatiche cittadine, si trovano alle prese con la loro singola mansione più affascinante, alla guida di una doppia chiatta veramente insolita, appositamente concepita per lo scopo. Che è rimuovere uno stratum, straordinariamente sorprendente, eppure eternamente rinnovato giorno dopo giorno, a seguito dei casi più diversi. Sotto l’occhio affascinato dei turisti, ma anche degli abitanti locali, perché una cosa simile non cessa mai di suscitare un senso di sorpresa, nel rimorchio sorge un cumulo, alto e gibboso, fatto di ruggine e metallo, ruggine con il metallo. Le cui singole parti costituenti, sono velocicli. Lo stesso gesto di una simile estrazione, ha un che di veramente straordinario. Sulla prua del primo natante è stata infatti collocata una gru con pinza, non così diversa da quelle tipiche del luna park. Colui che la manovra, quindi, sembra intento nella singola mansione professionale più divertente del mondo! A iterazioni ripetute, lo strumento cala in mezzo ai flutti, chiude la sua morsa. Senza un grammo di fatica, il manovratore tira la sua leva, vedendo riemergere di fronte a lui…Diverse cose. Vecchi elettrodomestici, carrelli della spesa, componenti metallici d’arredamento. Ma soprattutto, anzi quasi esclusivamente biciclette. Volete sapere quante ne riemergono, ogni anno, dai canali della sola Amsterdam? Secondo l’intervista dell’estate del 2015 di Public Radio International (PRI) a Jan de Jonge, uno dei tecnici della Waternet, si parlerebbe di 15.000 unità. Quindici migliaia di veicoli a pedali: cifre da far girare ben altro, indubbiamente. Ma a questo punto appare lecito chiedersi, perché succede questo? Si tratta di uno strano virus che occasionalmente contamina la gente d’Olanda? Una sorta di propensione collettiva all’auto-privazione, dopo la privazione delle auto? Più meno. Non esattamente.

Bike in the canal
Per citare il sottotitolo dell’autore: “Le prostitute a entrambi i lati del canale hanno approvato questa [delicata] impresa!”

In questo video del portale pro-ciclismo Amsterdamize viene mostrato uno spaccato estremamente interessante della vita locale, da cui si comprendono diverse cose. Un’amica e concittadina del protagonista, tale Suze, si trova presa in contropiede da una complicata situazione: la sua fedele bicicletta, che lei aveva appena parcheggiato sulla sponda del canale, non c’è più. A questo punto molti di noi avrebbero pensato, colti da un immediato senso di sconforto, che fosse stata fatta l’oggetto di un furto. Ma non lei. E questo per una specifica ragione, che ci appare molto presto estremamente chiara. Basta fare qualche passo sulla scena del frangente, infatti, per rendersi conto di quanto su quella strada risulti stretto lo spazio dedicato alle persone ed ai veicoli, rispetto a ciò che può procedere sull’acqua. E di come, analogamente a quanto capiti in determinate zone di Venezia, questo sia del tutto privo di un qualunque tipo di barriera. Naturalmente, per permettere il passaggio delle automobili, senza bloccare l’ingresso dei portoni, l’unico luogo adatto a parcheggiare le due-ruote diventa il ciglio più estremo della carreggiata, a meno di un metro dal ciglio del baratro. Dando luogo ad una situazione in cui può bastare l’urto accidentale da parte di un passante, oppure una semplice folata di vento, per scaraventare roba ancora buona lì, dove nessuno potrà mai (teoricamente) ritrovarla. Ora, nel caso fortunato della nostra Suze, passava di lì Mr. Amsterdamize il quale, facendosi prestare un rastrello da un abitante locale, ha avuto l’iniziativa e la capacità di ripescare la bicicletta dal canale. Ma immaginate il caso di chi, in assenza di testimoni, dovesse tornare sulla scena di un simile delitto (del Fato). Queste acque sono tutt’altro che trasparenti e lui/lei  subito penserebbe, senza un attimo d’esitazione, che ciò che aveva ormai è stato rubato. Proseguendo tristemente nella sua giornata.

Fishing Bikes 2
Cumuli su cumuli su cumuli…

Per comprendere a pieno il rapporto quasi simbiotico che sussite tra gli abitanti di Amsterdam e i suoi canali, occorre considerare come fino alla metà del XIX secolo la città fosse priva di un sistema fognario omnicomprensivo. Veniva anzi considerato normale, per le case galleggianti popolari in queste regioni, orientare i propri scarichi nell’acqua del canale. E all’impiego scriteriato di una tale procedura, facevano seguire ogni sorta di rifiuto o scoria. Era come avere una discarica, nel centro esatto della propria città. Naturalmente, la qualità della vita ne stava risentendo in modo niente affatto indifferente, specie con l’inevitabile aumento di popolazione dei tempi moderni. Le nuove norme in fatto d’igiene, assieme a sforzi notevoli di rinnovamento e pulitura, hanno ridotto notevolmente queste cattive abitudini. Lasciando comunque sussistere la stana dicotomia di una certa fascia di popolazione piuttosto maleducata, che magari non getterebbe mai una carta per strada, ma che resta estremamente pronta a scaricare un intero sacco della spazzatura dentro l’acqua, che tutto nasconde e giustifica, per lo meno nella loro mente. Negli anni ’70 in particolare, il governo olandese varò una legge che puniva chiunque effettuasse tale operazione, ma INCREDIBILMENTE soltanto se il rifiuto rimaneva a galla, perché questo doveva costituire “la prova del misfatto.” Ora, come certamente saprete fin troppo bene, le biciclette non galleggiano MAI.

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La pratica di estrarre parzialmente ciascuna bicicletta, poi rigettarla nuovamente nel canale ha lo scopo di rimuovere i detriti accumulati su di essa. Altrimenti, in breve tempo la chiatta sarebbe piena di terra e non di utile metallo.

E così, la storia continua…Ci sono altre possibili ragioni per cui uno di questi beneamati veicoli può finire per gravare sul fondale delle vie acquatiche d’Olanda. Gente ubriaca, di alcol, della vita o d’altre cose, che d’improvviso compie un gesto senza senso, come propria imprescindibile prerogativa. Oppure il tipico comportamento di chi, rubato un mezzo di trasporto per il suo bisogno momentaneo, poi lo getta via, per “nascondere le prove”. Ad Amsterdam, secondo le statistiche, c’è un diffuso giro di malviventi che traggono il proprio sostentamento dal rubare le biciclette ai legittimi proprietari, per poi rivenderle a prezzo estremamente conveniente. Così, che si vede privato del suo principale mezzo di trasporto, inevitabilmente se ne procura uno nuovo attraverso lo stesso giro, supportando ulteriormente tale pratica meschina.
Nello studio del 2008 dell’ente statistico nazionale intitolato Core Numbers in Graphics: Fewer Bicycle Thefts si parla di circa 54.000 biciclette rubate ogni anno. Una quantità certamente irrisoria, rispetto al totale stimato dei 2 milioni di velocicli impiegati ogni giorno in questa città, eppure certamente abbastanza perché nessuno, mai, possa pensare di impiegare un modello particolarmente pregiato per il mero spostamente casa-scuola o verso il luogo lavoro. E le cose a basso prezzo, si sa, tendono a usurarsi prima. Diventando, nella mente della collettività, dell’inutile spazzatura. Va specificato che la situazione affrontata dalla Waternet nella città di Amsterdam, che stava iniziando a riportare veri e propri incidenti con barche che andavano a incagliarsi sul fondo invisibile dei rottami, è comunque vissuta in proporzione da diverse altre città d’Olanda, tra cui ad esempio Utrecht, che riporta un simile problema, con “soltanto” 3.000 biciclette ripescate dai canali ogni anno. A seguito del recupero mediante l’impiego delle chiatte, vengono poi stretti specifici accordi con società metallurgiche locali, per provvedere al reimpiego dei materiali costruttivi facenti parte del rugginoso tesoro riportato a galla.
E tutti vissero felici e contenti, in un ambiente cittadino decisamente meno inquinato, certamente più silenzioso, allegro e in forma. Mentre una versione sovradimensionata della gru dell’UFO Catcher (il tipico giochino a gettoni) opera la sua costosa magia, ritrovando cose nuove eppure vecchie, ancora e poi di nuovo. Ma se la gente fosse davvero cosciente delle proprie azioni, se esistesse un rispetto maggiore per le cose proprie e degli altri, nessuno dovrebbe mai ripescare nulla da alcun luogo. Il mondo sarebbe, certamente, molto più noioso…

 

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