Croce e delizia di ogni bagnante. Il test d’ingresso da superare, per ciascuna escursione in spiaggia, prima di poterti dire realmente a tuo agio: il resiliente, latente, capiente materassino. Una prova plasticosa per i polmoni, nonché la pazienza. Perché naturalmente, non è possibile caricare in macchina l’oggetto in questione già pienamente gonfiato (a meno di avere una station wagon) e nel momento del bisogno, con una certezza che può rasentare il verificarsi di un teorema della fisica, la pompa da bicicletta non si troverà MAI (non potevamo andare a pedalare) Ergo trascorso quell’attimo di frustrazione, devi prendere l’arnese, avvicinarlo alla bocca, mordere saldamente quella piccola, sporca valvola. Ed iniziare a soffiare. Per quanto tempo… Dipende. Ci sono versioni dell’esigente manufatto, poco più che supporti per la schiena, che divengono fatti e finiti nel giro di tre, quattro esalazioni. Fumatori permettendo. Mentre altri, in cui s’incontrano poggiatesta, ciambella anti-affondamento, supporto per la lattina di Coca-Cola…Sembrano concepiti per la confortevole messa in opera da parte di un campione d’apnea, da noi reclutato allo scopo e invitato ad accompagnarci tra un campionato e l’altro.
Sbuffando e ansimando, finché alla fine… Ma non sarebbe davvero terribile, una di quelle volte, mentre ci si impegna con enfasi deleteria, ritrovarsi di fronte allo spettacolo di quest’uomo, Ryan Frayne, che arriva. Srotola il pegno dell’universale affanno. Apre due bocche, la propria, quella del suddetto mostro. Poi le avvicina e, mirabilmente, in due secondi netti, si sdraia, felice?! Come, cosa, soprattutto PERCHÈ? È un mistero che si schiarisce d’incanto, come sempre più spesso avviene in questa epoca di progressi inerenti al quotidiano, nella presentazione di un nuovo prodotto, dai lui concepito e denominato con assoluta sensibilità da informatico “AirPad 2+”. Finanziato inizialmente su Kickstarter e poi presentato lo scorso 30 ottobre al pubblico generalista, tramite una partecipazione al popolare programma sugli aspiranti imprenditori, Shark Tank. Ciò che continua a stupire, invece, è la capacità d’ingegno di quest’uomo, che ha preso la procedura dimostrativa di un vecchio esperimento scientifico, spesso effettuato a scopo educativo nelle scuole del suo paese, per trasformarlo nella soluzione di un problema che ci attanaglia, ottenendo nel contempo straordinari propositi di arricchimento personale.
Si tratta, per giungere infine al punto, di una procedura usata allo scopo di dimostrare il comportamento di un qualsiasi fluido soggetto a movimento, secondo quanto teorizzato nell’equazione di Daniel Bernoulli, matematico svizzero vissuto nel XVIII secolo. Costui aveva infatti notato, ed annotato prontamente in cifre, il princìpio secondo cui maggiore fosse stata la velocità dell’aria all’interno di uno spazio chiuso, minore risultava la sua pressione sulle pareti dello stesso. Ciò in concordanza con quanto teorizzato dalla prima legge newtoniana della termodinamica, secondo cui l’energia non può essere distrutta o creata dal nulla, ma deve sempre in qualche maniera trasformarsi, passando da uno stato all’altro. Pensate quindi al flusso d’aria immesso nel nostro materassino, secondo la metodologia comune della valvola a bocca: per far penetrare forzosamente dell’aria nel suo spazio interno, che non è certo soggetto al vuoto assoluto, ma piuttosto permeato d’aria alla stessa pressione di quella circostante, occorre immetterne dell’altra con una forte energia cinetica (il soffio) finalizzata a farla aumentare progressivamente, gonfiando in conseguenza l’agognato giaciglio. Proprio per questo, l’operazione risulta tanto faticosa. Ora, prendiamo in analisi la tecnologia impiegata nell’invenzione di Frayne, che costituisce in sostanza un’applicazione del concetto di un aspiratore, originariamente costruito secondo i crismi del tubo di Battista Venturi (1746–1822): due coni sovrapposti, con uno spazio stretto al centro. Il suo inventore, professore all’Università di Modena, che aveva soltanto l’obiettivo di dimostrare quanto teorizzato in precedenza dal suo esimio collega D. Bernoulli, finì invece per costruire un oggetto destinato a trovare innumerevoli applicazioni nel campo dell’aeronautica, delle immersioni, dell’aria condizionata… Peccato soltanto che all’epoca, ancora non esistesse il concetto di chiedere i soldi online!
Nello strumento di Venturi, erano presenti anche alcuni tubi manometrici, in grado di misurare la pressione dell’aria mentre questa tendeva ad accelerare, come per l’appunto dicevamo, nella parte centrale. Ma l’aspetto più interessante, nonché quello che avrebbe rivoluzionato il modo d’immettere l’aria in un sistema, era il modo in cui bastava immettere una piccola quantità d’aria a un’estremità del congegno, perché questa letteralmente ne succhiasse dentro una quantità pari o superiore dall’atmosfera circostante, proprio in funzione della sua perdita di pressione, dovuta all’aumento della velocità. Esattamente quello che succede, nel caso del materassino AirPad, nella sacca con un buco grande all’estremità (in cui soffiare) e dall’altra quella che il sito ufficiale chiama “deflation flap”, una sorta di valvola in grado di chiudersi automaticamente al termine del gonfiaggio. Completata l’operazione, dopo qualche secondo di trascurabile sforzo, tutto quello che si dovrà fare è prendere la sezione aspiratrice del materassino, premere a terra la sua apertura, poi arrotolarla saldamente. Ciò, oltre a creare un sigillo pressoché perfetto, avrà l’ulteriore effetto di comprimere ulteriormente l’aria al suo interno, dando l’ultimo contributo al riempimento del materassino.
Il concetto impiegato da Frayne, a questo punto sarà certamente chiaro, non è del tutto nuovo. Ne esistono, anzi, diverse versioni simili applicate proprio al campo dei materassini, come l’Instaflator della Millair, che sfrutta un’applicazione diretta dell’esperimento del cosiddetto tubo di Bernoulli, ciò che probabilmente ha ispirato lo stesso inventore della nuova, più pratica alternativa. Tale esperienza, cui accennavamo prima, che consiste nell’impiegare una lunga sacca di plastica tubolare lunga un metro e mezzo, annodata a un’estremità, da gonfiare con un numero predefinito di respiri. Per primo se ne occupa il professore, avvicinando la bocca all’apertura per impedire che l’aria venga naturalmente risucchiata al suo interno. Un-due-tre, poi si comprime la busta, per dimostrare quanta dell’aria è rimasta al suo interno (non moltissima). Quindi, perché la scenetta sia realizzata ad arte, generalmente si dice allo studente che l’obiettivo della dimostrazione sarebbe semplicemente dimostrare la “portata polmonare”e gli si passa un’altra busta, sgonfia. Egli constaterà risultati simili, o magari solo leggermente superiori. Ciò fatto, come nel movimento finale di un favoloso gioco di prestigio, si passa all’apoteosi educativa: tenendo la busta ben lontana dalla bocca, il professore soffia nuovamente, creando una sorta di rudimentale aspiratore. Con uno sforzo trascurabile, l’intera busta sarà gonfia in due respiri appena. Ed è grosso modo una versione più solida e duratura della stessa identica cosa, quella che si trovava ad un’estremità del prodotto della Millair, che l’utilizzatore era chiamato ad arrotolare mano a mano, una volta completato il gonfiaggio, per immettere l’aria nel materassino galleggiante, prima di rimuovere la busta accessoria. Mentre nell’AirPad 2+, in modo molto più pratico e conveniente, detto apparato riesce ad immettere l’aria in modo pressoché automatico, restando per lo più parte integrata del tutto. Il che, in un dispositivo portatile, resta un vantaggio tutt’altro che indifferente.
Altri prodotti simili ma pre-esistenti includono la serie delle borse in stile NeoAir o Pumphouse, che funzionano semplicemente intrappolando l’aria al loro interno, quindi rilasciandola tramite pressione a seguito della chiusura dell’imbocco, per immetterla nella valvola convenzionale di un qualsivoglia materassino. Tali dispositivi, molto popolari per le escursioni proprio in funzione del loro doppio uso (trasporto, gonfiaggio) non sfruttavano tuttavia l’effetto dell’equazione di Bernoulli, ma soltanto una furba applicazione del fin troppo spesso trascurato senso comune.
Ma una delle applicazioni più significative ed importanti del tubo di Venturi si trova, alquanto appropriatamente, nel campo degli aeroplani, quegli stessi velivoli che riescono a volare proprio in funzione degli studi sulla fisica dei fluidi in movimento. Ed è relativa a una funzione assai particolare, usata solo in caso di emergenza: lo scivolo di evacuazione. Tale dispositivo a gonfiaggio ultra-rapido, usato nel caso in cui sia necessario far lasciare l’aeroplano ad oltre un centinaio di persone potenzialmente colte dal panico, costituisce in effetti null’altro che un grosso materassino, collegato ad una bombola di gas ad alta pressione. Non è tuttavia difficile immaginare come, nello spazio limitato di un aereomobile, difficilmente potrebbe trovare posto una quantità sufficiente di gas pronto all’impiego, da sparare nella valvola dello scivolo tramite metodi convenzionali. Quello che si usa, dunque, è un aspiratore. L’efficacia di tale approccio veniva, ad esempio, dimostrata in una puntata di Engineering Connections sull’Airbus A380 con John Hammond (uno degli ex-conduttori di Top Gear) che per l’occasione, collegava una lunga e resistente sacca analoga a quelle dell’esperimento citato, con di fronte niente meno che un razzo a polvere nera, i cui gas di scarico dovranno penetrare nello spazio deputato. Accendendolo, la prima volta, senza nessun elemento di raccordo, per ottenere un gonfiaggio incompleto: “Risultati simili, in condizioni d’emergenza, potrebbero costare delle vite.” Dice lui. Poi aggiunge un tubolare a doppio cono, esternamente indistinguibile dal tubo di Venturi, prima di accendere un secondo razzo alla sua estremità. In pochi istanti, letteralmente, la grande sacca sarà splendidamente sazia e solida per tutta la sua estensione, pronta a salvare un qualsiasi numero di passeggeri immaginari. O gonfiare dozzine, centinaia di materassini.
Si può quindi ragionevolmente dire, per sfruttare un modo di dire tipicamente italiano, che Frayne ha “scoperto l’acqua calda”? In un certo senso, si. Non c’è nulla di rivoluzionario e/o assolutamente innovativo nella sua creazione, che di fatto prende un principio ben noto, lo trasporta in un campo dove aveva già trovato applicazioni e vi apporta alcuni minimi, ma pratici miglioramenti. La sua forza principale, tuttavia, resta nell’essere riuscito a scegliere un momento in cui il pubblico era pronto per affascinarsi alla sua idea, sfruttando per di più canali di marketing che già si stanno già rivelando particolarmente efficaci. Non si possono davvero brevettare le molecole di H2O, né il fuoco sottostante che le porta ad ebollizione. Ma se qualcuno è disposto a pagarti lo stesso per disporre del segreto, cosa importa?
Via: Reddit, WindcatcherGear, Facebook