Il magico mulino della spazzatura

Water Wheel

A dimostrazione che davvero, nonostante ciò che si potrebbe tendere a pensare, QUALCOSA può essere fatto; a memento ben visibile, costantemente spinto innanzi dalla forza inesorabile dell’acqua, di come l’ingegno costruttivo talvolta possa prendere strade inaspettate, ritornando a soluzioni tecnologiche di un altro tempo. La ruota di Baltimora. Che dal maggio del 2014, da quando è stata collocata nella sua posizione strategica presso il punto cui il torrente di James Falls s’incrocia con il fiume Patamsco, poco prima di sfociare nella laguna cittadina e quindi via, dritto nell’Oceano Atlantico, ha raccolto: 97.000 bottiglie, 80.000 sacchetti per le patatine, 4 milioni di mozziconi di sigarette. Oltre ad una quantità d’immondizia assortita che è stata stimata attorno alle 200 tonnellate, con alcune giornate record da 15 o 20 nel giro di 24 ore, in genere a seguito di una tempesta o altro tipo di disturbo meteorologico. Come avveniva in questo particolare caso, entusiasticamente illustrato da due figure chiave del progetto, Adam Lindquist, della Healty Harbor Initiative, e John Kellett, l’inventore ed a quanto sembra, occasionale custode del dispositivo, costruito grazie ai progetti della sua rinomata compagnia locale, la Clearwater Mills. Persone con un sogno, a dire poco, estremamente ottimistico: rendere la laguna di una delle città più inquinate degli Stati Uniti in proporzione ai suoi abitanti (“soltanto” 620.000 nell’area urbana principale) non soltanto migliore, ma addirittura adatta alla balneazione ed alla pesca, entro il termine stimato del 2020. Immaginate di sentirvi dire che potrete, di qui a qualche anno, gettarvi gioiosamente assieme alla famiglia nell’increspato fiume di una grande città italiana, come il Tevere di Roma. Ecco, sostanzialmente, ciò di cui stiamo parlando; un sogno all’apparenza impossibile, che deve prendere l’origine da un corso nuovo di pensiero. E questa Harbor Water Wheel, dal prezzo approssimativo di mezzo milione di dollari e ribattezzata colloquialmente con il nome di Mr. Ruota della Spazzatura, è certamente un primo valido passo verso la risoluzione del problema.
Già dall’estetica, che Kellet dichiara di aver concepito in un momento d’ispirazione, facendone un disegno sopra un tovagliolo di carta, si nota un chiaro intento d’innovare i presupposti preesistenti. La ruota, montata su una chiatta galleggiante, presenta una copertura in tela dagli elementi che la fa rassomigliare ad una sorta di animale preistorico, dotata di un funzionale apporto di pannelli solari sovrastanti. Che tuttavia, nelle giornate normali non vengono impiegati, come del resto neanche la batteria per l’accumulo energetico nascosta in compartimento impermeabile, poiché basta la sola forza idrica a far muovere le pale dell’eponimo dispositivo, immettendo forza motrice in un sistema d’ingranaggi che garantisce, indipendentemente dalle condizioni sussistenti, un lento procedere del meccanismo del nastro trasportatore. In alternativa, quando manca il vento e l’acqua si fa torbida, una pompa si occupa di sollevarla e farla ricadere sulla parte superiore della ruota, accrescendone la capacità divoratrice. Due bracci appositi, costruiti con boe galleggianti e reti sommerse simili a quelle usate per la cattura dei granchi, si occupano in ogni momento d’instradare i detriti verso le sue fauci spalancate. Ciò perché naturalmente, la spazzatura non è il più attivo dei nemici dell’umanità, e segue docilmente il suo percorso predeterminato. Così tutto quello che occorreva fare, per dare un primo accenno di risoluzione al principale cruccio cittadino, altro non era che intercettare la nequizia galleggiante, per portarla verso un nuovo stato di congelamento, quel cassone rimovibile a vantaggio della collettività. Ma quante ruote servirebbero, davvero, per ripulire tutto il vasto mondo acquatico che ci circonda? Mille, diecimila? Difficile a dirsi. Però qui, a Baltimora, nel frattempo stanno raccogliendo i fondi per crearne una seconda, presso il quartiere di Canton. Un gesto che la dice lunga sulla fiducia pubblica raccolta in questo anno e mezzo di funzionamento ininterrotto, assieme a tanti impropri scarti di latente civiltà!

Water Wheel 2
L’estetica della ruota, come si può apprezzare in questo segmento della NBC news, è tutt’altro che difficile da apprezzare. Su Internet, il suo profilo è diventato particolarmente riconoscibile grazie alle molte fotografie degli abitanti locali, che ne hanno fatto un personaggio beneamato. La ruota ha persino un suo account di Twitter e una mascotte.

Lo stesso Healty Harbor Plan (Progetto per una laguna più pulita) ha un’origine non propriamente convenzionale. Non si tratta infatti di una strategia messa a punto da una commissione nazionale, come spesso avviene in questi casi, ma l’approccio spontaneamente finanziato di un gruppo di ufficiali cittadini, imprenditori locali, organizzazioni ambientaliste e semplici cittadini, costruito sul modello di un grande successo della storia recente americana, la grande pulitura della laguna della città di Boston, portata a termine ufficialmente nel 2007, dopo oltre 20 anni di interventi pubblici, costruzione di impianti di depurazione, ristrutturazione fognaria e dei canali di scarico, variazioni legislative e rieducazione del pubblico locale. Una grande opera costata alla MWRA (Massachusetts Water Resources Authority) esattamente 3,9 miliardi di dollari, comunque molto meno degli oltre sei stimati originariamente. E basta osservare uno studio statistico comparativo, di allora rispetto ai giorni nostri, per scoprire come non ci sia davvero nulla d’irraggiungibile nel proposito dei distanti connazionali di Baltimora, quando la quantità di batteri potenzialmente nocivi rilevati attorno a Deer Island del distante Massachusetts da oltre 150 varietà rilevate in un tempo campione di 24 ore (ovvero: chi tocca muore!) a meno di una decina (rischio massimo: raffreddore?). Mentre qui, nella maggiore città del Maryland, la cui popolazione complessiva risulta del tutto comparabile, l’investimento si aggira attualmente sul primo milione di dollari, di cui una buona metà è andata investita nella costruzione della ruota. Il cui valore, ad ogni modo, risulta estremamente tangibile, e non soltanto nella quantità di rifiuti che rimuove attivamente, giorno dopo giorno, ma in un ritorno d’immagine che sta riuscendo a sensibilizzare l’opinione pubblica locale in merito a quanta sia sporco, davvero, l’ambiente in cui trascorrono la propria vita. Un conto è sentirsi ripetere all’infinito la non sostenibilità di una gravosa condizione, un altro è poterla apprezzare condensata in video come quello d’apertura, con tutta la chiarezza istantanea di una vera e propria campagna di marketing prodotta grazie al senso pratico, l’evidenza che conduce a un primo passo di miglioramento. Ma è inutile dirlo: raccogliere la spazzatura, nel recupero di una situazione avanzata come quella baltimorese, non è che il primo passo di un percorso estremamente lungo e complesso. Nel 2011 Michael Hankin, il presidente della commissione, ha pubblicato a suo nome un documento programmatico del piano, offerto su Internet in due versioni: breve o integrale. I quattro punti da affrontare, secondo quanto qui delineato, sono: eliminazione dei batteri, tramite la costruzione di sistemi di smaltimento più efficace; riduzione dello scarico di sostanze ricche di principi nutritivi eccessivi, che possono nuocere alla salute dei pesci e causare la crescita incontrollata della alghe; recupero periodico dei sedimenti portati nel fiume a seguito delle piogge, che ogni anno si accumulano nello spazio della baia con tutto il loro seguito di sostanze potenzialmente velenose. E poi, naturalmente, eliminazione della spazzatura, che tuttavia è importante notare, non sempre arriva direttamente nel fiume in funzione della maleducazione collettiva. Sono spesso gli stessi agenti atmosferici, infatti, a trascinare gli oggetti piccoli e leggeri fino al fiume, con una precisione e una costanza che non temono rivali. Una folata di vento, un cassonetto troppo pieno? Ci rivediamo giù, tra i flutti. Forse proprio nel contrastare questa inevitabile tendenza naturale, possiamo dire, si è ottenuto il miglior successo che potrebbe costituire anche un’ispirazione su scala globale. Come afferma orgogliosamente lo stesso Kellett, in un video prodotto per elogiare “Il senso d’iniziativa personale dei proprietari di automobili Ford” (si, una pubblicità costruita sul suo successo) quasi tutte le città hanno un fiume. Che nella maggior parte dei casi, pulito, non è.

Water Wheel 3
Questa immagine del capo d’azienda, per quanto locale e relativamente priva di finanziamenti, che si preoccupa giornalmente di agevolare il funzionamento della sua creazione, con rastrello ed altri attrezzi, è un’immagine che ispira ad un coinvolgimento personale. Forse proprio da qui è iniziato il vasto successo mediatico di questa ruota.

Si parla tanto spesso di società consumistica ma la realtà è che siamo tutti, fondamentalmente, grandi produttori. Anche se non lavoriamo attivamente, all’interno di una fabbrica o di un opificio, ricombinando le materie prime in ciò che l’umanità considera arbitrariamente più avanzato, come la carta che proviene dagli alberi, o la plastica dai loro residui d’altra epoca o polimeri di vario tipo, agevoliamo il transito di quei prodotti verso un drammatico ed eterno oblìo. Nulla sparisce o “si consuma”. Questa vaga ma diffusa concezione, secondo cui gettare un qualcosa sia privo di conseguenze non soltanto per noi stessi, ma persìno i nostri figli ed altri discendenti, è una fondamentale astrazione logica che non ha nessun tipo di appiglio alla realtà. Basti pensare come sul Patamsco di Baltimora, presso una simile laguna nonostante tutto affascinante, dozzine di ristoranti ed altre istituzioni attirino migliaia di turisti al mese, indotti dalla convenzione a consumare i propri pasti allegramente, senza preoccuparsi delle improprie cose galleggianti innanzi a loro. Ma il subconscio prende nota, ricorda e poi permette di rammaricarsi, a posteriori.
Da anni, oramai, l’amministrazione cittadina di Baltimora investe per mantenere in funzione alcune imbarcazioni a motore appositamente attrezzate, con l’arduo compito di riportare all’asciutto quanto grava sulle chiare, fresche e dolci acque. Ma è inutile dirlo, un tale compito appare simile al masso di Sisifo, perennemente pronto a ritornare al punto di partenza. Difficile, per gli umani, risolvere una situazione in perpetua via di entropico rinnovamento. Sta ormai finendo l’epoca dell’ottimismo immotivato. Mentre inizia l’era della ruota.

Lascia un commento