Un mondo dall’aspetto simile all’ambiente in cui viviamo, ma stranamente divergente nei dettagli di contesto: tutto è rapido, iper-attivo. I colori sono ancor più luminosi. E ciò che dovrebbe essere lontano, sembra invece assai vicino, perché visto dall’alto, e stranamente indistinto, in modo da dare risalto al resto della scena. Come nella tecnica fotografica del bokeh (dal termine giapponese boke – confusione) in cui la profondità di campo viene artificialmente ridotta, attraverso la riduzione del rapporto tra lunghezza focale e foro d’accesso per la luce, verso il sensore o la pellicola dello strumento in uso. Valore che viene definito talvolta il numero f e che viene sempre condizionato, in fotografia, dalla distanza e dimensione del soggetto. Pensateci: quanto è tipica l’immagine di un piccolo animale, magari un uccello o un insetto, preso in primo piano con potenti cannocchiali, come sospeso nel colore verde indistinto dell’ambiente circostante…Mentre ottenere un’effetto simile nella foto di una quercia, o ancora peggio, una montagna, richiederebbe una macchina fotografica a misura di Titani.
Ed ecco ciò a cui stiamo assistendo con la fantasia, almeno in quello che parrebbe derivare dalla tecnica usata nel presente video del canale LittleBigWorld: ingigantiti fino all’altezza di 60, 70 metri, dominiamo il ruggente ferro di cavallo in fluido divenire, punto leggendario in cui il vasto fiume Niagara si getta lugiù dal dislivello che divide l’Ontario dagli Stati Uniti. Splendenti nei loro impermeabili rossastri, le turbe dei turisti che si affrettano a salire sulle imbarcazioni Hornblower e Lady of the Mists, due delle tante che permettono di vivere da vicino l’impatto di tonnellate cubiche d’acqua al minuto. Mentre noi, con la testa tra le nubi, delicatamente ci chiniamo ad osservare. Se soltanto avessimo un bicchiere, per saggiare il gusto rinfrescante di ciò che da un millennio erode il suolo dell’Onguiaahra, santuario del Dio Tuono…Sarà buono, certamente. Addirittura, inebriante. Utile a ricordarci che in effetti, ancor non comprendiamo quello che stiamo vedendo. Realisticamente, ci sono solo due maniere in cui una simile scena può essere stata ripresa: l’elicottero, oppure il drone telecomandato. Eppure, con l’aumentare della distanza dal soggetto ripreso, l’ottica ci insegna che il punto di messa a fuoco diventa necessariamente più inclusivo, tanto da poter contenere due isolati di un paesaggio cittadino, oppure lo spazio che separa una parete del Grand Canyon da quella antistante (tanto per restare in tema di meraviglie naturali). Mentre qui, nemmeno due filari degli alberi posti a cornice paiono altrettanto definiti. Esattamente come se si stesse osservando un modellino.
La fonte di una tale meraviglia visuale, come molti già sapranno, è frutto di quella serie di tecniche che oggi vengono chiamate, per antonomasia, tilt/shift (inclinazione/spostamento) benché tali termini, in origine, fossero riferiti ad un approccio fotografico dall’impiego assai più vasto e variegato. La cui origine va rintracciata nella Regola di Scheimpflug, secondo cui, nell’ottica: “É matematico che il piano focale, dell’obiettivo e del soggetto si incontrino sulla stessa stessa retta.” Il che significa che modificando l’inclinazione della lente al termine dell’obiettivo, tramite l’impiego di apposite soluzion ingegneristiche, si può ottenere un piano di messa a fuoco non più parallelo al soggetto ripreso, bensì obliquo. Perché farlo? Possono esserci diverse ragioni. La prima e maggiormente significativa, risalente all’invenzione di questa tecnologia, era motivata dal bisogno di riprendere soggetti estremamente grandi ed inamovibili, come strutture architettoniche. Il che presentava (e presenta) dei problemi, il primo dei quali è come far entrare l’intero edificio nella foto senza inclinare la fotocamera, dando quindi l’origine ad un fastidioso cambio della prospettiva; ovvero, dei palazzi rastremati verso l’alto, come piramidi dei nostri tempi. L’altro è quello di trovarsi di fronte ad un qualcosa che si sviluppa in senso trasversale rispetto alla propria posizione, estendendosi in maniera tale da costringerci a mettere a fuoco la facciata, OPPURE tutto il resto. Perché anche l’estensione della messa a fuoco di cui sopra, dovuta alla distanza del soggetto, ha dei naturali limiti, oltre i quali serve ricorrere all’aiuto della tecnologia…
La tecnica ottica del tilt/shift fu rielaborata per l’epoca moderna, probabilmente in parallelo, da grandi nomi della fotografia come Ben Thomas, Walter Iooss Jr. e Vincent Laforet. Paradossalmente, il suo impiego risultava ancor più semplice con le prime rudimentali macchine fotografiche, in cui il piano della pellicola non era parte di un tutto unico con la lente o foro stenopeico, ma collegato ad esso con un soffietto a fisarmonica di pelle nera, che permetteva il facile riposizionamento del sistema. Mentre ritorno in auge di questi movimenti, in tempi decisamente più recenti, deriva dalla produzione in serie degli obiettivi cosiddetti basculanti, ovvero in grado di muoversi lungo una scala attentamente graduata. Ma col passaggio dei tempi, cambiano le aspettative ed i gusti del pubblico, al punto che oggi tale particolare approccio alla fotografia è diventato praticamente il sinonimo di una particolare illusione ottica, realizzata di concerto con l’elaborazione digitale (ed in effetti, talvolta, fondata unicamente su di essa) che permette di far sembrare le cose grandi, minuscole, giocattolesche. Eccone qui un altro esempio, realizzato presso alcune affascinanti città della Zuid-Holland, la provincia dell’Olanda Meridionale:
È una sensazione buffa ed al tempo stesso inebriante. Di nuovo l’acqua torna a fare da protagonista, con i canali di Dordrecht in cui galleggiano, quasi frenetiche, alcune barchette a motore. Che sono in realtà a grandezza naturale, anche se non lo sembrano per niente! Ed è fantastico il dettaglio del guardiano di un ponte mobile, che al passaggio di una di queste si affanna a girare una speciale manovella, che lo fa ruotare fino a liberare lo spazio utile della via trasparente. Ma il punto più memorabile del video viene solo successivamente, quando l’inquadratura si sposta sul municipio antico della città di Gouda (quella del formaggio) un edificio risalente al 1459 e stranamente simile a una chiesa. Il cui alto pinnacolo, realizzato nello stile gotico fiammeggiante, diventa simile all’antenna di un radiocomando, mentre lo stesso ambiente del Markt, la piazza del mercato, così vuoto e privo di riferimenti, non fa che accentuare la sensazione di stare osservando un dettagliato modellino. La giustapposizione è significativa, perché qui s’incontrano, perfettamente, le due correnti parallele del tilt/shift: quella finalizzata alla ripresa di opere architettoniche, e l’altra, utile alla creazione di quest’illusione tanto popolare online.
Al giorno d’oggi non è poi tanto semplice, nella maggior parte dei video a disposizione, comprendere quando ci si trovi di fronte ad una vera applicazione del sistema degli obiettivi basculanti: vista la popolarità dell’effetto, infatti, negli ultimi anni c’è stata una vera e propria proliferazione di filtri per i programmi di grafica, quando non vere e proprie applicazioni per i cellulari (diventati essi stessi delle powerhouse della fotografia compatta) in grado di mandare l’immagine fuori fuoco nella maniera apparentemente analoga di chi impieghi i movimenti dell’obiettivo con modalità tradizionali. Anche se ovviamente, con un tale approccio non sarebbe invece possibile recuperare la nitidezza del fondale, scopo originario dell’intero iter concettuale qui discusso. Ma il fatto è che la nostra mente, abituata fin dalla giovane età a visionare ed interpretare le immagini impresse sulla pellicola, si è trasformata in un osservatore estremamente facile da ingannare con il sovvertimento delle convenzioni. Tanto che, trovandoci di fronte ad una scena che è nitida nella sua parte superiore, mentre sfocata in quella inferiore (o viceversa) tendiamo subito a pensare che il paesaggio sia in realtà un diorama, restando poi colpiti dall’opera del fotografo che ce l’ha così trasformata, con un’intuizione che deriva in realtà dal senso comune. In un video che distanzia dalla realtà dei fatti pur risultando, stranamente, desiderabile. Droni, fotocamere, punto focale: cosa importa, alla fine? Lo strumento più importante a nostra disposizione, come sempre, resta l’immaginazione. E qualche rapido click del proprio mouse.