Heavy Metal/Smoking Guns: se un uomo spara nella foresta a tre serrature inchiavardate sopra un palo, ma nessuno si trova nelle vicinanze per sentire il rumore, costui ha davvero aperto una porta? Ovviamente….Quella che conduce al nesso e la questione a fondamento della scienza stessa, ovvero il realismo che connota l’esperienza d’intrattenimento. Per scoprire che probabilmente potrebbe davvero, il protagonista di una storia cinematografica, passare oltre un cancello incatenato usando un pezzo d’ordinanza, ma di certo non con la semplicità e rilassatezza che vorrebbero vantare ai danni dei propositi dimostrativi. I quali nei fatti, molto spesso, neanche c’erano in partenza. È una legge hollywoodiana non scritta, almeno sui copioni che raggiungono una degna fama, quella secondo cui determinati oggetti hanno uno scopo funzionale alle ragioni del racconto. Automobile: veicolo a quattro ruote che permette al protagonista di raggiungere la scena dell’azione, poi lasciarla in rutilanti inseguimenti tra i palazzi cittadini. Giubbotto antiproiettile: elemento di vestiario in kevlar stravagante, che ferma tutte-tutte le munizioni il 100% delle volte, senza le minime conseguenze per la vittima predestinata. Lucchetto: una semplice formalità. Si tratta di un luogo comune che in qualche maniera è filtrato, tra gli strati permeabili della creatività, fino al mondo confinante dei videogiochi, dove forse negli ultimi tempi sta passando un po’ di moda (c’è grossa crisi, lì). Ma pur sempre presente, impossibile da trascurare, come lo sparo a bruciapelo che fa fuori in modo assolutamente istantaneo, senza neanche un grido di dolore, gli sgherri meno significativi del “cattivo”. Sto parlando della scena tipo in cui ci si ritrova innanzi a un punto importante della narrazione, mentre un chiavistello fa da tappo nella vasca dell’apodosi risolutiva. Spalla: “Sai per caso come scassinarla?” Risponde il Texas Tomb Ranger: “La vedi questa Magnum a sei colpi, amico mio?”
Munizioni che risolvono i problemi. Magnifico, perfetto ed ideale. Molto spesso sfortunatamente, anche falso. Ce lo dimostra nello specifico il Dr. Matt, veterinario, in questo suo ultimo video, nel quale sottopone alcune ottime serrature (costose, si preoccupa comprensibilmente di farci anche notare) alle vere conseguenze dell’antica arte del Gun Fu, praticata all’altro lato dell’Oceano con trasporto, almeno fin dall’epoca di Toro Seduto e Buffalo Bill. La scena è un mirabile crescendo di tensione, un rollercoaster delle aspettative ripetutamente superate sotto l’occhio attento della telecamera. Senza dubbio, parte del merito va attribuito al protagonista, che oltre ad essere un fine oratore si rivela anche un ottimo cecchino, in grado di colpire senza falla piccoli bersagli posti a qualche metro di distanza. Con armi non sempre, né probabilmente, ideali. Si comincia, e come potrebbe essere diversamente, con il singolo calibro più diffuso del mondo, ovvero quello di una classica pistola con caricatore per i .22 LR (Long Rifle) proiettili da 5,7 mm che non saranno adatti per la caccia grossa, ma che trovano spesso l’impiego tra le forze dell’ordine di mezzo mondo, ed hanno sventato oppur causato innumerevoli tormenti all’esistenza umana. Non è in effetti raro vedere proprio una di queste piccole, compatte armi adatte all’autodifesa, nella mani di un eroe per caso, trascinato dagli eventi fin a quel momento della verità. Ora, naturalmente Clint Eastwood/Harrison Ford/Al Pacino, quando sparano a un lucchetto, lo fanno da pochi centimetri di distanza, i denti stretti ed un ghigno aggressivo sul volto, noncuranti delle schegge di metallo fuso che rimbalzano per ogni dove. Ciò sarebbe stato alquanto inappropriato nel regno non-fantastico del quotidiano, dove può bastare anche una piccola ustione a un polso, per farti rimpiangere l’idea geniale di metterti a sfatare le leggende metropolitane. Così, la posizione di sparo è posta frontalmente e ben lontana, modificando in parte i presupposti della prova. Ma se tali drammatici risultati d’apertura figurano su tali e tanti rotoli di cellulosa, anche così, un semplice lucchetto dovrà pur mostrare qualche conseguenza, giusto? Giusto, nessuna degna di nota. I proiettili della pistola, a seguito di ciascun sparo, si disgregano sul duro metallo del lucchetto, lasciando solamente lievi ammaccature. Se vogliamo concludere qualcosa, sarà meglio passare alle ragioni dei più forti…
Nel secondo capitolo, Matt continua le sue sperimentazioni con qualcosa di più degno di essere chiamato Scardinator: un pistolone a gas da 9 mm, dal calibro equivalente all’iconica Desert Eagle, diventata un irrinunciabile classico nel videogioco Counter Strike (almeno quando non si hanno a disposizione i fondi per comprare un’arma a canna lunga). Siamo in effetti già entrati nel regno del poco pratico, visto come un simile implemento possa difficilmente essere nascosto nella borsetta di qualsivoglia signora, e se usato per spaventare un ladro, come si usa fare all’altro lato dell’oceano, tenda a causare significativi danni collaterali a porte, muri, o malcapitati Robocop di passaggio. Così, tanto più deludenti diventano le conseguenze dell’impatto sul duro metallo, con le piastre di cui si compone il lucchetto che si sfaldano, in un torturato ammasso di frammenti. Rimanendo comunque ben lontane dall’aprirsi. L’impiego successivo di un fucile militare con proiettili NATO da 5.56 mm non sortisce effetti decisamente più soddisfacente: il proiettile penetra da parte a parte la serratura, non riuscendo comunque ad aprirla se non dopo diversi colpi, forse per lo sfinimento indotto dai letterali Kg di piombo inviati al suo indirizzo. E pensare che ci sono ancora due lucchetti da far fuori! A mali estremi…A questo punto lo sparatore/regista, che a quanto pare era giunto sul teatro operativo con un camioncino degno di Rambo in vacanza, tira fuori dal cassone un fuciletto niente male, caricato con munizioni calibro .45 analoghe a quelle della già citata pistola dell’ispettore Callaghan, con il vantaggio aggiunto di un più lungo tratto tubolare per accelerare. Si tratta, per la cronaca, di un Henry Big Boy Steel (probabile sponsor del video) comunemente usato per dare la caccia ai pochi esemplari rimasti di tirannosauro corazzato americano. Il risultato, a questo punto, sarà dolorosamente prevedibile: in pochi colpi il lucchetto viene letteralmente fatto a pezzi, fino al punto che non resta quasi nulla in grado di tenere chiusa qualsivoglia porta o cancellata. Un paio di colpi dati con un pratico mattone abbandonato, che era lì per aiutare, portano l’opera a maestoso compimento.
Per il terzo lucchetto, guarda caso, c’è in serbo un destino ancora più terribile: il protagonista tira infatti fuori, con relativa sorpresa degli spettatori, un grosso fucile a canna liscia con tanto di beneamata “pompa”, il sistema di carico delle munizioni più amato da grandi e piccoli sterminatori virtuali. Ora, simili implementi d’offesa, comunemente, vengono usati dalle forze speciali di mezzo mondo per irrompere nelle stanze chiuse a chiave, e il risultato infatti non delude; il primo slug conficca il lucchetto nel palo di legno, mentre il secondo lo distrugge letteralmente, creando anche un’antiestetica crepa nel sostegno. La storia, a questo punto, sembrerebbe già finita. I lucchetti sono tutti morti, ma il conduttore ha ancora in serbo una sorpresa per noi: “Guardate qui cosa ho portato!” Toh, un Barret M82 (oltre i 10.000 dollari di prezzo per unità). Uno dei fucili da cecchino più potenti del mondo, in grado di perforare mezzi corazzati sparando le munizioni .50 BMG (mezzo pollice=13 mm circa) che fin dai tempi della seconda guerra mondiale costituivano un punto fermo delle grosse postazioni fisse con mitragliatrici. Questo perché l’unico modo efficiente per spararle in sequenza era l’impiego di lunghi nastri, come splendide ghirlande hawaiane. Mentre oggi, meraviglia delle meraviglie: entrano persino nel caricatore di un’arma “portatile” da 14 Kg appena… Per inciso: il qui impiego risulta illegale negli stati meno collinosi o imprudenti, perché si teme per l’incolumità di colui che dovesse trovarsi a 4 Km, magari appena fuori dalla foresta. Ma qui siamo (si capisce dall’anello universitario) in Texas, gente! Matt spara una volta sola, più che sufficiente per tagliare a metà il palo. Che magnifica soddisfazione…
A questo punto, sarà di certo chiaro: un lucchetto non è poi così facile da fare a pezzi con il tipo d’arma fuoco che può essere considerata “comune” persino nei belligeranti Stati Uniti. Il che ha una base logica piuttosto chiara, quando si pensa all’impiego tipico di questa classe di serrature: non tanto per proteggere materiale di altissimo valore, quanto per interdire l’accesso in un terreno, bloccare lo sportello del gas o della luce, chiudere l’armadietto di scuola. Già la serranda di un garage, se posta innanzi a materiale di un certo valore, è generalmente fornita di metodi di blindatura multipli o comunque più efficaci. Il qui presente dispositivo portatile di sicurezza, che si compra comunemente al ferramenta, ha quindi lo scopo principale di scoraggiare vandali o ladruncoli, che tenteranno di neutralizzarlo, al massimo, con un piede di porco. E sparare piccole o medie schegge di piombo fumante contro un solido blocchetto di metallo non è poi così diverso, allo stato dei fatti, che colpirlo ripetutamente col martello. Non c’è niente di eroico in tutto questo, tranne forse il simbolismo esteriore di chi non ha mai avuto bisogno di imparare a scassinare, perché non è appunto un criminale, ma l’eroe di qualche mito cinematografico moderno.
Ciò detto, talvolta può bastare l’impiego di un’arma ANCORA più grande. Magari un RPG-7?