Volando a 65-70 Km/h per le sale di un ospedale abbandonato in Spagna, con il sibilo che sembra quello di un crudele frullatore. Se cercate una sequenza video in grado di farvi abbassare la testa, piegare di lato e attivare artificialmente il vostro senso di vertigine, non c’è probabilmente nulla di migliore sul web che la sessione di uno di questi campioni dell’FPV, disciplina che consiste nel pilotare un quadricottero, o altro velivolo radiocomandato, tramite la prospettiva offerta da un visore stereoscopico sugli occhi. Si, per chi ancora non lo sapesse, viviamo in un mondo in cui è possibile far questo: montare sopra il proprio drone non soltanto la telecamera ad alte prestazioni, da cui trarre un cortometraggio degno di essere mostrato al mondo, ma anche una seconda più piccola, proveniente in via diretta dal mondo della videosorveglianza, progettata per catturare un’immagine più o meno stabile, sufficientemente chiara. E soprattutto, ad una risoluzione sufficientemente bassa da poter essere trasmessa senza eccessiva latenza alla distanza di un grande parcheggio, anche attraverso qualche muretto ed altri ostacoli sottili. Non siamo più in presenza di un semplice ricevitore, quindi, usato per far muovere le superfici e/o i rotori di controllo. Pensate piuttosto al Wi-Fi, che serve a stabilire un flusso di dati reciproci tra due dispositivi, permettendogli d’interagire senza soluzione di continuità. Soltanto che in questo particolare caso, non c’è un provider di servizi. O per meglio dire, tale ruolo è svolto dal pilota.
Si tratta di una versione di quest’hobby in forte crescita che si distanzia dal quotidiano, almeno meno quanto riesce a farlo la guida su pista dal semplice tragitto casa-lavoro. Tanto per cominciare, in funzione delle prestazioni dei mezzi coinvolti, facilmente in grado di raggiungere velocità degne di un automobile, consumando l’intera batteria nel giro di una decina di minuti. E poi per lo sprezzo del pericolo, nel mettere costantemente a rischio quanto si è acquistato a caro prezzo/faticosamente costruito/messo alla prova con cautela preventiva. Il dispendio di parti di ricambio, durante ed a seguito di una sessione come questa, è generalmente piuttosto elevato, per il semplice fatto che più aumentano le doti del pilota, maggiormente costui deve provare a superarsi, affrontando dei percorsi sempre più duri. È uno strano tipo di divertimento, questo che consiste nel mandare al limite i propri dispositivi d’intrattenimento, mettendone a rischio il futuro per qualche minuto d’entusiasmo. In cui naturalmente, il centro d’attenzione non risulta più essere l’equipaggiamento di gioco, ma il gesto in quanto tale.
Proprio per questo si tratta, fondamentalmente, di uno sport. Con tanto di squadre sponsorizzate dalla fama internazionale, sebbene limitata ad un àmbito ancora tutt’altro che di pubblico interesse, o figure emergenti dai diversi campionati di ciascuna stagione, analogamente a quanto fatto nell’ultimo anno dall’autore del presente video, il celebrato e audace Charpu. E che sport, il suo: di quelli basati su dei presupposti imprevedibili, che compaiono talvolta nei film del fantastico moderno, come un Quiddich con l’aggiunta del tocco cyberpunk che non guasta mai. Trasferire temporaneamente il proprio senso della vista a bordo di una scheggia lanciata tra gli stretti ed articolati corridoi di un edificio in rovina: difficile immaginare qualcosa di concettualmente più estremo, ed al tempo stesso, non rischioso per alcuna delle parti (biologiche) coinvolte. Mentre ancora le foglie smosse dal passaggio del bolide non hanno avuto modo di toccare terra, potrebbe palesarsi l’inevitabile domanda: quanto costa cominciare? La risposta potrebbe risultare alquanto sorprendente…
L’intero video costituirebbe, nei fatti, la pubblicità dimostrativa di una tipologia scocca di volo per quadricotteri della Lumenier, venduta sul sito GetFpv.com, definita alquanto eloquentemente QAV210/250 CHARPU, dove il numero si riferisce alla quantità di millimetri della sua diagonale, che si estende da un sostegno per l’elica a quello direttamente contrapposto. L’oggetto in questione, realizzato interamente in fibra di carbonio, è stato concepito in via specifica per il volo ad alte prestazioni e pesa a vuoto esattamente 122 grammi, a cui se ne possono aggiungere altri 5 per il carrello di atterraggio. Il costo di tale componente può variare, a seconda della versione scelta, tra i 70 e i 140 dollari, ma non sono particolarmente consigliate le alternative in alluminio o peggio, plastica, soprattutto per i principianti, perché in caso d’incidente tendono a frantumarsi, rovinando anche il resto della componentistica di bordo. A questo si devono aggiungere i quattro motori, nel presente caso dei Cobra 2204 1960kv da 20 dollari ciascuno, e il controller giroscopico che si occupa di farli funzionare assieme, una semplice scheda informatica da 20-30 dollari. La telecamera per FPV costa invece dai 20 ai 70. Verrà quindi il turno della batteria con relativo sistema di distribuzione dell’energia, per una spesa complessiva di una cinquantina di dollari, più le antenne di bordo e il “rig” per il montaggio della videocamera aggiuntiva di registrazione, che idealmente uno potrebbe già avere a disposizione a fronte di un acquisto precedente. Per il telecomando e il visore di telepresenza, invece, servono dispositivi specifici il cui prezzo può variare sensibilmente, talvolta in modo addirittura sorprendente. Esiste ad esempio un’intera tipologia di visori, immessi sul mercato da marchi come Quanum e Hobbyking, il cui prezzo non supera i 40 dollari, ma che offrono dei risultati a quanto pare, assolutamente rispettabili. Questo perché fondamentalmente l’immagine trasmessa dal drone non supera in genere i 640 pixel di larghezza, risultando quindi facilmente riproducibile anche da display piuttosto economici, servendo quindi allo scopo di permettere un controllo di precisione durante il proprio volo di prossimità. In questo, fondamentalmente, si giunge a comprendere le ragioni principali dell’impiego di un simile metodo di visualizzazione: non tanto il ricreare la sensazione di essere fisicamente a bordo del drone, quanto l’offerta di un sistema per vedere chiaramente dove si sta andando, scevro di possibili distrazioni o fastidi, come il riverbero del Sole. Nonostante questo, ad ogni modo, l’esperienza risultante è veramente coinvolgente:
Stiamo quindi parlando di una spesa complessiva che si aggira sui 350-400 dollari più varie ed eventuali (GoPro esclusa) anche se è possibile costruire un drone in grado di effettuare il volo FPV (First Person View) completo e funzionante con cifre di appena la metà, specie se già si è praticato un qualsivoglia tipo di modellismo aereo, e si dispone quindi di componentistica a supporto del progetto. Scelta, quest’ultima, caldamente consigliata a chi volesse approcciarsi per la prima volta al settore, perché come sono pronti ad ammettere persino i veterani, l’esperienza dello schianto è sostanzialmente inevitabile. Nonché ripetuta. Come in altri ambiti della tecnologia d’intrattenimento, tuttavia, stiamo vivendo quell’epoca pionieristica in cui costa meno acquistare i componenti separatamente e poi assemblarli da se, piuttosto che ordinare il prodotto finale, già fatto e finito, da un nome famoso del settore. Ciò facilita di molto le riparazioni. Inoltre è interessante notare come nel campo di questi droni sussista una situazione invertita rispetto a quella delle automobili, dove le prestazioni costano sempre e per partito preso, anche e soprattutto se la dotazione di funzioni accessorie è stata ridotta, proprio per incrementarle ulteriormente. Il tipico quadricottero da competizione è invece più semplice, leggero e scattante di uno di uso comune, oltre che naturalmente, infinitamente più complesso da pilotare. Qualsiasi praticante del volo di precisione in FPV che si rispetti, infatti, disabilita ben presto gli aiuti di stabilizzazione forniti dal cervello del velivolo, per essere in grado di controllare direttamente i sei assi di movimento, al fine di effettuare ogni sorta di coreografica acrobazia. Di nuovo, la corrispondenza con certe scene da film di fantascienza, tipo il finale del primo Star Wars, risulta fin troppo chiara per chi ha un sufficiente senso d’immaginazione.
Siamo dunque ben lontano dalle cifre spropositate dei droni con telecamere ad uso professionale, che possono facilmente superare le migliaia di dollari di prezzo, come anche al di sotto del muro d’acquisto di molti sport basati sull’equipaggiamento, come il golf, il tiro a segno o certe branche del ciclismo. Per il prezzo di una mera console per videogiochi, qualsiasi ragazzo può sperimentare l’esperienza del volo extra-corporeo preter-spirituale, in cui le inibizioni svaniscono, e diventa possibile rischiare l’impatto con i muri, surfando sopra fiumi di spumosa adrenalina. Il risparmio sull’acquisto dei mondi virtuali su Blu-Ray permetterà di finanziare le riparazioni ai rotori. Che poi questo secondo hobby duri nel tempo quanto l’altro citato, e/o riesca a sopravvivere al primo, ottavo o ventitreesimo schianto, è tutta una questione di forza di volontà. Attenzione ai dettagli. Prontezza di riflessi. O magari, fortuna?