La pets culture del Giappone è caratterizzata da tendenze contrastanti, che si estendono dalla ricerca del grazioso al gusto dell’insolito, quella pulsione che porta a distinguersi anche, soprattutto, tramite la scelta del proprio compagno a quattro, nessuna, due o sei zampe. Da una parte i gatti e cagnolini, quasi sempre di taglia ridotta, accolti negli appartamenti come fossero dei figli, coccolati e poi sfoggiati tra la gente, in aree attentamente definite. Dall’altra le alternative, per così dire, un po’ più cool. Insetti e rettili, come in ogni altra parte del mondo, vengono selezionati non tanto per la loro capacità di manifestare chiari segni d’empatia, quanto piuttosto per un bisogno di dare una forma fisica alle proprie fantasie di resilienza, auto-determinazione, forza di carattere. Chi vive con la lucertola o il serpente, generalmente, s’identifica con lei/lui, anche se la bestia è ben lontana dal dargliene donde. E che dire, dunque, di questo Animalizaki del negozio di animali tokyoita “Animal Network” che ha scelto come passatempo di allevare quanto qui mostrato con orgoglio? La più grande tartaruga d’acqua dolce al mondo, perennemente con la bocca aperta, per meglio assimilare…Informazioni, l’atmosfera, il ritmo e il senso del momento. Oltre, chiaramente, al cibo. Di ogni tipo o quasi, perché tutto è assai gradito a Macrochelys temminckii, la creatura chiamata volgarmente nella sua terra d’origine alligator snapping turtle, che qui da noi trova l’appellativo per antonomasia dato dal primo e l’ultimo di questi termini (soprassedendo “azzannatrice”) per non essere confusa con le sue altre cugine, più comuni, meno spaventevoli e incidentalmente, molto meno dinosauri.
Così costui, avendo scelto per fortuna di pubblicare simili pasti tramite una piattaforma internazionale come YouTube (ciò che succede in Giappone, ha spesso la strana tendenza a rimanere lì) ci mostra l’esito di una serie di interessanti equazioni, quali: tartaruga+ananas; t.+cocomero; t+ravanello gigante daikon, tanto per tirarci su il morale dando la dimostrazione chiara di quello che potrebbe succedere, grossomodo da un momento all’altro, a chiunque abbia il coraggio d’immergersi in determinati corsi fluviali o specchi d’acqua, presso il Texas orientale, la Florida, il Kansas o il Missouri. Senza nessun tipo di preavviso! Perché l’animale in questione ha l’abitudine, per procurarsi il cibo, di giacere immoto sul fondale perfettamente immobile e con le fauci spalancate, sfruttando l’appendice vermiforme che ha nella sua bocca per attrarre i pesci circostanti. Sempre pronto a chiudersi, come una tagliola. E poiché non è fornito di denti, ma unicamente di un becco osseo progettato per tagliare, nel caso in cui quest’ultimo riesca a chiudersi su dita o altre parti del corpo umano, hanno la scomoda tendenza a separarle dalla massa principale. Ma anche se dovesse capitarvi d’incontrarla sulla terra ferma, sarà opportuno fare attenzione. Il fatto è che la tartaruga alligatore non è più in grado, ormai da millenni, di ritrarsi nel suo guscio, e ciò in funzione della possente muscolatura delle zampe, per non parlare della testa tanto grande da sembrare quasi sproporzionata. Per questo, pur non essendo naturalmente aggressiva, di fronte a una situazione imprevista e in un contesto in cui si sente vulnerabile, tende a difendersi nell’unico modo che conosce, ovvero effettuando l’onomatopeico gesto dello snap. È una semplice manifestazione del più comune degli istinti, la sopravvivenza.
Difficile immaginare un miglior passatempo per quel tipo di persona inquisitiva che comunemente è l’erpetofilo. Ti compri un qualsiasi animale con le scaglie, tutto quello che potrai fare è dargli del mangime, qualche pesce scongelato, forse un topo al mese. Se invece vivi con un simile gigante dei flutti, potrai conoscere la varietà dei suoni delle cose stritolate: il crunch di un frutto intero posto sotto il peso di una pressa, il tonfo sordo della carne dilaniata, senza neanche la necessità di torcerla o strapparla. Del resto, in natura queste tartarughe mangiano occasionalmente anche mammiferi di taglia medio-piccola, come nutrie, opossum, procioni ed armadilli. Non si arriva al peso ragguardevole di 100, 120 Kg, senza far fuori qualche simpatico abitante della foresta.
Nel Nord America esistono due tipologie principali di tartaruga azzannatrice non imparentate tra di loro, che oggi la scienza è giunta a dividere a loro volta in diverse sottospecie indipendenti. La più comune di tutte quante, tuttavia, resta la Chelydra serpentina, che pattuglia attivamente il suo habitat acquoso nell’intera parte orientale degli Stati Uniti, dal Messico al Canada senza particolari distinzioni. Questo rettile, generalmente più piccolo della tartaruga alligatore (difficilmente supera i 35 Kg di peso) viene considerato una creatura infestante, che una volta giunta in un luogo in precedenza libero dalla sua inquietante presenza, dopo breve tempo ne divora tutti i pesci, estendendo la sua sfera ecologica fin’anche ai piccoli di varie specie d’anatre ed oche, che fagocita con libero trasporto. La C. Serpentina è una cacciatrice di tipo più attivo, che si muove molto per cercare il cibo, e il suo collo lungo e flessibile gli concede un ampio campo visivo. Nonostante questo, tutte le tartarughe azzannatrici sono estremamente vulnerabili nel primo anno di vita, e cadono facilmente preda di grossi pesci, serpenti, aironi, falchi, gufi, rane toro…Una volta raggiunta la loro dimensione adulta, invece, diventano sostanzialmente delle super-predatrici, e nessuno si sognerebbe di andarle mai a disturbare. Tranne chiaramente, l’uomo. Queste tartarughe non diventano in grado di riprodursi prima dei 12 anni, ma tutte le specie appartenenti a questa tipologia vivono generalmente molto a lungo, e non è affatto insolito che continuino a deporre le uova fino alla tarda età. L’unica cosa che può nuocergli, nel loro ambiente naturale, è un’improvviso e repentino aumento della temperatura, che generalmente può condizionarne la sopravvivenza.
Per tali ragioni, le tartarughe azzannatrici occupano quella particolare nicchia ecologica degli animali al tempo stesso indesiderati e a rischio d’estinzione, che in determinati paesi vengono conservate attentamente, mentre in altri fatte fuori a vista. Popolazioni decentrate di tartarughe alligatore sono state attestate nella Repubblica Ceca, in Polonia e in Germania, probabilmente a causa dell’incauta liberazione di qualche esemplare importato, poi cresciuto troppo in fretta per i gusti del proprietario. Negli ultimi anni, ne sono state avvistate anche in Italia, in una serie d’episodi culminanti con la cattura di un esemplare di 20 Kg in un canale vicino Roma nel 2011, ed un altro più piccolo nel 2012. Trovandosi di fronte a uno di questi visitatori corazzati e volendolo prendere o spostare, non è generalmente saggio prenderli dal lato del guscio. Soprattutto la variante C. Serpentina infatti, come si può desumere dal nome, ha la capacità di estendere il collo e voltarsi a 180° e raggiungere con la bocca praticamente ogni parte del suo corpo tranne la coda. Potrebbe quindi essere utile distinguerla dalla sua consorella alligatore, generalmente meno aggressiva, nonostante l’aspetto. La principale caratteristica della M.temminckii, mostrata in questi video, è la presenza delle tre preminenze dorsali dall’aspetto primitivo che continuano fin sulla coda, dette osteodermi, mentre il guscio della sua controparte è generalmente liscio ed uniforme. Benché sulla coda, soprattutto in età adulta, la situazione sia diametralmente opposta, con la tartaruga alligatore che presenta un’appendice più sfinata, e soprattutto in età adulta, largamente priva di escrescenze. Inoltre, la testa della seconda è molto più grande e spaventosa, ma al punto in cui si arrivi a vederla, potrebbe anche essere troppo tardi. Come video di riferimento, consiglio in particolare l’episodio di Brave Wilderness in cui l’esperto di animali Coyote Peterson si incontrava con un suo collega turtleman della Lousiana, Adam Remedies, per confrontare le inquiline con il guscio dei reciproci stati di provenienza, entrambe messe in mostra in uno stadio della loro vita in cui risultassero decisamente più maneggevoli dell’esemplare giapponese di apertura.
Una metafora, un astruso desiderio: oh, se soltanto i dinosauri camminassero di nuovo sulla Terra! Il ciclo delle epoche, purtroppo, ci ha privato del piacere di conoscere personalmente i veri draghi del passato, manifestazione mostruosa di tutto ciò che mai può essere entusiasmante, spaventevole, giganteggiante. Ma pensare che un tirannosauro sia per sempre perduto ai nostri occhi, sarebbe un grossolano errore nella considerazione dei remoti presupposti. Cos’è in fondo una gallina, se non la versione miniaturizzata della stessa cosa, meno i denti, gli artigli, la coda, la fame? Come, ancora non vedete la somiglianza? Riprovate con un confronto tra lo stegosauro e la tartaruga. Se più persone tenessero a mente paragoni simili, non credo che si parlerebbe ancora di “teoria” dell’evoluzione delle specie.