Prendi questo strano oggetto, fallo roteare nella direzione che prevede il suo progetto (qualche volta, vanno bene tutte e due) lo vedrai assecondare docilmente il tuo volere. Ma soltanto per un attimo fugace, oppure due. Poi si fermerà, invertendo totalmente il verso del suo movimento… Creando l’energia apparente dal vortice dell’assoluto Nulla. È una chiara violazione del principio di conservazione del moto angolare! Ristampate i sussidiari! Abbattete l’edificio d’avorio della fisica, ricostruitelo immediatamente nella valle della semplice superstizione! Perché cos’altro potrebbe mai spiegare, un tale susseguirsi di correlazioni, tranne un ritorno all’antico sistema delle opinioni? Il metodo di chi non può comprendere, però discute. Creando la scintilla che riaccende il sommo fuoco delle origini del mondo.
Noi, oggi: una sola razza umana, con variazioni minime, che ben poco si estendono oltre i lineamenti o il tono della carnagione. Molti sistemi di valori, spesso contrastanti, eppure un singolo princìpio oggettivo, il merito e il valore della scienza. Tutto questo unicamente grazie a un singolo artificio: la creazione di strumenti. Perché l’occhio umano, per quanto sofisticato e preciso, sostiene immagini che vengono rielaborate, connotate dalle sezioni dedicate del cervello. Mentre un concetto, puro e scevro di contesto, non può che dare vita ad un sitema matematico immanente. I Celti preistorici, nelle loro solide dimore in legno e fango. Gli antenati degli Egizi, sulle rive del munifico corso fluviale. Gli Olmechi delle Ande mesoamericane, all’altro capo dell’oceano sconfinato. Ciascuno di questi raggruppamenti di popoli distinti, e molti altri per vie parallele indipendenti, giunsero alla costruzione dell’attrezzo primordiale, da cui derivarono tutti quelli successivi: l’ascia in pietra scheggiata, modificazione tagliente di ciò che la natura aveva provveduto a creare, grazie ai fenomeni della concrezione ed erosione. Poi migliorato e riprodotto, attraverso la scoperta del metodo segreto per fondere i metalli. Un sistema letteralmente a portata di mano, per costruire abitazioni, templi, carri, splendide ambizioni. Nonché il primo punto di un mistero che ci affascina da sempre, tutt’ora largamente non incasellato nello studio dei fenomeni naturali.
Il nome tradizionale viene, come fin troppo spesso capita, da un errore di provenienza medievale. Citava dalla Bibbia (Giobbe 19:24) il Codex Amiatinus, ritrovato nell’abbazia toscana di San Salvatore: Stylo ferreo, et plumbi lamina, vel certe sculpantur in silice “Che [la volontà divina] sia scritta con penna di ferro, su una lamina di piombo oppure pietra”. Ma il monaco amanuense deputato a tale trascrizione, per qualche ragione scrisse “celte” invece che “certe” dando un nome a questo ipotetico scalpello, tutt’ora largamente in uso nella lingua inglese, nella sua versione lievemente modificata di celt. Nell’idea di taluni archeologi dell’alba di questa complessa scienza, forse latinisti non proprio fenomenali, tale termine iniziò ad essere attribuito a tutto ciò di preistorico che fosse tagliente, appuntito o in qualche modo utile ai primordi dell’ingegneria. Una testa affilata, insomma, di pietra, bronzo o altri metalli. E quando costoro ne traevano un singolo esemplare da un tumulo, il sito di un antichissimo villaggio, presso i depositi delle popolazioni indigene, osservavano prima o poi con meraviglia quello stesso fenomeno incredibile, dell’invertimento subitaneo della rotazione indotta. Tutte le asce preistoriche, dalla prima all’ultima: giravano preferibilmente in senso orario, oppure antiorario. Non entrambi oppure, addirittura, nessuno dei due. Come fossero animati dagli spiriti dei loro costruttori ormai defunti…
La forma del tipico celt, in effetti, oggi viene riprodotta nella costruzione di un giocattolo simile a una trottola (l’avete visto in apertura) che può avere molti nomi commerciali: Rattleback, Bizarro Swirl, Space Toy, Robinson Reverser…Ma che sempre si costituisce di un singolo blocco ellissoide di plastica, legno o metallo. Piatto da una parte, e convesso dall’altro, largamente simmetrico nel senso della larghezza, ma non in quello longitudinale. Ciò perché la sua gibbosità, essenzialmente paragonabile a quella di un cucchiaio, è disposta fuori centro rispetto al punto d’equilibrio, esattamente come capitava con le asce dei popoli primitivi. Tale anomalia costruttiva, sostanzialmente, gli conferisce per vie ancora non del tutto chiare un solo verso preferito di rotazione, mentre quello opposto, immancabilmente, generà nel suo movimento una serie di rovinose vibrazioni. Sufficienti a rallentare il moto, fino a un punto tale che l’energia cinetica, dovendo pur trovare un qualche sfogo, non giungerà a ridirezionare il suo comportamento. L’aspetto interessante è che questa tendenza, nei fatti, non è che un’espressione del concetto newtoniano dell’enunciato fondamentale “A ogni azione corrisponde una reazione uguale o contraria” applicato in un contesto specifico in cui né l’attrito, né l’effetto frenante dell’aria, riescano ad intervenire prima del sopraggiungere dell’evento di inversione. E questo non è che il più famoso esempio di un tale miracolo apparente, che in realtà ricompare almeno in un altra tipologia di trottola famosa:
Ciò che ci sta mostrando (non senza qualche difficoltà tecnica) il nostro vecchio amico Tim, protagonista e titolare del celebre canale di YouTube “Grand Illusions” è una Tippe Top, o trottola-che-si-ribalta. Come sempre, il suo naturale carisma e l’enunciazione di pacata meraviglia fanno molto per creare un sottofondo affascinante all’osservazione del fenomeno. Siamo di fronte, del resto, ad un altro oggetto che pare violare le basilari leggi della fisica, ma che in realtà è stato costruito secondo un metodo che riesce a deviarle dal corso più comune, dando l’origine a uno spettacolo particolare. Nel momento in cui si da il via all’oggetto, in questo caso esteticamente non dissimile da ciò che normalmente associamo agli altri giocattoli che portano il suo nome, si da il via ad una concatenazione di fattori, che immancabilmente, con il procedere di alcuni lunghi e pregni secondi, porterà la trottola ad invertirsi, per continuare a roteare in equilibrio sul suo manico. Prima di fermarsi, quindi, tornerà a girarsi per il verso “corretto”. Un aspetto particolarmente significativo è che a partire dall’attimo del suo ribaltamento, la Tippe Top effettua nei fatti un’inversione del suo moto angolare, da orario ad anti-orario oppure viceversa, in modo del tutto paragonabile a quello sperimentato dal celt, benché ancor più fluido ed immediato. L’arnese in questione fu originariamente brevettato nel 1891 in Germania da Helene Sperl, che gli aveva dato il nome di Wendekreisel (letteralmente: giroscopio) ma non lo produsse mai in serie. Soltanto successivamente, nel 1950, il fenomeno fu riscoperto dall’ingegnere danese Werner Østberg, a seguito dell’occasione in cui gli capitò di vedere, durante un suo viaggio, alcuni bambini brasiliani seduti attorno a un piccolo frutto sferoidale, che ci giocavano facendolo roteare vorticosamente. Costui produsse quindi in serie la trottolina, dandogli il nome che ancora porta di tippetop, giungendo ad esportarla in buona parte del mondo. In seguito, tale oggetto sarebbe stato il protagonista di complessi studi universitari, come quello di C.M. Braams dell’Università di Rijks ad Utrecht, che molto avrebbero fatto per aumentarne ulteriormente la popolarità. Da un passatempo semplice e spontaneo, ai presupposti di un grandioso arricchimento personale: quante volte la storia degli esperimenti di fisica applicata fu il frutto di un semplice apparato, pensato per un compito semplice, come tagliare, sminuzzare o giocare? A quanto pare, almeno un’altra: il disco di Euler.
Come un’oggetto di forma circolare, ad esempio una moneta, fatta girare grazie a un uso ben direzionato della coppia di dita indice-pollice, al termine o durante un lungo periodo di noia. Lo facevamo noi a scuola, come si ritrovò a farlo in Tv anche il presentatore di talk show americano Conan, durante i famosi scioperi degli autori d’intrattenimento del 2007-2008, usando la sua fede nuziale sulla superficie della scrivania. Un passatempo che arrivò a trovare basi scientifiche, quando nel programma fu invitato anche Peter Fisher, professore del MIT, che suggerì una serie di metodi per aumentare l’interesse di quello che era diventato, a tutti gli effetti, un esperimento d’interesse pubblico per i telespettatori americani. Vennero quindi forniti due ausilii all’insensata attività: una superficie in teflon ad attrito ultra-ridotto, e una capsula del vuoto, per ridurre l’effetto della resistenza dell’aria sull’anello/trottola del conduttore. Scoprendo che mentre la prima contribuiva molto all’effetto, la seconda aveva un effetto minimo d’accrescimento, esattamente come aveva già dimostrato il fisico Leonhard Euler (1707 – 1783) che aveva studiato questa classe di fenomeni grazie all’impiego di due strumenti: un disco metallico stondato, uno specchio lievemente concavo, all’interno del quale farlo roteare in condizioni ideali. Il comportamento del cosiddetto disco di Euler, anch’esso oggi trasformato in un giocattolo piuttosto popolare, è un’applicazione fisica di un paradosso matematico, la tendenza fenomenologica all’infinito accrescimento. Poiché infatti tale oggetto, esattamente come una moneta o un anello, tende a girare su se stesso e nel contempo a dondolare, i due movimenti interagiscono tra loro, in un’apparente applicazione della legge di Coriolis, secondo cui un qualcosa che si muova in linea retta lungo un disco rotante, da un punto di vista statico rispetto a tale movimento appare invece compiere una curva. Descrivibile in senso visuale, come in quello del suono: il disco, infatti, prima di fermarsi, realizza l’espressione di un sibilo acuto, che aumenta di frequenza fino alla soglia degli ultrasuoni. Poi, d’un tratto, si ferma, assieme a tutto il resto.
Nulla dura per sempre, nonostante le apparenze. E persino le leggende nate attorno a oggetti come questi, frutto di applicazioni imprevedibili del modo in cui funziona l’Universo, possono essere privati di poesia, grazie all’impiego di precise formule matematiche o studi di settore. Proprio per questo, le mistiche reliquie della fisica trovano la loro applicazione più proficua nel mondo dei bambini, dove possono ancora dare l’origine ad un senso di spontanea meraviglia, aprendo un portale che conduce verso il mondo della verità. Di almeno UNO degli (innumerevoli) universi verso cui può spingersi il pensiero umano.