Tremate roditori, perché ritornano i terrier

Plummer Terriers

La più grande furbizia del topo è stata quella di imparare, con estrema efficacia, la maniera per passare inosservato. Silenziosamente acquattato nelle tane, le intercapedini dei muri, in mezzo alle radici di qualche albero in giardino, attende sempre il suo momento prima di colpire. Rubacchiando il necessario per moltiplicarsi, finché un giorno… Camminando nella notte per andare al bagno della casa di campagna, non odi nel buio quei passetti che rivelano la verità. Ma a quel punto è troppo tardi per accontentarsi di mettere una trappola. O due. Le fondamenta sono una metropoli squittente, che si muove al ritmo di una musica soltanto: masticare, divorare tutto quanto. I danni che i ratti infestanti possono causare alle proprietà degli umani sono quasi inconcepibili: tanto per cominciare, non soltanto mangiano fino a sazietà, ma una parte ancora superiore di vivande le sottraggono, portandole al sicuro nella buca che è la loro casa. Sono diabolicamente abili, nel fare questo. Ike Matthews, un disinfestatore inglese, raccontava nel suo Full Revelations of a Professional Rat-catcher (1898 – di pubblico dominio e disponibile su Project Gutemberg) diversi episodi vissuti durante la sua carriera più che ventennale, tra cui quello di due ratti, ritrovati all’interno di una cantina, con quindici uova di gallina grosse quanto loro, fatte rotolare fino al ciglio delle scale discendenti, poi letteralmente sollevate in qualche modo misterioso e trasportate fino all’intercapedine presente sotto un’asse del pavimento. Il suo libro è un fantastico viaggio nel mondo dell’orrore, con un ricco catalogo d’esperienze, sempre rigorosamente vissute in prima persona dall’autore e quindi comprovate a nostro beneficio, anche a distanza di oltre un secolo di tempo. Alla sua epoca, i roditori regnavano incontrastati, e non era affatto insolito che causassero decessi, non soltanto per l’effetto delle malattie. Uno di loro poteva, ad esempio, facilmente distruggere per il suo istinto di tenere in salute i propri denti un tubo del gas, portando al verificarsi di un pericoloso incendio notturno. O poteva fare lo stesso con quello dell’acqua, allagando abitazioni o locali commerciali. La soluzione? Allora come adesso, tolleranza zero.
Certo, l’uccisione indiscriminata di una genìa d’animali può sembrare crudele, ma è pur vero che queste creature sono tanto prolifiche e resistenti, che probabilmente sopravviveranno alla maggior parte delle altre sul pianeta. Noi inclusi. E sono due, gli strumenti principali usati da questa vera e propria personificazione del Van Helsing letterario: il tradizionale furetto addestrato creato a partire dalla puzzola europea, una vecchia gloria della de-rattizzazione, ed una grande novità tecnica dei suoi tempi, i piccoli “cani da terra” ottenuti dagli incroci con lo scopo specifico di penetrare negli spazi angusti e muoversi agilmente in luoghi inaccessibili, colpendo infine con mascelle rapide e scattanti. Il chien terrier, un concetto originariamente proveniente dalla Francia, doveva avere determinate caratteristiche innate, tra cui una larghezza del torace inferiore ai 35 cm nonostante la muscolatura ben sviluppata, un’indole aggressiva, un senso dell’olfatto molto efficace e l’intelligenza necessaria a comprendere quando fosse il caso di attaccare, e invece quello di tornare a marcia indietro fino al punto d’ingresso della tana. Caratteristica, quest’ultima, particolarmente importante, visto come in origine il terrier fosse stato creato per la caccia ad animali vicini o superiori alla sua stazza, come la marmotta, la volpe o la nutria, l’opossum e il procione negli Stati Uniti, o addirittura il feroce e pericolosissimo tasso. Ma i più grandi successi, simili fedeli cacciatori, fin da subito li conseguirono contro il topo.

Rat WC
Un ratto comune, come mostrato in questo celebre spezzone del National Geographic, può muoversi nell’acqua con estrema agilità, trattenere il fiato per oltre quattro minuti e risalire facilmente, ad esempio, un tipico sifone del WC. È un’immagine che fa pensare…

La scena è caotica, catartica e chiassosa. Una mezza dozzina di compatti Plummer, assieme ad un paio di Fox terrier “forniti dagli amici” che s’impegnano con convinzione in ciò che gli riesce meglio: una strage dei (quasi) innocenti. Ci troviamo nell’Inghilterra centro-meridionale a est di Birmingham, nei pressi della pianura dove scorre il fiume Severn, dove risulta operativa, almeno stando al titolo del video, la squadra omonima di cani addestrati per la derattizzazione. Una pratica di far scontrare gli animali per risolverci i problemi, che risale almeno al XVI secolo, ma che ancora sopravvive, in modo pressoché immutato, soprattutto nei paesi anglosassoni, dove si è scelto di conservare immutato lo standard di alcune razze particolarmente efficaci in simili mansioni, mentre altrove sono state stemperate le migliori caratteristiche con i geni d’altri cani, per l’ottenimento di un’estetica più gradevole. Benché il tipo di terrier protagonista del video rappresenti un compromesso particolarmente efficace tra le due strade dell’allevamento selettivo, bellezza e funzione, famosamente creato dallo scrittore Brian Plummer (1936-2003) che era tra le altre cose, un grande appassionato di cani e caccia ai topi. La sua ricetta è chiaramente, per usare una tipica espressione inglese, il proverbiale fulmine in bottiglia: due terzi di Jack Russell, con la rimanente parte suddivisa tra il Beagle, il Bull e il Fell Terrier. Quest’ultimo non tanto una specifica razza di cani, quanto un termine generico usato per riferirsi a tutti i cani da caccia ai roditori dell’Inghilterra settentrionale, rossicci o neri, e distinguerli da quelli del Sud, prevalentemente bianchi. Sempre, ad ogni modo, tutt’altro che puri: del resto era già lo stesso Matthews, nel suo citato libro, ad affermare come i cani di razze miste fossero più efficaci nella caccia ai topi, dimostrandosi maggiormente intraprendenti, più capaci di seguire la preda, tenaci ed instancabili fino al ritorno dal successo del guerriero. Ed a giudicare dal risultato della spietata e lunga caccia d’apertura, valsa l’uccisione di oltre 200 topi, si riesce ad intuire facilmente la realtà di una simile osservazione. Si può anche osservare, ad ulteriore riconferma, questo secondo video caricato su LiveLeak:

Various Terriers

Qui possiamo osservare all’opera, in un punto imprecisato del Devon o della Cornovaglia (si capisce dall’accento dei presenti) una squadra maggiormente variegata di terrier. Ci sono gli immancabili Jack Russell, inventati dal reverendo presbitero del XIX secolo John Russell che gli ha dato il nome, oltre a un’assortimento di varianti tra il tipico Fox ed il terrier da topi americano e quello che sembrerebbe un Pinscher marroncino di taglia media, un po’ cresciuto rispetto allo standard dei suoi cugini sparsi per il mondo, come del resto sta succedendo a tutte le razze di terrier da lavoro con il passare degli anni, non più selezionate con lo scopo originario della loro esistenza. Pesce fuor d’acqua, è addirittura presente un levriero, che più che altro pare felice di esser lì, ma contribuisce ben poco alla caccia selvaggia dei topi fatti spaventati dai padroni, grazie all’impiego di pale o forche per il fieno. Manca invece qui un altro tipico strumento della derattizzazione moderna fatta con i cani, presente invece nel primo video, che è la sega elettrica riconvertita ad erogatore di fumo, usata per costringere i topi ad uscire, riconoscibile dal suo rumore e citata, ad esempio, in questo articolo della testata Modern Farmer, che intervista due praticanti dell’antica tecnica dall’altro lato dell’Atlantico, oltre a citare diversi casi in cui il terrier è stato risolutivo nella guerra ai roditori. Questi cani, ci viene spiegato, non sono del resto animali da compagnia nel senso in cui intendiamo comunemente, ma piuttosto degli instancabili lavoratori, inerentemente dediti alla mansione per cui furono creati. Ci vuole ben altro che un occasionale morso di topo, per fermarli. A meno che…
Negli ultimi capitoli del libro, le testimonianze del vecchio cacciatore Ike Matthews diventano, se possibile, ancora più sinistre e suggestive. Egli ci narra di come, nei lunghi anni della sua carriera, abbia avuto modo di mettere in atto vari esperimenti sul terribile nemico, scoprendo ad esempio che tagliando una coda a tutti i piccoli di una tana di topi, la madre tende a spostarli altrove. Ma che a quel punto, la seconda volta che dovesse venire disturbata, provvederà lei stessa a mangiare sistematicamente la testa di ciascuno dei suoi figli, per poi sparire silenziosamente nella notte. O di come nelle comunità dei ratti, talvolta, un esemplare vecchio e derelitto scegliesse di esiliarsi volontariamente, per sopravvivere nutrendosi esclusivamente di rifiuti. Diventando, nei fatti, una vera e propria arma biologica, il cui morso poteva immediatamente far ammalare e morire qualsiasi cane o furetto (per non parlare del loro padrone umano). Matthews dedica inoltre un intero capitolo all’arte di allevare ed affamare topi, per poi liberarli all’interno di un recinto circolare, dove i suoi cani dovevano imparare a ucciderli senza pietà. L’assenza degli angoli impediva che le bestie, spaventate, cadessero preda delle fauci canine con troppa facilità. Una sinistra anticipazione di quello che sarebbe venuto dopo, con le scommesse sanguinarie e i bestiali combattimenti nei fumosi bar di londra. Perché alla fine, come diceva con finalità ben diverse il filosofo Nietzsche, una vita passata a combatter i tuoi demoni può cambiarti, rendendoti simile all’avversario più temuto. E non è forse proprio questo, ciò che abbiamo istigato nella selezione genetica che ha portato alla nascita dei terrier? Creature piccole, aggressive, intelligenti. Esattamente come i topi. Non è un caso se la diffusione in Inghilterra di simili razze coincide, in maniera pressoché perfetta, con l’anno di pubblicazione de L’origine delle specie di Charles Darwin (1859) un testo che dimostrava due cose: (a) – la natura non tollera gli errori (b) – noi ne siamo una fondamentale conseguenza. E i nostri cani, l’ultimo anello di una catena che si estende dalla creazione dell’Universo, verso uno squittente senso d’entropia.

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